Tra gli ordini esecutivi firmati dal presidente USA Donald Trump c’è anche quello riguardante il lavoro dei dipendenti federali. Il repubblicano ha infatti abolito la possibilità di queste persone di fare smart working: rivuole dunque tutti in ufficio cinque giorni a settimana. A partire dalla pandemia in poi, prima per evitare i contagi e poi per i benefici riscontrati, molte aziende hanno deciso di adottare un metodo di lavoro ibrido. Altre però hanno fatto un passo indietro. Tra queste, ad esempio, citiamo l’ex Twitter che dopo l’acquisizione da parte di Elon Musk ha avviato una campagna di licenziamenti di massa e riportato tutti in sede.
La dottrina di Musk sullo smart working
Elon Musk è il principale sostenitore del presidente Donald Trump. Alcuni lo definiscono una sorta di presidente ombra. Il tycoon lo ha messo a capo di DOGE, il dipartimento per l’efficienza governativa incaricato di far risparmiare alle casse federali 2 trilioni di dollari (il Ceo di Tesla ha già messo le mani avanti: 1 trilione sarebbe già un ottimo risultato).
Non sarà facile però per Elon Musk licenziare le persone come ha fatto con le proprie aziende (da Twitter a Tesla). Questo perché ora ricopre pure un incarico pubblico e il tycoon prima o poi dovrà fare i conti con il consenso e le critiche al suo operato. Per ora il Ceo di Tesla ha applaudito all’ordine esecutivo anti smart-working: su X ha lamentato il fatto che in giro per il Paese edifici governativi sarebbero occupati illegalmente mentre i cittadini pagano le tasse.
Musk non è mai stato un fan dello smart working. Perfino durante i mesi più duri della pandemia si era spinto a definire il lockdown una misura fascista. Anche se all’epoca alla Casa Bianca sedeva Donald Trump.