Attraverso tre fattori fondamentali si sviluppa il modello dell’azienda che accelera startup su misura, in un’isola controcorrente
Enry’s Island è una piattaforma di incubazione e accelerazione unica nel suo genere. Ha diverse sedi in giro per il mondo ed è il luogo ideale per fare business. «L’isola è una sorta di Utopia di Thomas More, in cui si ricreano le condizioni ideali per fare impresa – racconta Luigi Valerio Rinaldi, CEO e Founder di Enry’s Island – e gli ingredienti fondamentali sono: Concept, Competence e Capital. Sono un po’ come il Flusso Canalizzatore di Ritorno al Futuro, si aggregano gli elementi necessari per cui si possa verificare la business creation, che è l’effetto di questa alchimia. Enry (da cui prende il nome il progetto, ndr) è l’interlocutore ideale che si realizza facendo business, che ricrea un proprio ecosistema sull’isola. Noi siamo un arcipelago di isole, nella misura in cui ogni isola ha il suo Enry».
Luigi Valerio Rinaldi racconta che appena tornato dalla Silicon Valley, 13 anni fa, ha deciso di creare a Pescara un ecosistema partendo da zero: «La missione è stata molto ardua ma molto motivante, perché tornare in Italia risponde proprio ad un concetto e una ricerca di qualità della vita che l’isola vuole dimostrare e vuole evocare». Il Presidente di Enry’s Island in Irlanda è Michele Costabile, un riferimento importante nel sistema italiano ed europeo. È stato chairman e CEO di alcuni tra i più grandi operatori italiani di venture capital tra cui Principia SGR. Oltre all’imprenditoria è famoso anche a livello accademico per aver insegnato sia alla LUISS che alla Bocconi. In occasione dell’inaugurazione Costabile ha definito Enry’s Island “Il varo di un’isola controcorrente”. «Il concetto che voleva evocare Michele Costabile – spiega Rinaldi – è proprio quello di un’isola che, seppur apparentemente statica, staccata dal continente, è molto dinamica. Dinamica nella misura in cui ha dei valori, ha delle visioni, ha un manifesto, ha degli obiettivi di business ben definiti e li persegue in maniera alternativa».
Enry’s Model
Il modello di Enry’s Island crea un taglio nuovo attraverso i tre fattori fondamentali per la creazione di valore aggiunto. Questi ingredienti devono rispondere a precisi criteri: il concept non basta per fare business e quindi servono anche le competence. Significa non solo competenze verticali in ambito tecnico, nel caso del mondo digital IT, ma tutte quelle competenze necessarie e ben distribuite in modo eterogeneo, mostrando e mettendo in campo tutti gli organi di cui un’azienda ha bisogno. Rinaldi spiega: «Le competenze vanno da quelle più operazionali fino a quelle più infrastrutturali, quelle competenze che le startup sottovalutano e sottostimano, ma che invece gli investitori reputano fondamentali». Il capital è la benzina perché si inneschi una reazione: è necessario ma non è sufficiente, perché il capitale va ricercato solo quando si è in condizioni e nella posizione di chiederlo. «Quindi i tre elementi sono imprescindibili e si ritrovano nel concetto di isola. La metafora dell’isola, su cui noi poggiamo, è la metafora di un ambiente ideale e del tutto distribuito e delocalizzato». Infatti, aggiunge Rinaldi, quello che li contraddistingue è proprio una piattaforma distribuita a livello internazionale per l’incubazione e l’accelerazione sia di startup che di business: «I nostri interlocutori sono più all’estero che in Italia. Operiamo con oligarchi russi, come con fondi americani e interlocutori cinesi. L’Italia per noi è più una scelta di down shipping».
L’incubatore Enry’s Island
Enry’s Island ha un vantaggio competitivo molto forte. Nella maggioranza dei casi il 95% degli interlocutori, più che degli incubator, sono dei proprietari. L’incubatrice, in ambito medico, è una macchina che accoglie il neonato bisognoso di cure e lo ospita fino a quando non è in grado di sopravvivere autonomamente. «Noi ci vantiamo di essere parte del processo di sviluppo di una startup. Quindi non arriviamo a cose fatte, ma interveniamo durante il processo di procreazione del business. Nel senso che da noi arrivano startup con un’idea, ma a volte arrivano anche gli investitori prima ancora degli startupper, con un concept o con il bisogno di avere un providing. Noi interveniamo sugli ingredienti mancanti. Da noi può approdare sull’isola una qualunque delle tre componenti e noi facciamo in modo di creare un acting d’integrazione con componenti terzi» spiega Rinaldi.
Profili sartoriali
Enry’s Island non offre programmi standard di incubazione e accelerazione giocando sulla quantità, aggiunge Luigi Valerio Rinaldi: «Abbiamo un modello differente, più rischioso dal punto di vista imprenditoriale perché poi siamo più pesanti dal punto di vista dei costi di struttura perché abbiamo tutti gli ingredienti. Il nostro team di professionisti è composto da manager specialisti che operano per conto di Enry’s Island andando a integrare i vari concept. Questo permette di creare dei programmi sulle singole esigenze. Il nostro ruolo è quello di capire per poi costruire un programma estremamente one to one, che può durare tre mesi, perché magari capiamo che dobbiamo soltanto aiutare l’idea a diventare un prodotto, oppure il contrario il prodotto già c’è e dobbiamo accompagnare nella fase di acceleration e quindi ci lavoreremo per 12/24 mesi».
Enry’s Island non ha un concetto standard, ma preferisce lavorare con profili sartoriali che abbiano tre unità: prodotto, mercato e fundraising. «Quindi se l’Enry’s Model descrive gli ingredienti, quello di cui parlo in questo momento è l’organizzazione aziendale» spiega Rinaldi. Organizzazione in tre business unit: prodotto, mercato e fundraising, ciascuna con i propri professionisti interni: «Per il fundraising non dipendiamo solo da un canale: per noi raccolta di capitali vuol dire utilizzare fondi pubblici, fondi privati, ma anche crowd. Abbiamo professionisti sui tre canali dell’approvvigionamento di capitale».
Le startup
Il portfolio di Enry’s Island è molto variegato e approdare sull’isola è garanzia di qualità. Negli ultimi 12 mesi uno degli imperativi del Crowdfunding sono state le ICO o le ITO. «A questo proposito, abbiamo rilasciato la prima criptovaluta per poi lanciare una ITO in ambito turistico per una delle nostre startup. Lo sviluppo della criptovaluta è avvenuta grazie al team di Enry’s Island. Il team dei founder non aveva queste competenze, era molto forte in ambito turistico, quindi abbiamo sviluppato la piattaforma web e mobile ma soprattutto abbiamo già definito e reso funzionante e registrato le prime transazioni su Stellar» racconta Rinaldi. Un’altra startup su cui stanno lavorando è Luxalia. È un marketplace con base nel Regno Unito, interaziendale, dedicato al lusso e al Made in Italy, dove non si trovano prodotti finiti ma componenti, servizi e anche professionisti. «Per Luxalia stiamo facendo foundraising e dentro ci sono gli investitori di Alibaba.com, quindi sia imprenditori del lusso italiano che imprenditori della finanza russa».
L’Academy di Enry’s Island
L’Academy è un’altra unità che fa di necessità virtù, potenziando la parte di competence. «Noi abbiamo un bisogno costante degli ingredienti. Le competenze sono quelle più difficili da trovare, soprattutto perché il mercato del lavoro in Italia non è così in linea con le frontiere che poi le startup richiedono in termini di technology advance. Per il nostro progetto era difficile cercare le competenze e poi offrirle, con tempi d’attesa troppo lunghi le startup si potevano inaridire». Quindi Enry’s Island ha sviluppato, ormai da diversi anni, l’Academy. Quest’ultima ha la funzione di creare un serbatoio, un vivaio di competenze che il team va a reperire, formare e indirizzare verso le necessità delle loro startup. «Siamo una sorta di ecosistema autonomo» conclude Rinaldi.