Anno 2023 d.C. Digitalizzazione, organizzazione del lavoro prevalentemente a matrice, tecnologia che diluisce i contorni tra vita e lavoro, confronto tra le diversità di genere, razza, cultura, età, aumento della remotizzazione, lavori a chiamata, occasionali e temporanei che disegnano nuovi equilibri umani e sociali, flessibilità come il benefit più richiesto. Mentre il mondo del lavoro si confronta con cambiamenti epocali, la pratica manageriale ha scelto di fermare l’orologio dell’evoluzione, restando pressoché indifferente al modo in cui le persone scelgono di lavorare, vivere e fare esperienza della propria vita. Il vintage fa tendenza! Il jurassic management vince il podio tra le piaghe post moderne grazie alla sua chirurgica capacità di generare costi inutili per le aziende, le persone e l’intera economia.
Nell’era dei dati non sono certo le informazioni a mancare: la ricerca estensiva di Gallup, condotta analizzando 30 anni di dati raccolti intervistando oltre 10 milioni di collaboratori e manager in 160 Paesi, informa che il problema più serio che il mondo si troverà ad affrontare nei 5-10 anni a venire sarà il declino del dinamismo economico e della produttività.
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La sentenza è chiara e senza appello: questi problemi potranno essere risolti ma le soluzioni non arriveranno dai governi o dalla politica, perché non si tratta solo di errori di processo, il muro da abbattere è culturale ed è tenuto in piedi dall’incapacità diffusa di massimizzare – come direbbero gli economisti – o di far fiorire, come piace dire a noi, il potenziale umano.
Nel 2023 d.C. solo il 20% dei lavoratori di tutto il mondo si dichiara felice e coinvolto e ritiene di svolgere un lavoro dotato di significato, in cui è possibile crescere per competenze e conoscenze. L’economia globale del XXI secolo è nelle mani di questo 20% di lavoratori, una specie protetta in bilico tra estinzione ed evoluzione. Già, perché il restante 80% va avanti per inerzia, o peggio, odia il proprio lavoro, i propri manager e le aziende.
Usi e costumi ai tempi del jurassic management
Nel 2023 d.C. la maggior parte delle persone pensa e crede ancora che se una cosa piace, diverte, appassiona sì, ok, ma anche meno… perché ciò che conta è il dovere! L’homo giurassico soffre, si arrotola nelle paludi del sacrificio, lavora duro, ogni tanto va al mare, quel tanto che basta per non sentirsi in colpa con se stesso e il mondo, e poi torna al lavoro.
E lavora tanto, non ha mai tempo, corre, si affanna. Il dovere è lo stargate per il successo (materiale) e la felicità (apparente). Ed ecco che diventa costume del tempo credere anche che: business is business (contano i numeri, il profitto, non le persone, la felicità); più sei tecnicamente competente più fai carriera (contano le hard skill, mentre le soft skill sono un di più); più ore passi al lavoro meglio è per la tua carriera (conta la presenza fisica, non la qualità delle energie che investi in ciò che fai).
Si crede nella legge della giungla e nella “lotta per l’esistenza”. Le organizzazioni e i sistemi sociali si basano spesso sulla competizione, l’individualismo, le gerarchie, il profitto a qualsiasi costo. È uso e costume, negli ambienti giurassici, che i processi organizzativi e i sistemi di performance siano disegnati su obiettivi individuali sempre più sfidanti. Nelle sale meeting, in mensa, negli spazi virtuali o alla macchinetta del caffè risuona perenne e noioso il ritmo tribale del conflitto tra funzioni e dipartimenti, tra potere ed ego.
Il livore aggrotta le ciglia, gonfia i polmoni, irrigidisce i cuori e strizza gli animi di persone che investono gran par- te del loro tempo ad accusare o essere accusati, a giudicare o essere giudicati, ad attaccare o a difendersi. Come in ogni grande conflitto, anche in questo caso l’homo giurassico si concede però tregue concordate in cui giocare alla “pace” partecipando a convention, team building, cene e feste di Natale con indosso il sorriso migliore.
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Si crede che “tanto sono fatto così non posso cambiare”. Anche in questo caso siamo di fronte ad una credenza illusoria, smentita dalla scienza e dalla sapienza. Sì, perché millenni di evoluzione dimostrano il contrario, ma l’homo giurassico sa compiere gesti atletici elegantissimi per evitare se stesso e aggrapparsi agli alibi. È uso e costume, negli ambienti giurassici, alzare gli scudi dell’“abbiamo sempre fatto così” o “tanto non cambia nulla” e su questi disegnare il proprio profilo di serial killer dell’evoluzione.
Ogni impero è destinato ad estinguersi, gli ambienti di lavoro giurassici hanno ridotto lo scopo del business al profitto di pochi, generando ferite ecologiche, sociali ed economiche. Il livello di tossicità e la sofferenza nei luoghi di lavoro sono fuori dal tempo. Il management e le culture giurassiche hanno prodotto lavoratori demotivati e infelici, carenti di energia e idee, persone in fuga da un mondo che si sta sgretolando e in cui quello che sembrava funzionare, di fatto non sta più funzionando.
I clienti si stanno evolvendo: scelgono e utilizzano nuove informazioni e scale di valore; scambiano la fiducia con la reputazione, la credibilità, la risonanza; valutano i comportamenti; sono disposti a votare con il portafoglio chi rispetta e si prende cura non solo del prodotto e del servizio ma anche dell’ambiente, del territorio e di chi lo abita. Sono ora coloro che dettano il ritmo della vita organizzativa in termini di cultura, processi e comportamenti a dover cambiare, e proprio di loro (dei manager giurassici) torneremo a parlare quando esploreremo la sala a loro dedicata nel museo virtuale del libro Stop jurassic management – Persone, ambienti e culture del lavoro (FrancoAngeli).
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Quali sfide attendono la società di domani? Quali sono i rischi e quali le possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico? Per la rubrica “Futuro da sfogliare un estratto del libro Stop jurassic management – Persone, ambienti e culture del lavoro (FrancoAngeli) delle imprenditrici Daniela Di Ciaccio e Veruscka Gennari.