Perché le aziende hanno così tanta difficoltà ad attrarre giovani talenti? Come mai si verifica una incomunicabilità che incide anche nella ricerca del lavoro? I suggerimenti di Fabiana Andreani, una delle massime esperte italiane in orientamento e carriera, seguitissima sui social
Il mio lavoro di creator era partito con l’aiutare le nuove generazioni a trovare lavoro tramite consigli in pillole ma ora si sta spostando verso l’aiutare le aziende a comunicare al meglio con i candidati più giovani. I talenti, termine stra-abusato negli annunci come riconosceva anche Luisa Carrada, sono sempre meno e assicurarsi non solo la loro presenza come dipendenti, ma anche un posizionamento di valore nelle loro menti, è diventata priorità per le maggiori strutture. Ma perché è diventato così difficile attrarre la Gen Z?
Ogni generazione di per sé è rivoluzionaria: quindi lungi da me proporre questa come la migliore. La Gen Z è però quella che per prima sta vivendo l’entrata nel mondo del lavoro e le prime scelte determinanti per la propria vita nel grandangolo dei social. Fonte preziosa di informazione, senso di community e ispirazione, i vari social media – causa sfruttamento della carica emotiva come volano per gli algoritmi – propongono i varie occasioni anche visioni parziali, modelli inadeguati e polemica sterile. Non sono discorsi nuovi: i media sono sempre stati accusati di inneggiare alla devianza. Quando ero piccola c’era Carl Popper con “Cattiva maestra televisione” e, tornando indietro, potremmo partire dalla Giovine Italia, passando per la beat generation mostrata al Festival di Sanremo negli anni ’60.
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La differenza di oggi è nella modalità di creazione contenuti e partecipazione alla discussione: in mano praticamente a tutti, senza pressoché filtri, con un anomimato a proteggere molti e con una modalità di fruizione bottomless. Per questo, la Gen Z è allo stesso tempo la generazione più istruita ma anche più bombardata da stimoli della Storia.
Questi due elementi non la rendono però per forza la più informata e saggia. Di sicuro è la prima generazione a chiedere in maniera estensiva il perché delle cose e a non accettare per dato di fatto molte delle situazioni che, chi è a nato prima, ha trovato sulla propria strada. Più consapevole della fragilità del mondo, meno convinta che il progresso porti per forza benessere, meno legata alle istituzioni (lavoro, chiesa, politica…) come fonte di identità, più prosaica negli obiettivi di carriera ma legata all’idea del lavoro come impatto sociale coerente con i propri valori: i tanti report di società di consulenza e servizi per l’impiego li descrivono così, senza dimenticare che si tratta anche di una generazione poco numerosa, visto la progressiva diminuzione delle nascite. Parliamo di persone che ora, nei loro vent’anni, contano numericamente meno della metà dei loro genitori. Meno candidati ma più consapevoli, meno disposti a dare il loro tempo senza un reale significato, attratti dell’equilibrio vita-lavoro come dalla stabilità economica ma con l’idea di essere sempre loro alla guida della propria carriera, con l’idea di non fermarsi solo in un’azienda. In pratica, la tempesta perfetta! Come aggiustare il tiro nella ricerca di candidati o talent attraction?
Annunci
Sì, esistono ancora ma la loro efficacia è in costante diminuzione. Anche se ChatGPT, almeno fino a luglio 2023 – data di quest’articolo-, non sembra superare a conti fatti l’efficacia di un annuncio perfezionato da un selezionatore umano, siamo sempre più lontani dall’idea che basti mettere un annuncio per avere candidati, specie per ruoli rari come i profili tech. Ma anche con i neolaureati in generale gli annunci non funzionano. I job title sono complessi, la descrizione piena di paroloni e numeri fini a nulla per un candidato e spesso sono presenti anche codici /riferimenti utili più per HR interni che non per lettori che cercano di capire il match tra il loro profilo e la posizione.
Come migliorare? L’AI in questo già ci aiuta. Lato recruiter, alcuni software ATS svolgono una funzione di parsing and matching ovvero, sulla base delle parole chiave del CV, possono fornire al selezionatore un ranking sulla compatibilità del profilo con le posizioni in quel momento aperte.Lato candidato, sono già disponibili funzioni in alcune piattaforme come LinkedIn Premium e joinrs.com che guidano il candidato tra le posizioni più in linea, sia per il proprio profilo che per i valori o l’ambiente di lavoro che ci attendiamo di trovare. Ma non dobbiamo lasciare tutto all’intelligenza artificiale. Gli annunci sono touchpoint importanti per il candidato che non deve ridursi a interpretare tra le righe quello che un’azienda può offrigli, ma ha bisogno di avere nero su bianco dettagli su valori dell’azienda, tipo di ambiente, chiarezza sui contenuti della posizione e, se in stage, su cosa verrà formato. Nice to have obbligatorio: il range di retribuzione. Gli annunci su Linkedin di Barilla e Ferrero, in questo, sono da tenere come esempio (anche se ancora non vedo la retribuzione).
Candidature
Un video virale su TikTok ironizzava sul fatto che i Millennial (nati tra il 1981 e 1996. Here I am!) non riuscissero ancora a scrivere mail importanti dal cellulare. Senza generalizzare, la generazione successiva affida tante attività al mobile e indubbio che tra queste ci sia anche la ricerca di lavoro. Una candidatura deve essere quindi gestita interamente da mobile, con siti responsive, senza eccessivi moduli da compilare e contenuti da copiare e incollare dal CV. Anzi, dirò di più: visto che può succedere che il curriculum aggiornato non sia nel cellulare, è bene pensare a una candidatura che non preveda questo. Come? Attraverso moduli (come Typeform o Google Moduli) con killer question sulle competenze o esperienze, brevi cenni anagrafici e uno spazio per descriversi. Per posizioni entry level, questo evita sia le candidature spam (un pochino devi pensarci prima di rispondere) ed elimina il drop rate di chi magari vede l’offerta da cellulare e poi non si ricorda dove fosse.
Prenza On e Off line
Qui, se siete HR a vario titolo, avrete pensato “E che non ci siamo?” Sì, ovvio che ora qualsiasi azienda sia online con almeno un sito e una pagina LinkedIn ma, sono fatti bene? Ci sono le info a misura di Gen Z? Non solo quindi le celebrazioni aziendali, la storia della famiglia dei proprietari o i premi ma informazioni necessarie in un sito career dovrebbero essere:
- Quali tipo di ruoli e quali carriere sono possibili?
- Come funziona il processo di selezione?
- Chi incontrerai del team? (Con magari delle foto)
- Quali sono i valori nei quali crediamo e come li mettiamo in pratica? (Con storie di recenti iniziative)
- Cosa imparerai? Come verrai formato?
- Cosa valutiamo nel potenziale?
- Testimonianze video
A livello di LinkedIn bene ingaggiare gli ambassador aziendali, veri influencer delle singole aziende, in grado di comunicare al meglio, con contenuti di qualità, il valore dell’azienda. E sugli altri social tipo Instagram o TikTok? Se vogliamo attrarre le nuove generazioni sono un presidio importante. Hai mai cercato il nome della tua azienda su TikTok? Beh, sappi che potresti avere delle sorprese. Tanti sono infatti i video di denuncia, più o meno velata, su condizioni inique, orari assurdi, proclami che poi non vengono mantenuti. TikTok solo per contenuti futili? Direi che è un’opinione del passato visto anche società di consulenza come Pwc Ireland, Kpmg Malta, BCG hanno i loro account che -finalmente- raccontano il mondo della consulenza con più autenticità. E Instagram? Per non limitarsi ad essere un account vetrina, l’idea è sempre quella di produrre contenuti di valore per la propria nicchia: consigli ma anche esempi, per poter sfatare pregiudizi su determinati settori. E’ il caso questo di Lidl Italia che, attraverso l’account @lidlcareeritalia dà consigli su carriere e colloqui ma mostra anche i valori e l’ambiente di lavorare nei vari ruoli della GDO. Sempre sul filone dei contenuti di valore, merita la citazione anche Go Generali ecosistema digitale di Generali Italia, che raccoglie posizioni di lavoro, corsi gratuiti con attestato, eventi di formazione e possibilità di riscattare premi, tutta in una stessa piattaforma. A completamento di questo quadro, menzione anche per l’importanza delle community di settore quando la ricerca di talenti è molto specifica.
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E’ il caso di Datapizza, media company under 30 in rapidissima ascesa dedicata al mondo dati, AI e tech che integra produzione di contenuti su varie piattaforme, eventi oltre che una ricca raccolta di annunci per il tech nel loro sito. La candidatura, nemmeno a dirlo, è velocissima. E off-line? La possibilità di fare Open Day con dei mini-workshop funziona tantissimo sul territorio più della semplice partecipazione a fiere del lavoro.
Il motivo? Le persone vogliono vedere dall’interno l’azienda, capire l’ambiente ancora prima di candidarsi. Se poi si rilascia anche un attestato di partecipazione o open badge da mettere su LinkedIn o nel CV, avrete fatto bingo: il tema formazione è molto sentito dalle nuove generazioni soprattutto quando si associa a certificazioni o attestati.
Selezioni
Capitolo enorme che potrebbe diventare un nuovo articolo (forse lo diventerà) ma la parola d’ordine da tenere in mente è la trasparenza. Questo vuol dire spiegare le modalità di selezione e su cosa verteranno le prove. Presentarsi in maniera autentica, senza proclami, ma puntando su cosa l’azienda offre al candidato in termini di formazione e crescita, cosa ci si aspetta dalla persona e come sarà valutata. Dare informazioni sull’iter di selezione e sulle tempistiche. Informare del contatto da tenere in considerazione nel caso ci fosse bisogno e soprattutto dare feedback, anche se negativi. In questo l’automazione può venirci d’aiuto ma sempre con un tocco di umano, come per esempio la risposta mostrata da Matteo Ornati su Linkedin a proposito di una candidatura in Serenis.
L’azienda può essere etichettata come “tossica” anche solo dall’esperienza di un colloquio quindi da possibilmente evitare anche stress interview, domande volte a mettere a disagio la persona, a favore di domande comportamentali o role play. Qualche tempo fa avevo chiesto alla mia community quali domande volesse sentirsi chiedere ad un colloquio e le risposte sono state più che illuminanti. Se possono essere d’ispirazione, le ho raccolte in questo post su LinkedIn