Prima iniziativa di Social Responsability, è una piattaforma online che connette le aziende italiane ai talenti all’estero
L’Italia come nuovo polo europeo di attrazione per i talenti che sono andati all’estero. Talents in Motion è il progetto di Patrizia Fontana, oggi trasformato in una startup, che mira ad azioni concrete formative, legislative e fiscali a supporto del Paese. Si tratta della prima iniziativa di Social Responsability promossa da oltre 40 gruppi partner che vogliono riportare nel Belpaese i giovani che si sono trasferiti altrove per lavoro.
Di cosa si tratta
Le imprese, le associazioni, le istituzioni e le università unite per attrarre la circolazione dei talenti in Italia. E, per far sì che le giovani menti rimangano dove sono nate. Talents in Motion è una piattaforma online che connette le aziende italiane ai talenti all’estero, promuovendo le opportunità lavorative dell’Italia. Si vuole dare una visibilità internazionale. I talenti possono trovare tutte le informazioni necessarie sul contesto fiscale, legale e amministrativo e trovare articoli ad hoc che valorizzino il panorama aziendale italiano.
“È noto il gap che separa il nostro Paese dai partner comunitari in termini di competenze digitali e know-how tecnologici, oggi patrimonio indispensabile tanto per le grandi imprese quanto per le PMI”, ha affermato Patrizia Fontana, Presidente Talents in Motion. “Vogliamo implementare l’offerta formativa grazie al coinvolgimento delle Università italiane. Vogliamo accelerare lo scambio di conoscenze e favorire così l’attrattività del nostro Paese per i talenti italiani e stranieri. L’obiettivo è, tra un anno, di misurare l’efficacia degli sforzi sostenuti da tutti i partner in un Forum. Contiamo di arrivare forti di 250 aziende sostenitrici che si saranno unite al progetto, in buona parte anche PMI. Una crescita che si traduce anche in incremento del PIL e in un maggior numero di occupati qualificati”.
Perché i talenti scappano all’estero
Sono tante e varie le motivazioni che spingono, soprattutto, i giovani a trasferirsi all’estero. Tra queste la ridotta crescita economica del Paese e i limitati investimenti in innovazione. Dagli ultimi dati disponibili è emerso che, in Italia, la fuga dei cervelli ha un costo di circa 14 miliardi di euro l’anno, equivalente a un punto percentuale del PIL. Si comincia da quando si è studenti: in 81mila, infatti, hanno scelto percorsi professionali fuori. “Siamo ultimi per crescita, abbiamo finanziato la spesa corrente e ridotto gli investimenti”, ha sottolineato Veronica De Romanis, docente presso la Luiss e Stanford University di Firenze.
“Nella formazione rispetto alla media OCSE siamo molto indietro in termini di istruzione secondaria. Troppi giovani in Italia non lavorano e non studiano. I NEET sono pari al 25% contro il 10% della Germania. Il tasso dei laureati in Italia tra 25-34enni è la metà degli altri Paesi. Siamo in forte ritardo in tutti gli indicatori che misurano la vitalità e le prospettive di un sistema economico. Tutto questo si traduce in perdita di PIL che a sua volta alimenta la ridotta attrattività. Nell Talent Attractiveness Indicator elaborato dall’OCSE, l’Italia si posiziona in coda alla classifica (su 36 Paesi). Sia per quanto riguarda l’attrattività di manager stranieri sia per quella dei lavoratori con master o dottorato. Occorre stimolare, anche grazie ad iniziative terze come Talents in Motion, una riforma della Pubblica Amministrazione, della scuola e dell’università e adottare politiche fiscali realmente incentivanti”.
I dati
Durante la presentazione di Talents in Motion, avvenuta a Milano, sono stati esposti i risultati dell’indagine “Talenti italiani all’estero. Perché tanti partono e pochi ritornano”, condotta dall’Ufficio Studi di PwC Italia su 130 giovani talenti italiani che vivono e lavorano all’estero. Il campione è composto per il 53% da donne e per il 47% da uomini provenienti da 20 diversi paesi. E’ rappresentato per il 43% da under 30 e il 90% ha almeno una laurea. Sono state individuate le principali ragioni che spingono i talenti italiani a spostarsi all’estero. Così come le motivazioni per cui sarebbero disposti a ritornare in Italia e i principali fattori che disincentivano il loro rientro.
Il 50% è in fuga dalle criticità del mercato globalizzato e solo il 29% è a caccia di opportunità in un mondo globalizzato. Gli expat vedono l’Italia come un Paese dalle scarse prospettive. L’85% ritiene che il paese in cui lavora offra migliore contesto professionale e maggiori prospettive di carriera rispetto all’Italia. Il 26% non tornerebbe più in Italia, anche a fronte di un’offerta più remunerativa o prestigiosa. Il 68% tornerebbe, ma solo a fronte di una posizione con uguale o maggiore prestigio e remunerazione. Significativo notare che il 60% dei talenti da quando è all’estero non ha più cercato opportunità in Italia, solo il 16% resta attivo nella ricerca.