Che cosa signfica fare l’imprenditore a Berlino? Quali i vantaggi? Quali le difficoltà? Abbiamo deciso di affrontare il tema sentendo direttamente la voce dei protagonisti. Qui l’intervista a Lorenzo Musiu, founder e CEO di Impolite Media
Ha fondato una startup, Impolite Media, che sviluppa sceneggiaturre e campagne pubblicitarie creative e ha scelto Berlino come città in cui farla nascere e crescere. Lorenzo Musiu è il primo imprenditore italiano a Berlino che intervisto. Ho deciso di iniziare da lui perché oltre ad essere un esempio lampante di “startupper” – nel senso che ha avviato la propria attività senza iniezioni di capitale, per così dire “nel garage di casa” – Lorenzo ha anche conosciuto da vicino il mondo delle startup quando, nel 2015, ha girato “Fking Amazing”, un documentario sul fenomeno della tech industry. Lorenzo in quell’occasione ha intervistato 220 persone facendo il in giro per il mondo.
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L’intervista
Lorenzo, raccontaci in poche parole di cosa ti occupi
Molto in breve: ho iniziato a lavorare a Sky TV Italia per poi passare a lavorare come libero professionista per produzioni specialmente fashion e advertising a Milano. Mi sono trasferito nel 2013 a Berlino dove ho lavorato per due anni come Creative Director per una startup e successivamente come country manager Germania per un’agenzia pubblicitaria con base a Milano. Alla fine del 2017 mi sono reso indipendente ed ho fondato Impolite, nata inizialmente come network Europeo di professionisti nel campo della produzione audio video, trasformatasi ora in una Agenzia di Produzione e Creatività. Con Impolite occupo di scoprire registi e fotografi talentuosi in giro per il mondo con i quali sviluppiamo sceneggiature o campagne pubblicitarie da proporre a brand internazionali. Metto in contatto la necessità dei brand di condividere contenuti sempre freschi ed innovativi per un pubblico sempre più frammentata ed esigente e la necessità di registi, direttori creativi e produttori di produrre i contenuti che amano senza dover passare dalla classica filiera produttiva, lenta ed inefficiente.
La tua base in Italia dal punto di vista professionale è Milano. Puoi fare un confronto tra Milano e Berlino per quanto riguarda la tua attività?
Io amo Milano. L’estro e la genialità di creativi e imprenditori italiani “based in Milan” è un esempio a livello internazionale. La città sta crescendo a ritmi vertiginosi ed ogni volta che torno sono sempre più orgoglioso di questo gioiello italiano. Berlino in compenso è una città molto internazionale e giovanissima che è riuscita ad attrarre negli ultimi 10 anni i creativi migliori al mondo perché è (ancora per poco) molto economica ed allo stesso tempo, ovviamente, la capitale di uno dei paesi più importanti a livello internazionale. Questa accessibilità ha fatto in modo che la città diventasse estremamente variegata ed open minded. Arrivato a Berlino sono entrato da subito in contatto con persone provenienti da tutto il mondo che condividono le stesse passioni, aperte a sperimentare. A Berlino è più facile fare network anche perché la densità di creativi, producers e imprenditori (soprattutto tech) è molto alta. A Milano ancora l’inglese è poco usato, la vita è decisamente più costosa, artisti e creativi in grado di esprimere le proprie idee sono gemme, la società spesso sembra non essere aperta alle novità. D’altro canto, mentre i grandi brand e le grandi agenzie in genere non sono a Berlino, ma principalmente ad Amburgo o nel sud della Germania, Milano è per l’Italia il centro dell’industria pubblicitaria e finanziaria, quindi di certo “the place to be” se fai quello che faccio io.
Ti senti un “cervello in fuga”?
A questa immagine associo quella di me fresco 23enne con una valigia nuova che prendo un aereo per trasferirmi “alla Germania”, come direbbe mio nonno, lasciando molte comodità con la consapevolezza che qualcosa di buono sarebbe successo. E infatti. La domanda che mi faccio spesso è “in Italia tutto ciò è possibile?”. Nel 2015 girando “Fking Amazing” ho intervistato 220 persone in giro per il mondo e il punto in comune che ho trovato sta proprio nell’importanza del “percorso”. Chi parte lo fa perché lo ritiene necessario per la propria crescita, molti ritornano indietro subito, molti altri fanno la fortuna del Paese che li ospita. Non chiamerei il fenomeno “fuga di cervelli”, piuttosto “corsa dei cervelli”.
Sapresti indicare tre conquiste che, nella tua vita professionale o quotidiana, hanno rappresentato un chiaro miglioramento rispetto al passato?Sapresti indicare tre grossi pericoli che ritieni possano compromettere il tuo futuro?
Questa è una domanda da 1M di dollari! Te ne indico una: internet perché rende il mondo sempre più accessibile e la conoscenza sempre più facilmente condivisibile.
E ancora: internet perché può diventare uno strumento distruttivo nelle mani sbagliate. E ci sono evidenti segni e accadimenti che lo confermano.
Quando si parla di persone o argomenti a cavallo tra due culture, come nel nostro caso tra quella italiana e quella tedesca, si scade quasi sempre in beceri luoghi comuni, sei d’accordo? A tuo avviso, esistono luoghi comuni particolarmente diffusi e falsi nei rapporti tra italiani e tedeschi?
Per me tutti i luoghi comuni sono in qualche modo veri: due anni fa per esempio andai a bere un caffè con uno dei produttori del mio film e per gioco chiedemmo un caffè in un calice da spumante con un cubetto di ghiaccio. Il barista con il terrore negli occhi ci disse che la cosa non era assolutamente possibile. Allora chiedemmo un caffè, un calice e un cubetto di ghiaccio a parte. Una volta ricevuti i nostri 3 elementi cautamente separati, prendemmo il cubetto di ghiaccio e insieme al caffè mischiammo tutto nel calice.
Parlando di cose serie: fare business con i tedeschi è una figata. L’onestà e la schiettezza tipiche dei tedeschi sono i valori che più mi hanno fatto crescere molto negli ultimi 7 anni. I tedeschi sono contenti di trasmettere conoscenza e condividere informazioni senza aspettarsi nulla in cambio. La complessità culturale che deriva proprio da una storia che tutti conosciamo e che si è sviluppata in una determinata direzione soltanto negli ultimi 30 anni, plasma una comunità compatta e ben organizzata. Generalizzando, il senso di comunità ed il senso di responsabilità sono molto spiccati – il che è senz’altro una risorsa: se ti lamenti di qualsiasi malfunzionamento vieni preso sul serio e si trovano immediate soluzioni al problema.
Insomma, come ti senti a Berlino? Per favore non dirmi che ti manca il sole e la pummarola, parliamo di cose serie!
Berlino è una delle città migliori al mondo in cui vivere, iniziare un business, passare del tempo senza dover correre dietro a nulla o semplicemente essere creativi e liberi.
Aprire un business in Germania è relativamente veloce, anche se il sistema è ultra burocratico. Il mio consiglio è di prendersi del tempo per trovare un buon commercialista (merce rara!) con esperienza e che abbia la pazienza di guidare un nuovo imprenditore ad interagire con le tax authorities tedesche, prima di correre dal notaio.
Il rapporto con il fisco è molto diretto, è facile avere una comunicazione veloce e per telefono con il Finanzamt. Questo è da contrappesare con una massiccia comunicazione cartacea a volte al limite del delirio. Berlino e soprattutto la regione del Brandeburgo appoggiano molto giovani imprenditori, soprattutto nel campo delle tech companies.
Berlino per me è una delle migliori “palestre imprenditoriali” al mondo. La base perfetta per iniziare a lavorare su nuove idee. Poi però per iniziare ad avere un guadagno vero e proprio ci si deve spostare fuori dalla città.
Quindi ‘all in all’ Berlino è uno spettacolo, se si riesce a sopravvivere all’inverno!