Ci sono strade e strade. Quelle più trafficate, ben segnalate e con destinazioni note. E poi ci sono quelle meno frequentate, più tortuose e dalla destinazione incerta e meno prevedibile. Quelle strade che più di 30mila cervelli italiani hanno scelto di percorrere “fuggendo” dall’Italia e che lo stesso Guglielmo Giuggioli ha intrapreso scegliendo un percorso di formazione non convenzionale grazie a delle opportunità all’estero che altri avrebbero ignorato.
Si chiama proprio “The Roads Not Taken” il suo video-podcast divulgativo e ispirazionale, con 13 episodi e più di 100mila visualizzazioni, nato per far conoscere le eccellenze italiane attive all’estero. Un format capace di offrire prospettive inusuali sul mondo del lavoro con interviste a italiani che hanno trovato la loro strada all’estero, costruendo solide carriere nei più importanti Centri di ricerca e innovazione mondiali. Un’idea ispirata dal proprio percorso personale, con una startup fondata, programmi imprenditoriali in Silicon Valley, Francia e Germania e un dottorato di ricerca in imprenditorialità applicata all’intelligenza artificiale con visiting a Stanford e Berkeley. Lo abbiamo incontrato per saperne di più.
Prima di tutto parlaci della tua startup.
Nel 2017, all’età di 27 anni ho fondato la mia prima startup ‘Speechannel’, una soluzione di intelligenza artificiale che ha sfruttato il potenziale del video e dell’AI in ambito recruiting prima ancora di LinkedIn. Alcuni anni più tardi, questa è diventata il progetto di ricerca del mio dottorato, in cui mi sono occupato di imprenditorialità e AI.
C’è di mezzo anche un modello scientifico, vero?
Sì, abbiamo sviluppato un modello scientifico, che abbiamo chiamato ‘AI-enabled entrepreneurial process’, per interpretare e sfruttare il potenziale dell’AI in ambito imprenditoriale. Inoltre, analizzando sempre con l’AI i video pitch di uno dei principali acceleratori di startup in Italia e in Europa, abbiamo sviluppato un altro modello scientifico per interpretare la comunicazione degli imprenditori (verbale, paraverbale e non verbale) e prevedere il loro successo a livello di fundraising. In entrambi i casi, l’approccio adottato è stato quello di trattare l’AI come un ‘enabler’: un abilitatore per aumentare le abilità umane.
Dopo è arrivata l’esperienza a Stanford e Berkeley…
Durante l’ultimo anno del dottorato c’è la possibilità di fare un periodo all’estero, ma c’è bisogno di un’università fuori che ti sponsorizzi. Nel mio caso il mio supervisor, che non aveva conoscenze nelle università di mio interesse, mi ha suggerito di rimanere in Italia. Io ho deciso di non ascoltarlo e ho inviato quaranta ‘cold email’ (email a freddo) ai docenti di Imprenditorialità delle università migliori al mondo. Due di loro, Stefanos Zenios, Center for Entrepreneurial Studies Director presso Stanford, e Richard Lyons, Chief Innovation & Entrepreneurship Officer presso Berkeley, hanno risposto favorevolmente a quel mio appello. Nel giro di pochi mesi, quelle due email si sono tradotte in due inviti ufficiali e un visto che mi hanno aperto le porte della Silicon Valley.
Da cosa è nata l’idea di The Roads Not Taken?
Tutto nasce dalla mia passione per i video, ma anche dalle mie esperienze personali. In Italia, ho lavorato in quello che si potrebbe definire il classico ‘posto fisso’ e, quando ho scritto all’amministratore delegato un’email contenente dei consigli per migliorare alcuni processi aziendali, come punizione ho ricevuto un trasferimento in una sede distaccata con mansioni dequalificate e attrezzature obsolete. Negli Stati Uniti, invece, ho ricevuto un trattamento completamente opposto quando ho inviato quelle email per fare il visiting del mio dottorato.
Cioè?
Mi sono accorto che in Italia spesso a livello personale e professionale ci troviamo in una realtà che sembra limitare il nostro potenziale e ci trattiene dal sognare e perseguire traguardi più audaci. Tutti i giorni, assistiamo e prendiamo parte alla partita decisiva nella quale il pensiero innovativo e divergente rischia di perdere contro l’omologazione della massa. Per questo ho deciso di dare vita a The Roads Not Taken: per celebrare la diversità come un valore fondamentale e sfidare il conformismo, invitando ad esplorare le strade meno battute. La mia visione abbraccia l’idea che, attraverso l’apprendimento e l’ispirazione derivante dagli approcci diversi adottati nei più importanti centri di ricerca e innovazione mondiali, chiunque possa invertire la rotta e sprigionare il proprio potenziale sia come singoli individui che come intere organizzazioni.
“In Italia spesso a livello personale e professionale ci troviamo in una realtà che sembra limitare il nostro potenziale e ci trattiene dal sognare e perseguire traguardi più audaci.“
Come scegli le persone da intervistare?
Seleziono le persone perché sono eccellenze italiane che operano nelle grandi imprese e università dei più importanti poli di innovazione mondiali. Nello specifico, prima li contatto per email o su LinkedIn, poi faccio con loro una video-call per conoscerli più in profondità e capire quale tematica specifica esplorare nell’episodio e, infine, scelgo gli speaker più in linea con gli ideali e la missione del format.
Ecco, parlaci del format che hai individuato.
Le puntate seguono sempre una struttura chiara: un’introduzione al personaggio, un’intervista che esplora un tema specifico e una morale finale per una durata complessiva dell’episodio sempre inferiore ai 18 minuti e sempre con uno speaker differente, come un TED talk. Gli episodi sono collegati tra di loro ma allo stesso tempo fruibili sia in ordine cronologico che in ordine sparso: ognuno è uno spunto di riflessione e apprendimento a sé stante.
Qual è la tua platea di riferimento?
Non si tratta inoltre di contenuti dedicati esclusivamente agli addetti ai lavori, bensì il linguaggio e l’impostazione consentono a tutti gli appassionati di ricerca, innovazione e storie fuori dagli schemi di godersi il viaggio. Da qui il consiglio a potenziali spettatori di considerare questi contenuti come tappa immersiva del proprio percorso di crescita personale e professionale.
Cosa manca al sistema universitario italiano e, più in generale, all’ecosistema italiano?
In Italia ci penalizza un approccio didattico eccessivamente teorico e il forte distacco tra studenti e docenti. Nella San Francisco Bay Area è raro trovare un professore di Imprenditorialità che non abbia mai fondato una startup o una professoressa di Marketing che non abbia mai lanciato una campagna. In Italia, invece, è quasi la normalità trovare una parte dei docenti che non ha esperienza pratica e che sta lì perché conosce qualcuno e non qualcosa.
La storia che ti ha colpito di più tra i tuoi intervistati qual è stata?
Ho molto a cuore la storia del professore Richard Lyons, il Capo dell’Innovazione e dell’Imprenditorialità dell’Università di Berkeley, il quale mi aveva sponsorizzato dopo aver letto la mia email. Durante il nostro primo incontro nel suo modesto ufficio, mi invitò a chiamarlo ‘Rich’ e mi domandò come potesse essermi di aiuto. All’inizio del terzo episodio di The Roads Not Taken (quello sul campus di Berkeley), ‘Rich’ esordisce con la frase: “Qui a Berkeley premiamo le persone che prendono iniziativa. Per questo, quando ho letto la tua email inaspettata, ho deciso di darti questa opportunità. La tua è stata veramente una strada mai presa”.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
La missione è quella di far diventare The Roads Not Taken un punto di riferimento per tutti gli innovatori grazie al quale si possa imparare ciò che l’università italiana ha un po’ smesso di insegnare: sviluppare il potenziale umano e forgiare una mentalità imprenditoriale. ‘Le strade non prese’ in Italia sono per definizione ancora vuote, ma allo stesso tempo ricche di opportunità. E spetta a questa generazione prenderle per risvegliare quello spirito creativo e innovativo che ha reso l’Italia la culla del Rinascimento. Iscrivendosi al canale YouTube, credo che ognuno di noi possa trovare gli strumenti e l’ispirazione per essere artefice di quel cambiamento che vogliamo vedere nel mondo.