Lo sappiamo, la grande azienda è una macchina complessa; è un treno che percorre i suoi binari e che non può sterzare all’improvviso verso un’altra destinazione. Ma ci sono casi, epoche, situazioni, avveni- menti non affatto passeggeri ma profondamente innovativi che costrin- gono le aziende a lasciare il lento scorrere del tempo, la loro naturale indolenza, la rigida osservanza alla conservazione, le certezze della sua burocrazia, per intraprendere veloci cambiamenti che la portano a modificare pelle, immagine, fisionomia e perfino l’immaginazione che lei proietta di sé sui dipendenti e sugli stessi clienti.
Cambiamenti di questo tipo sono solitamente eseguiti da manager di grande spessore e lungimiranza che riescono a scuotere dalle sabbie e dalle incrostazio- ni i sistemi funzionali dell’azienda diventati nel tempo una macchina stanca che si muove solo per rigenerare se stessa. A compiere questi veri miracoli sono i manager di grande levatu- ra strategica dal cuore e dall’energia inesauribile, basata sulla visione chiara del futuro da percorrere, che portano queste aziende a ritrovare motivazione e a cavalcare di nuovo la realtà e a vincere nuovamente le sfide sui mercati.
Non erano forse Sergio Marchionne per la FCA o Steve Jobs per Apple, manager di questo tipo? Ma il cambiamento in corso dall’analogico al digitale della quarta rivoluzione industriale e la velocità degli eventi, dallo scambio di in- formazioni attraverso la rete internet fino alle scoperte senza soluzione di continuità della tecnologia, non possono attendere di trovare un nuovo Marchionne o un nuovo Jobs per dispiegare la loro potenza e le promesse del futuro che bussa con insistenza alla porta delle aziende.
E che dire poi della necessità di ripartenza, di rinnovamento che l’in- dustria e tutta la società nel suo insieme dovrà affrontare negli anni a venire a causa della pandemia che tutto il mondo ha vissuto nel 2020? Le necessità di trovare donne e uomini che sappiano interpretare i tempi a noi vicini per trasformare le industrie in poli di aggregazione del lavoro e delle sue molteplici forme di impiego saranno il centro della rinascita che il mondo intero si attende per conoscere e vivere il futuro dei nostri giorni.
Ma chi sono queste figure professionali? Dove li possiamo trovare? Sono già disponibili o dobbiamo formare una nuova classe di manager? Niente paura le risorse per combattere e per vincere la sfida che la pandemia e il cambiamento di cultura accelerata dalla tecnologia ha generato come necessità di cambiamento nelle nostre industrie e nella nostra vita di tutti giorni, già le possediamo.
Dentro la manifattura, e in special modo dentro i gruppi che hanno ramificazioni globali del loro business, vivono e prosperano donne e uomini con incarichi di prestigio e di responsabilità che ogni giorno sono al lavoro per cogliere le sfide del cambio di un’epoca. Sono i manager del terzo millennio, formati alla vecchia scuola del management che usava ancora carta e penna e i fogli prestampati quadrettati – un foglio Excel ante litte- ram – per disegnare e progettare le scelte dell’azienda o dei reparti a loro affidati.
Da quei quadri dirigenti che hanno gestito il passaggio del guado dall’analogico al digitale mantenendo ferma la capacità di pensare e lasciato che il computer si occupasse delle macchine e non dell’uomo, sono nati nuovi manager con lo smartphone sempre acceso e in comunicazione costante con il sistema globale della manifattura che si compie vicino a loro, nella fabbrica, nelle aziende di componenti del continente e lontano, negli emisferi dove la notte inizia quando gli uffici, dall’altra parte del mondo, aprono le porte al sorgere del giorno.
Manager nuovi, che hanno dovuto fare i conti con la modernità e la velocità dei cambiamenti che la tecnologia e la competizione globale hanno imposto al nuovo mercato. In questo libro vogliamo parlare di loro. Di quel quadro dirigente che ha cercato nel tempo di coniugare la modernità e l’incontro fra questa e il personale; che ha lavorato per dare rilevanza alla capacità delle donne e degli uomini del proprio team, che non si è dimenticato degli insegnamenti trasferiti dalla “vecchia guardia”, dei dirigenti che l’azienda l’hanno fatta e che nell’azienda sono ricordati come “padri fondatori”.
A guidare il nostro viaggio dentro le pieghe di una manifattura che pone le sue radici sul coinvolgimento profondo del personale sulle scelte dell’azienda calata dentro una continua rivoluzione digitale, sarà la voce narrante di Lorenzo Romagnoli, manager oggi di una nota e fra le più prestigiose multinazionali. La sua ventennale esperienza ci guiderà dentro un percorso affascinante dei momenti di trasforma- zione avvenuti nel suo cursus honorum, nel suo tragitto da dirigente di una grande multinazionale.
Dalle sue parole, dalla sua passione nel raccontare un’avventura di lavoro, ritroveremo la sequenza dei tanti appuntamenti che il nostro paese e l’intera comunità industriale ha attraversato negli anni del nuovo millennio per costruire le sue basi di rigenerazione e di accoglimento delle sfide che la tecnologia e la quarta rivoluzione industriale sta portando dentro le manifatture di tutto il mondo.
Si capiranno le fatiche ma anche i tanti successi dei dirigenti a contatto diretto con la manifattura, snobbati dalla pubblicistica spiccio- la che parla solo dei grandi capitanti di industria, un po’ nascosti fra le pieghe degli impegni quotidiani, delle giornate che durano quanto un alba boreale, sono riusciti a raggiungere e portare a compimento per lo sviluppo della propria azienda con la loro creatività e dedizione vissuta col sentimento che si riconosce solo ad un’amante a cui tutto si deve e tutto va donato. Attenti alla modernità come cura della paura che viene dal buio delle opportunità mancate e attenti alla cura del fattore umano – scoperto oggi dagli analisti più solerti e competenti del mondo industriale come il versante nuovo dell’efficienza e della crescita aziendale – i dirigenti dei reparti produttivi delle grandi aziende, sono stati il vero motore, la vera risorsa della nostra industria.
Capitani coraggiosi, che il vento impetuoso della modernità non ha sconfitto ma solo rafforzato nelle loro convinzioni e nel loro spirito di servizio, per il benessere della propria azienda e del proprio team che li ha accompagnati nelle battaglie per il progresso e nella follia di osare, là dove il conformismo non dava certezze di successo. Il libro è in fondo un grande album di situazioni che coinvolgono gruppi di lavoro con le loro emozioni e le loro competenze dentro una condizione di ripartenza: in un momento dove il passato si fa ingombrante, dove le certezze vengono meno e si affaccia, prepotente, il nuovo da costruire.
Un modello di comportamento che in questa epoca percorsa da fragilità e da forti dubbi sulle prospettive future dello sviluppo economico e sociale, potrebbe fornire delle linee guida utili a tutte quelle aziende e altri luoghi di aggregazione delle forze del lavoro dove si avverte ormai incessante l’esigenza del cambiamento.
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Quali sfide attendono la società di domani? Quali sono i rischi e quali le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico? Per la rubrica “Futuro da sfogliare” un estratto del libro Il manager veste il kilt (FrancoAngeli) che vede dialogare il giornalista Giovanni Barni e il dirigente executive del gruppo CE Lorenzo Romagnoli nominato membro della National Manufactoring Institute of Scotland per come ha guidato lo stabilimento di Aberdeen in Scozia che produce impianti sottomarini per lo sfruttamento dei giacimenti di petrolio.