«Non cercare un’idea per fare una startup. Piuttosto cerca un problema, meglio se è un problema che tu stesso hai, perché ti garantisce che il problema esiste davvero». Queste parole, pronunciate da Paul Graham, il fondatore dell’ acceleratore Y Combinator, hanno ispirato moltissimi imprenditori, tra cui – probabilmente – anche lei. Lei è Chiara Schettino, ha soli 23 anni, ha fondato una startup con una missione nobile: risolvere il problema delle donazioni di sangue e colmare il gap generazionale tra le fila dei donatori. Una missione nata da un’esperienza personale. A 19 anni le è stato diagnosticata una forma di leucemia. «Da paziente, aspettavo le trasfusioni per molto tempo, a volte anche per 18 ore. Ho capito che c’era un problema e che bisognasse fare qualcosa».
L’importanza di donare sangue
In Italia, solo il 2,7% della popolazione si impegna nella donazione di sangue: come riportano i dati del Centro Nazionale Sangue. C’è di più. «Nel 2022 sono state eseguite 2,8 milioni di trasfusioni su 639mila pazienti, salvando circa 1.800 vite al giorno. Ma si è verificato un calo del 2% nella fascia d’età tra i 18 e i 45 anni, mentre si è registrato un aumento del 7% tra i 56 e i 65 anni» spiega.
Oltre i numeri, c’è la sua consapevolezza. «La mia generazione è molto lontana dalla donazione – spiega – e io vorrei convincerla che farlo è una cosa cool». Laurea in economia alla Ca’ Foscari a Venezia, Chiara ha già avuto esperienze imprenditoriali in ambito healthcare. Nel 2023, decide di validare la sua idea direttamente nelle università italiane, cercando di comprendere le ragioni della mancanza di ricambio generazionale tra i donatori. Così nasce Rosso. La startup che si propone di sensibilizzare le nuove generazioni sul tema, migliorare l’esperienza di chi prenota, collaborando con diversi centri di raccolta sangue, associazioni, ospedali e aziende.
Con lei c’è un giovanissimo co-founder. Lui è Filippo Toni, V liceo scientifico nel 2025, oggi 17 anni, passione per l’Informatica ed elettronica da sempre. Da quando ha 8 anni sviluppa e progetta hardware. «Durante la pandemia ho brevettato un prodotto che risolveva una problematica via teleassistenza legata alla televisione per la popolazione più anziana» spiega Filippo.
I due si conoscono a una competizione. «Alla sera, a cena, Chiara mi chiede: mi aiuti a fare un po’ di cose?». Da quel momento uniscono le forze. I primi aiuti arrivano da H-Farm, dove Chiara studiava. «Riccardo Donadon e la fondazione H For Human da subito hanno creduto nell’idea e ci hanno supportati con una piccola cifra a fondo perduto» commenta Filippo. «Fino a oggi ci siamo finanziati in Bootstrapping con i programmi aziendali. Ora stiamo raccogliendo i primi fondi per crescere e aumentare l’impatto».
Come funziona Rosso
Coinvolgono le aziende a fare prevenzione e sviluppano tecnologie per gli ospedali. Come? «Creiamo percorsi personalizzati per scuole, università e aziende, semplificando l’accesso alla donazione del sangue». Tra i partner già a bordo ci sono grandi nomi. « Come Generali Italia, Università Bocconi, Procter & Gamble, Lottomatica, Hines, H-Farm. Per conquistarle, è fondamentale dare un servizio che porti valore e utilità. Cerchiamo di costruire relazioni solide e personalizzate, dimostrando il nostro impegno unico». Rosso ha anche creato una piattaforma digitale che facilita la connessione tra chi vuole donare il sangue, le associazioni di donatori e i centri trasfusionali. «Qualcuno ci ha definito la Just Eat del sangue».
I due hanno appena fatto un piccolo aumento di capitale. Tra i sostenitori l’acceleratore della Bocconi, B4i e LCA Ventures. La sede della startup è a Milano. Con loro, 5 persone nel team. Tra i mentori di Filippo c’è anche Alberto Onetti, professore di Corporate Strategy e Innovation Management presso il Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi dell’Insubria di Varese e Como. «Aveva scritto un post sulla tristezza dei founder, io l’ho commentato e abbiamo iniziato a parlare. Mi ha aiutato tantissimo. Non è facile, a 17 anni, fare l’imprenditore. La mia vita, la mia grande passione è Rosso, a cui dedico tutto il mio tempo, ma devo vivere in equilibrio tra la scuola e il lavoro», confessa Filippo.
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La loro giovane età è tra le difficoltà più grandi. «In Italia, l’innovazione guidata dai giovani non è ancora completamente accettata. È complesso giustificare la nostra credibilità. Soprattutto in contesti con partner istituzionali. Fare impresa con queste difficoltà richiede non solo determinazione e resilienza, ma anche la capacità di adattarsi rapidamente e imparare sul campo. Il nostro motto è “Sbagliare velocemente”. Che non vuol dire non sbagliare. Noi vogliamo imparare dai più grandi, da chi ci è già passato e fare tanti piccoli sbagli. Non siamo arroganti. Farlo velocemente ci fa crescere più velocemente».
Prima di chiudere la telefonata, Chiara mi fa una richiesta specifica. «Per favore, non parlare di emergenza sangue. Noi vogliamo parlare di una necessità. Il sangue è vita, è un bene insostituibile, che non può essere creato in laboratorio. Grazie alla generosità dei donatori, chi soffre può continuare a ricevere le cure necessarie». Filippo invece aggiunge una chiusa sulla Generazione Z. «Siamo una generazione di sognatori. Ambiziosa, proattiva, propositiva. Non siamo arrabbiati come i Millennial o rassegnati come i Boomer. Vogliamo fare la differenza. E preparatevi a quelli che verranno dopo di noi, la Genazione Alfa: ne vedremo delle belle».