Uno studio di Six Seconds evidenzia come non esistono le emozioni di genere: tutti luoghi comuni. È possibile però coltivare la diversità emotiva all’interno delle imprese per trasformarle in potenzialità. Intervista a Lorenzo Fariselli, direttore dell’azienda attiva nel settore dell’intelligenza emotiva
Lo stereotipo sociale mostra l’uomo freddo e razionale mentre la donna fragile ed emotiva. Caratteristiche che possono fare la differenza quando si ricoprono ruoli di comando all’interno di un’azienda. Un recente studio di Six Seconds, realtà multinazionale attiva nel campo dell’intelligenza emotiva, può esserci utile per sfatare molti stereotipi degni ormai solo di essere archiviati per sempre. “Dal punto di vista della misurazione emerge che uomini e donne hanno lo stesso punteggio d’intelligenza emotiva” afferma a StartupItalia Lorenzo Fariselli, direttore di Six Seconds Italia. “L’intelligenza emotiva è un costrutto di competenze che vanno dalla consapevolezza, all’apertura verso l’altro, all’ottimismo e solo a questo livello di analisi emergono differenze tra uomini e donne”.
In Italia, solo il 3% dei Ceo è composto da donne. Nell’immaginario collettivo, dovuto a una cultura aziendale maschilista costruita negli anni, ricorre l’idea dell’uomo come più efficace perché razionale e capace di non lasciarsi influenzare dalle emozioni, mentre la donna è sopraffatta dalla emozioni e quindi meno adatta al contesto organizzativo. “L’unica cosa vera di questo assunto- prosegue – è che le donne hanno un patrimonio emotivo più ampio degli uomini ed hanno generalmente un bagaglio più ricco. Questo patrimonio, in un mondo, soprattutto in azienda, dove le sensibilità stanno cambiando, non è un limite, è una risorsa chiave per mettere realmente le persone al centro”.
“Le nostre performance derivano da come riusciamo a navigare e valorizzare le nostre emozioni”
Avere intelligenza emotiva significa essere più intelligenti con l’emozioni. Nella nostra società consideriamo la parte razionale come un valore mentre le emozioni rappresentano la debolezza. Basta fare un semplice test su noi stessi. Se ci viene detto “sei una persona razionale”, sorridiamo, se al contrario ci dicono “sei una persona emotiva”, abbiamo una reazione negativa. Sviluppare l’intelligenza emotiva significa bilanciare la parte razionale e quella emotiva per prendere decisioni sostenibili nel tempo.
Stiamo vivendo un periodo di grandi cambiamenti e le qualità emotive delle donne in ambito aziendale possono rivelarsi una risorsa strategica. “Oggi le aziende non guardano più soltanto le performance aziendali ma anche l’impatto che hanno sulla società come ESG in ambito finanziario o SDG in maniera trasversale. Quando si raggiungono determinati livelli di management, non ha senso parlare di emozione di genere, ha senso invece valorizzare le qualità emotive delle donne per gestire la complessità della managerialità odierna”. Sei una donna? Hai una capacità di leggere le emozioni più sviluppata? Questa risorsa emozionale può diventare un valore aggiunto per creare una squadra più motivata ad esempio.
“L’intelligenza emotiva è uguale per uomini e donne ma le caratteristiche sono diverse e vanno valorizzate”
Six Seconds Italia ha una divisione corporate, EQ Biz, che si occupa proprio di effettuare degli assessment di Intelligenza Emotiva nelle organizzazioni per fornire al management tutti gli strumenti adeguati a gestire le proprie risorse. Il nome Six Seconds deriva dalla ricerca neuroscientifica che dimostra come i neurotrasmettitori, quando vengono rilasciati nel nostro corpo a fronte di uno stimolo, ad esempio quando ci arrabbiamo, impiegano sei secondi a essere riassorbiti. In realtà sappiamo tutti che l’arrabbiatura non passa in sei secondi, anzi, può durare per giorni ma scientificamente basterebbero sei secondi per ripristinare il nostro equilibrio. “Se la nostra reazione dura più di sei secondi significa che andiamo a riattivare quello stimolo e facciamo ripartire il ciclo della reazione come in un loop”, illustra il direttore di Six Seconds Italia.
La maternità cambia l’impronta emotiva della donna e per questo non sarebbero adatte a ricoprire ruoli di top management: è un altro luogo comunque ricorrente. “Anche la paternità cambia l’uomo. Il problema di fondo è culturale. Se siamo ancora agganciati all’idea aziendale dell’uomo maschio capo branco al comando che sterminerà i competitor, è logico che in un contesto di questo tipo, non meraviglia il dato del 3% dei Ceo donna. Il mondo però ci sta dicendo altro”. Negli Stati Uniti registriamo incrementi di dimissioni nelle grandi aziende, tendenza riscontrata anche in Europa e Cina. “Abbiamo – spiega Lorenzo – una grande opportunità per i dirigenti d’azienda di dare ascolto alle tante sensibilità emozionali all’interno dell’azienda. Oggi i dipendenti non rimangono legati all’azienda per lo stipendio, entrano in gioco altri fattori, la soddisfazione, avere un impatto sul mondo, capire le emozioni dei collaboratori è la chiave per affrontare le sfide del futuro”.
“Se ci viene detto sei una persona razionale, sorridiamo, se al contrario ci dicono sei una persona emotiva, abbiamo una reazione negativa”
“Passare da una gestione di leadership basata sul controllo a una basata sull’autonomia e fiducia – continua sempre Lorenzo, è un grosso cambio sul quale il management stesso deve lavorare partendo dalle proprie emozioni”. Ponendo attenzione sull’intelligenza emotiva all’interno delle aziende, aumentano le performance generali. I risultati sono differenti. Esistono case study che evidenziano incrementi significativi nei livelli di influenza, efficacia e benessere dei dipendenti e altri che dimostrano ad esempio come venditori assunti seguendo uno screening sull’intelligenza emotiva, abbiano poi portato un incremento di fatturato. Altri fattori sono più difficili da misurare come un clima aziendale migliore.
“Passare da una leadership basata sul controllo ad una basata su fiducia e autonomia, richiede lavorare sulle emozioni”
“Qualche giorno fa ero ad un evento con una ex stella del calcio italiano e condividevamo il fatto che nel calcio si continuano a valutare parametri fisici nella preparazione del giocatore tralasciando completamente la parte emotiva. Torniamo al discorso di prima, la razionalità viene considerata più performante, allo stesso modo, nei fatti, nel calcio è la fisicità, è un problema di cultura”, racconta il direttore di Six Seconds Italia.
Lo studio State of Heart di Six Seconds ha preso come campione oltre 120.000 persone, uomini e donne in ogni angolo del globo e i risultati sono stati sorprendenti. Durante la pandemia il livello dell’intelligenza emotiva è sceso in modo più o meno uniforme in ogni parte del mondo. Il dato non meraviglia Lorenzo Fariselli che spiega il fenomeno come una naturale reazione umana: “Di fronte ad una minaccia ci concentriamo sulla parte razionale che ci fa sopravvivere chiudendo tutti gli altri canali, incluse le emozioni che rappresentano una minaccia perché ci fanno prendere consapevolezza del pericolo. Le emozioni però sono forze che comunque lavorano e se le neghiamo escono alla loro maniera, guidando le nostre azioni in maniera reattiva.”. Pur essendo una reazione “naturale”, questo comportamento può avere conseguenze pesanti perché vuol dire non ascoltare le proprie emozioni, soffocarle, anziché navigarle.
“Oggi i dipendenti non rimangono legati all’azienda per lo stipendio, capire le emozioni dei collaboratori è la chiave per affrontare le sfide del futuro”
La pandemia ha anche cambiato l’assetto organizzativo delle aziende portandole ad un punto di non ritorno. Molte organizzazioni hanno deciso di adottare il remote working in modo permanente o sono diventate ibride. Six Seconds durante la pandemia si è trovata a supportare un management che doveva gestire il personale a distanza. E’ evidente che un rapporto tra persone basato su abbracci, strette di mano, contatto fisico, avvicini le persone e crei empatia, uno schermo poteva rappresentare un ostacolo ulteriore. “Penso sia stata più una scusa. Durante la pandemia quando chiedevo ai manager cosa servisse per capire se il proprio team fosse motivato o in difficoltà, mi rispondevano, -forse dovrei chiederlo-. Bene, non resta che farlo! rispondevo”.
“Durante la pandemia si è ridotta l’intelligenza emotiva mondiale, abbiamo chiuso le emozioni in un cassetto”
Se l’obiettivo è chiaro, il modo per ottenere il risultato lo si trova. Dal rapporto State of Heart emerge che mentre il livello di intelligenza emotiva dei boomers sia più alto dei millennial, il dato è invertito riguardo l’empatia. Costruire un terreno d’incontro emotivo tra generazioni è una delle sfide che le aziende dovranno affrontare per gettare le basi del futuro. L’intelligenza emotiva in ambito organizzativo serve proprio a creare degli spazi di apertura e confronto dove l’obiettivo non è avere ragione ma potersi sentire liberi di esprimere un’opinione, essere ascoltati e crescere insieme.