Con i vaccini europei si immunizzeranno il 40% dei nipponici, il paese però è diviso: cittadini e scienziati vogliono posticipare i Giochi, lo stato d’emergenza è stato esteso ma il governo non vuole rinunciare all’evento
Cento milioni di dosi di vaccini che partono dall’Europa con destinazione Giappone. Una soluzione per aiutare il paese a uscire dalle sabbie mobili e immunizzare la sua popolazione a meno di due mesi dall’inizio dei Giochi Olimpici di Tokyo, in programma dal 23 luglio al 7 agosto prossimo (con le Paralimpiadi di scena dal 24 agosto al 5 settembre). La decisione dell’Unione Europea manda un messaggio chiaro e di speranza in uno dei momenti più complicati nella storia recente dei nipponici, che in larga parte si sono detti contrari alla decisione del governo di continuare nell’organizzazione della manifestazione a cinque cerchi, mentre l’emergenza sanitaria resta una minaccia seria e le contromisure non si rivelano efficaci.
Il governo non vacilla ma ha tutti contro
Le preoccupazioni abbondano nel Sol Levante, tanto che le autorità locali hanno deciso di estendere in gran parte del territorio (Tokyo incluso) lo stato di emergenza fino al 20 giugno, cioè a 33 giorni giorni dal via delle Olimpiadi. “Pur se la curva delle infezioni è in calo in alcune aree, a livello generale lo scenario è ancora imprevedibile”, ha dichiarato il premier Yoshihide Suga, le cui parole cozzano, però, con la ferrea volontà del governo da lui guidato di portare a termine a ogni costo la rassegna olimpica. L’incertezza non è condivisa dai cittadini, con quasi il 70% che rinuncerebbe o posticiperebbe volentieri l’impegno organizzativo, come richiede pure il sindacato nazionale dei medici, per cui i Giochi sono considerati molto pericolosi. A sintetizzare le varie iniziative del malcontento popolare, degli esperti sanitari e di figure di spicco del paese (come Masayoshi Son, presidente e Ceo di SoftBank) è stato l’Asahi Shimbun, uno dei principali quotidiani nipponici e primo media a sciogliere le riserve e schierarsi contro Tokyo 2021. E per capire la portata della mossa, va tenuto a mente che il foglio non solo è distribuito in oltre 5 milioni di copie al giorno ma è, anche, uno dei partner ufficiali della manifestazione.
Campagna vaccinale in grande ritardo
L’ostacolo maggiore per la buona riuscita del grande evento è il ritardo della campagna vaccinale nipponica, che continua ad andare a rilento e fa segnare una cifra inferiore al 10% nella percentuale dei 126 milioni di cittadini che hanno ricevuto almeno la prima dose. Approvando i vaccini in maniera meno rapida rispetto agli altri paesi, in virtù dei test aggiuntivi che esegue il governo giapponese – Pfizer-BioNTech a metà febbraio, AstraZeneca e Moderna solo il 21 maggio – il paese ha avviato le procedure tardi (fin troppo per chi ha in programma di ospitare migliaia di atleti a partire da luglio, ma non gli spettatori, che non saranno ammessi se provenienti dall’estero, mentre per quelli locali la presenza è tornata in discussione e si deciderà più avanti) iniziando dagli over 65 ad aprile inoltrato. L’accelerazione è quindi necessaria e a tal proposito sono stati attivati due centri di grandi dimensioni a Tokyo e Osaka.
Il rischio del ceppo olimpico
Al netto della crescente diffidenza della popolazione locale verso i medicinali prodotti all’estero, il Giappone ha necessità di recuperare il terreno perso e per questo l’invio di 100 milioni di vaccini stabilito da Bruxelles è una mano santa per il conto alla rovescia verso il 23 luglio. Secondo le previsioni, infatti, la donazione del Vecchio Continente consentirà di vaccinare circa il 40% dei residenti nipponici. “Sosteniamo lo svolgimento dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Tokyo in modo sicuro, questa estate, come simbolo di unità globale nella sconfitta del Covid-19“, è il messaggio condiviso dalle parti in causa. La mossa non cancella, tuttavia, il timore che attanaglia i giapponesi, con Naoto Ueyama, guida del sindacato dei medici che vorrebbe evitare il rischio del cosiddetto ‘ceppo olimpico’, cioè una nuova variante del coronavirus. “A Tokyo potrebbero essere concentrati tutti i diversi ceppi, perciò non si può escludere il potenziale sviluppo di un nuovo ceppo, che sarebbe una tragedia”.