Vincere il titolo di Startup dell’anno a SIOS porta bene: poche settimane fa Genenta si era quotata al NASDAQ, il più importante listino tecnologico di Borsa al mondo, e oggi c’è un’altra bella notizia da raccontare. Scalapay, fintech italiana che mette a disposizione del consumatore finale strumenti di pagamento flessibile per i suoi acquisti, ha annunciato di aver chiuso un importante round di investimento da ben 497 milioni di dollari, guidato da un player cinese di sicuro peso che va sotto il nome di Tencent. Non è stata resa nota la valutazione attuale di Scalapay: ma è facile immaginare che ormai superi il miliardo di dollari (e di euro), consacrandola così come unicorno a tutti gli effetti e riportando in Italia un avvenimento che non si ripeteva dallo scorso anno con la exit di Depop.
Cosa fa Scalapay
Immaginate di voler comprare un abito, uno strumento musicale, un elettrodomestico, magari un cellulare, o ancora un viaggio: invece di pagare l’intero valore del prodotto o del servizio che desiderate tutto e subito, con Scalapay si può dilazionare nel tempo il pagamento. E il tutto si fa in pochi secondi, semplicemente, senza burocrazia inutile e senza complicazioni: in altre nazioni e continenti è una forma di pagamento già piuttosto diffusa, e il founder di Scalapay Simone Mancini l’aveva sperimentata durante il periodo in cui viveva in Australia (paese dove la sua famiglia si era trasferita). Da lì la decisione di fondare una startup per creare qualcosa di analogo qui da noi: e pure in Spagna, Francia, Germania, Portogallo, Paesi Bassi, Austria, Belgio… e chissà in quanti altri paesi dopo questa nuova iniezione di capitali.
Pagare con Scalapay, significa pagare in tre rate senza interessi: il potenziale acquirente viene invogliato all’acquisto dalla cifra più bassa da pagare per farsi spedire il prodotto a casa, e non ci sono le consuete procedure per avviare un finanziamento da espletare (niente buste paga da inviare ecc) né particolari tempi d’attesa. Il modello di business della startup, possiamo senz’altro definirla tale visto che è nata nel 2019 (anche se ormai viste le dimensioni sarebbe più corretto chiamarla scaleup), prevede che i guadagni arrivino non dal versante del consumatore bensì da quello del venditore: sarà quest’ultimo a riconoscere una commissione a Scalapay su ogni transazione.
Un’idea che piace a molti, verrebbe da dire a tutti: sicuramente incontra il gradimento delle categorie più smaliziate sugli acquisti online, Gen Z e Millennials su tutti (ma non solo), e consente di modulare la spesa ripartendola su più mesi anche se normalmente si avrebbe difficoltà ad accedere al credito nelle sue formule tradizionali.
Dove andrà Scalapay
150 dipendenti, più di 3.000 partner che hanno deciso di integrare Scalapay tra le formule di pagamento accettate, l’azienda fondata da Simone Mancini e Johnny Mitrevski ora ha davanti una nuova sfida: quella di superare la concorrenza di altri player (europei e non solo) per affermarsi come la fintech di riferimento in questo settore. Ci sono diversi percorsi che possono essere battuti, ma questa iniezione di capitale rende tutti decisamente percorribili: al momento, però, Scalapay sembra intenzionata a focalizzarsi sul suo attuale assetto e non pare intenzionata a dotarsi di quell’infrastruttura bancaria che altre concorrenti stanno sviluppando. Piuttosto ci potrebbe essere anche un’acquisizione in ballo nel prossimo futuro, così da consolidare la propria posizione sul mercato.
Come detto, il round è guidato in questo caso da Tencent: ma nella lista degli investitori in questa tornata ci sono anche Tiger Global (che aveva guidato il round precedente), Fasanara (anche questo un investitore che torna a crederci), Gangwal, Moore Capital e Deimos. Tencent poi sembra particolarmente interessata al mercato dei pagamenti europeo, e in particolare quello italiano: aveva investito anche in Satispay, segno che effettivamente le fintech italiane mettono in pista modelli piuttosto convincenti. Nel caso di Scalapay, sicuramente la dimensione media del carrello (si parla di un trend che vede aumentare la spesa complessiva da dilazionare) e la solida penetrazione in diversi mercati europei hanno giocato a favore del secondo round messo a segno in pochi mesi.