«La diversità non consiste nel contare le persone ma nel farle contare. I leader ribelli comprendono e cercano di creare qualcosa di nuovo. Le aziende di oggi? Prendano esempio dalle navi pirata del Sedicesimo secolo». Intervista a Francesca Gino, scienziata comportamentale italo-americana e docente all'Harvard Business School, autrice di “Talenti ribelli”
Segni particolari: rompiscatole e piantagrane. Ma anche costruttori di mondi possibili. Perché anche se i ribelli godono di una pessima reputazione, considerati spesso come bastian contrari e talvolta disadattati, a loro spetta il compito di provare a migliorare il contesto grazie ad uno sguardo anticonvenzionale sulle cose. «Perché invece che cercare appigli sicuri, rifugiandosi nella routine e nella tradizione, sfidano apertamente lo status quo. Sono maestri dell’innovazione e dell’arte di reinventarsi, e per questo hanno molto da insegnarci». Ne è convinta Francesca Gino, autrice di “Talento Ribelle – Perché infrangere le regole paga (nel lavoro e nella vita)”, edito da Egea. Così questa scienziata comportamentale italo-americana e docente all’Harvard Business School ci parla della “difformità costruttiva” come di quel comportamento ribelle che avvantaggia le organizzazioni, porta benefici in termini di prestazioni e innovazione. Il pensiero indipendente stimola la creatività di un gruppo di lavoro. D’altronde preferisci seguire un copione o scrivere la tua sceneggiatura? Le ricerche di Francesca Gino vengono rilanciate da testate internazionali come l’Economist e il New York Times. Lei stessa tiene corsi di formazione per i vertici di Ferrari, Google, Goldman Sachs, Walmart. E il libro “Talenti ribelli” è stato tradotto in decine di lingue.
“I ribelli non si rifugiano nella routine e nella tradizione, ma sfidano apertamente lo status quo. Sono maestri dell’arte di reinventarsi e per questo hanno molto da insegnarci”
Professoressa Gino, l’Economist ha definito queta fase come quella della “prevedibile imprevedibilità”. Ma tutto ciò cosa comporta per le organizzazioni?
Si sente parlare spesso di “guerra del talento”, un termine che si riferisce al fatto che le aziende di oggi competono nell’attrarre talento che può creare valore, in un contesto dove ci sono cambiamenti costanti che richiedono di essere agili e continuare ad innovare. Chi entra nel mondo del lavoro oggi è interessato ad un impiego che dia soddisfazione e dove i propri sforzi siano valorizzati. Un posto di lavoro dove i leader non siano dittatori, ma persone interessate a creare condizioni dove altri possono crescere ed imparare nel lavoro. Le relazioni sul lavoro sono un fattore importante, e vengono valorizzate quelle che includono empatia e rispetto. Quando queste condizioni mancano i dati suggeriscono che il talento se ne va, in cerca di migliori opportunità.
Come si sta ridefinendo il paradigma del nuovo leader? Genio e sregolatezza o altro?
Molte aziende parlano dell’importanza della diversità e dell’inclusione, ma pochi dei loro leader in realtà comprendono cosa comporta e quali approcci sono più efficaci. La diversità non consiste nel contare le persone: si tratta di farle contare. Questo è ciò che fanno i leader ribelli: comprendono e cercano di creare. I leader di successo che fanno la differenza con il loro lavoro sono ribelli: persone che non accettano lo status quo, ma che pensano in modo diverso rispetto a situazioni nelle quali altri non si farebbero domande. Sono persone che sono pronte ed aperte a confrontarsi con altri, anche quando questi altri hanno idee diverse dalle loro. Sono persone che affrontano il lavoro con curiosità e autenticità.
“I leader di successo che fanno la differenza con il loro lavoro sono ribelli. Si tratta di persone che non accettano lo status quo, ma che pensano in modo diverso rispetto a situazioni nelle quali altri non si farebbero domande”
Sta avvenendo un cambio di passo?
Da decenni ormai i leader si sono concentrati eccessivamente sull’avere processi efficienti e sul coinvolgimento dei dipendenti per seguirli. Ora hanno bisogno di riflettere consapevolmente su quanto la conformità aiuta o danneggia il business, e quanto invece occorra incoraggiare la ribellione: comportamenti che si discostano dalle norme organizzative, dalle azioni degli altri o dalle aspettative comuni a vantaggio dell’organizzazione e dell’esperienza che ciascuno di noi ha nel lavoro.
Chi sono oggi i ribelli?
I ribelli sono persone che dimostrano gli elementi essenziali del talento ribelle, e ce ne sono cinque. Il primo è la novità, la ricerca di tutto ciò che comporta un superamento verso il nuovo. Il secondo è la curiosità, l’impulso che da bambini spingeva noi tutti a domandare di continuo “perché?”. Il terzo è la prospettiva, ovvero la capacità con cui i ribelli ampliano costantemente la loro visione del mondo per riuscire a scorgerlo con gli occhi degli altri. Il quarto è la diversità, vale a dire la tendenza a sfidare certi ruoli sociali predeterminati per raggiungere quanti possono apparire differenti. Il quinto è l’autenticità, che i ribelli abbracciano in tutto ciò che fanno, rimanendo aperti e vulnerabili per entrare in contatto con gli altri e imparare da loro. La giusta dose di ribellione comporta l’avere un po’ di ciascuno di questi elementi chiave. È solo così che i ribelli possono cambiare le cose per il meglio, con un approccio che implica rispetto invece di arroganza.
“Nei ribelli ci deve essere l’empatia perché come ingrediente è molto vicina ad uno degli elementi chiave del talento ribelle: la prospettiva. Rendersi conto del fatto che ci sono sempre diversi modi per interpretare una situazione”
La ribellione comporta anche una dose di empatia?
Nei ribelli ci deve essere l’empatia perché è molto vicina come ingrediente ad uno degli elementi chiave del talento ribelle: la prospettiva. Rendersi conto del fatto che ci sono sempre diversi modi e angoli per guardare e interpretare una situazione. Questo diventa particolarmente importante quando accumuliamo esperienza. Secondo studi che ho fatto, ci sono situazioni in cui essere più esperti porta a prestazioni inferiori. L’esperienza può essere negativa. Quando abbiamo avuto successo, è facile concludere che abbiamo ancora poco da imparare. La sensazione di sapere ci porta a razionalizzare le nostre scelte del passato e l’impulso a farlo diventa più forte con l’esperienza che acquisiamo. Al contrario, quando ci viene ricordato che più ne sappiamo e più c’è da imparare, l’esperienza apre le nostre menti al fatto che ci sono molti modi per affrontare la stessa decisione o compito. E quando questo succede rimaniamo umili. Tenelle Porter, psicologa dell’Università della California, ha coniato il termine umiltà intellettuale per descrivere la capacità di riconoscere che ciò che sappiamo è fortemente limitato. Come ha rilevato Porter nella sua ricerca, è una realizzazione importante: livelli più elevati di umiltà intellettuale sono associati ad una maggiore volontà di considerare punti di vista non allineati con i nostri. Quando l’esperienza aggiunta è accompagnata dalla consapevolezza che abbiamo ancora molto da imparare, siamo più inclini a vedere che il mondo continua a cambiare e che dovremo cambiare con il mondo per prosperare.
“Sono il leader che il mio equipaggio sceglierebbe oggi? Ogni capitano trarrebbe beneficio dal porsi questa domanda più regolarmente”
Quali caratteristiche dovrebbero avere oggi le aziende contemporanee?
Dovrebbero essere più simili alle navi pirata nel Sedicesimo secolo, organizzazioni che ho studiato in profondità mentre stavo lavorando al libro. In quel periodo, circa duecento anni prima della fine della schiavitù negli Stati Uniti, le navi pirata erano le organizzazioni più diverse del pianeta. Assumevano persone in base alle loro capacità e impegno piuttosto che al loro genere o razza. Ma erano anche interessanti per un altro motivo. Il capitano veniva eletto dall’equipaggio e l’equipaggio poteva rimuovere il capitano se non si comportava in modo adeguato nei confronti dell’equipaggio. Quando ho appreso questo dettaglio, ho iniziato a farmi una domanda semplice ma importante. Una domanda che probabilmente i capitani si ponevano regolarmente: sono il leader che il mio equipaggio sceglierebbe oggi? Ogni leader trarrebbe beneficio dal porsi questa domanda più regolarmente. Penso che sia ciò di cui le organizzazioni di oggi hanno bisogno. Facendosi questa domanda ogni giorno, credo che i leader di oggi si ricorderebbero dell’importanza di incoraggiare gli elementi essenziali del talento ribelle.