Salvatore Giuliano, ex Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione nel 2018 e 2019, è tornato a fare il preside all’Istituto Majorana di Brindisi. «L’ostacolo principale? Dire che si è sempre fatto così. L’AI preziosa per personalizzare l’apprendimento»
Nella settimana che segna il ritorno a scuola per milioni di studenti, su StartupItalia iniziamo un viaggio per raccontare i protagonisti: studenti, insegnanti, presidi, genitori. Ma lo facciamo – come è ormai nostro stile – raccontando storie visionarie e innovative. Storie coraggiose e plurali. Storie di quelle persone in grado di fare la differenza. Ecco tutti i protagonisti della nuova riapertura della scuola nella nostra programmazione speciale. Buona lettura e buon viaggio!
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«Da quest’anno gli alunni dell’Istituto Majorana di Brindisi non porteranno più libri di testo nello zaino. Solo versioni digitali. Anche se sono anni che, quando giro nelle classi, non noto più copie cartacee sui banchi». Salvatore Giuliano è il dirigente scolastico di una scuola con oltre 1600 alunni e circa 160 docenti. Insegnante dal 1989 («di informatica, economia e matematica applicata») nel 2007 è diventato preside nell’istituto pugliese, avviando un percorso di innovazione preso poi come modello a livello nazionale. Tanto per cominciare è stato uno dei primi a credere nel digitale e a trasferirlo nella didattica grazie all’impegno dei prof. Tra il 2018 e il 2019 la parentesi come Sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel primo governo Conte. Oggi, lunedì 11 settembre, è per molti ragazzi e ragazze il giorno della ripresa delle lezioni. Su StartupItalia diamo il via a Back to school, un format per raccontare chi dà il proprio contributo per cambiare la scuola.
Riformare la scuola non è un mestiere facile. Ma per lei che è stato Sottosegretario all’Istruzione qual è stata la principale difficoltà quando stava a Roma?
L’ostacolo all’innovazione, soprattutto nei sistemi educativi, è rappresentato dall’approccio “qui si è sempre fatto così”. Non possiamo permettercelo perché i nostri alunni cambiano sempre più velocemente sia nel loro modo di socializzare sia di apprendere. La scuola deve prenderne atto. Farei poi una distinzione tra innovazione e cambiamento: se lavoro sugli arredi di un’aula ho attuato un cambiamento, mentre fai innovazione se lavori sui protagonisti, sulle persone.
Prima di arrivare al Majorana di Brindisi, un’ultima domanda sul suo percorso da Sottosegretario. Di quali risultati va più fiero?
Sono felice di aver contribuito a rivisitare la normativa sull’inclusione degli alunni con disabilità. Così come di aver avviato il processo di connessione alla fibra di 37mila edifici scolastici grazie al progetto con Infratel. Ho contribuito a fermare la scellerata proposta di autonomia differenziata. E sono orgoglioso di aver fatto la mia parte per stabilizzare oltre 15mila lavoratori socialmente utili.
Arriviamo dunque al suo istituto. Da anni viene preso ad esempio per i suoi modelli didattici.
Ho iniziato questo percorso nel 2007, quando sono diventato dirigente. Ma l’input è arrivato anni prima, a Boston. Durante un percorso di formazione al MIT ci organizzarono una caccia al tesoro tra colleghi, per rompere il ghiaccio. A ogni gruppo diedero un palmare GPS, all’epoca un oggetto fantasmagorico, che ci dava indicazioni sul percorso da fare. Ecco, lì ho iniziato a pensare: la tecnologia stava personalizzando il nostro percorso di apprendimento.
A questo proposito, in passato si è espresso dicendo che la scuola deve essere il luogo dell’apprendimento e non dell’insegnamento.
Il docente è il facilitatore dell’apprendimento e punta su metodologie didattiche che si potrebbero dire innovative, ma che io invece preferisco intendere come attive nei confronti dello studente. Questo è possibile soltanto con la formazione del personale docente. Tra l’altro, da marzo 2020 abbiamo formato 60mila professori di ogni ordine e grado da tutta Italia grazie al digitale.
Uno dei problemi più gravi riguardante il mondo dell’istruzione è la dispersione scolastica. Secondo le fonti del Ministero sfiora il 13%, tra le più alte in Europa.
Al Majorana di Brindisi fortunatamente siamo allo 0%. Si tratta di un fenomeno che non ha una sola causa. Il contesto sociale determina fortemente una tipologia di dispersione. Poi ovviamente gioca il suo ruolo la componente scolastica che interviene aumentando o riducendo il rischio. Bisogna attivare pratiche inclusive.
Cosa ne pensa dei docenti tutor, la novità di quest’anno?
È una figura che era già presente ma non era stata mai istituzionalizzata. E soprattutto finora non era mai stata contraddistinta da un percorso di formazione. Mi riferiscono invece che quest’ultimo c’è stato nei mesi scorsi ed è stato valido. Hanno fatto formazione mettendo a fattor comune le buone pratiche di orientamento. Questi docenti contribuiranno a far scoprire ai ragazzi i loro talenti, le loro motivazioni. In altre parole, li aiuteranno a conoscere meglio se stessi.
Uno dei progetti che ha lanciato è Book in progress, pensato anche per contrastare il caro libri che pesa sul bilancio delle famiglie. Ce lo può raccontare?
Il progetto è nato nel 2009 per migliorare l’apprendimento degli studenti, creando contenuti didattici sostitutivi dei libri di testo, progettati dai docenti per gli alunni. L’iniziativa è sia digitale sia cartacea e finora abbiamo 68 titoli in libreria. Siamo partiti dal Majorana e oggi è diffuso in oltre 100 istituti in Italia. Era stato concepito anche come soluzione di risparmio per le famiglie. È stato un percorso di innovazione e messa in discussione interna sulla pratica didattica quotidiana. Quest’anno il costo complessivo è di massimo 20 euro.
Quando nel 2022 il mondo ha conosciuto ChatGPT, Elon Musk ha preannunciato la morte dei compiti a casa. Cosa si può fare con l’AI a scuola?
Resto convinto che l’AI resa così accessibile sia una grande opportunità. È evidente che come ogni novità vada capita, compresa e utilizzata con cognizione di causa. L’intelligenza artificiale diventa preziosa per personalizzare i percorsi di apprendimento degli studenti e per essere di sostegno ai docenti. Ad esempio, sulla base dei miei progressi su una disciplina mi immagino di essere orientato grazie alla tecnologia: magari può suggerirmi di recuperare alcuni argomenti, o suggerirmi percorsi di studio per diventare ancora più bravo. A maggio l’OCSE ha inaugurato una rete di scuole per discutere di questi temi. Ogni Paese ha designato una scuola per ogni ordine e ho avuto l’onore di partecipare rappresentando gli istituti superiori.
Un ultimo appello: che cosa non dovrebbe mai mancare nella cartella di uno studente? Cosa devono portarsi a scuola?
Una raccomandazione: devono portare sempre con sè la propria innata e enorme creatività. Non consentano a nessuno di rinunciarvi. Grazie a quella devono andare avanti e creare idee. E poi direi di portarsi sempre un oggetto, qualunque cosa che sia da stimolo, un gadget, una penna, un pupazzetto. Qualunque cosa che contribuisca alla realizzazione della loro personalità. Perché ciascuno ha la propria e siamo spesso noi adulti a tarpare le ali.