La produzione è ferma in ogni nazione e anche le reti vendita sono chiuse. In Europa ci sono 229 impianti di assemblaggio e produzione di veicoli che impiegano direttamente 2,6 milioni di lavoratori che diventano circa 14 milioni di posti di lavoro, considerando tutta la filiera e l’indotto.
“Questa è la peggiore crisi che abbia mai impattato l’industria dell’automotive”. Con questa semplice e quanto mai chiara dichiarazione, Eric-Mark Huitema, direttore generale dell’Acea – l’Associazione Europea dei Produttori di Automobili – ha espresso la situazione che si è creata con lo sviluppo e il progressivo diffondersi dell’epidemia di Covid-19.
La produzione è ferma in ogni nazione e anche le reti vendita sono chiuse. In Europa ci sono 229 impianti di assemblaggio e produzione di veicoli che impiegano direttamente 2,6 milioni di lavoratori che diventano circa 14 milioni di posti di lavoro, considerando tutta la filiera e l’indotto.
Potrebbe trattarsi di un colpo durissimo per il settore, in particolare per l’industria europea che dovrà rivedere i piani industriali e di conseguenza i bilanci delle singoli gruppi con gravi ripercussioni a livello occupazionale.
E ci sono le multe per il superamento dei limiti sulle emissioni
Oltre a questo c’è anche da valutare come impatteranno sui conti le multe, stabilite dall’Unione Europea, che sono entrate in vigore ad inizio anno, per il superamento dei limiti previsti sulle emissioni di CO2. Pesa l’interruzione delle catene di fornitura dei componenti elettrici per i veicoli a basse emissioni – vetture elettriche, ibride e ibride plug-in – che arrivano in gran parte dalla Cina e che non possono essere vendute e prodotte. Per rientrate nei limiti stabiliti per ogni costruttore e arrivare ai 95 gr/km di CO2, ogni marchio deve vendere un certo numero di auto con emissioni ridotte in modo da avere una media “virtuosa”. Ecco perché quest’anno è molto importante non solo quanti veicoli si vendono, ma quali vengono immatricolati.
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Già Febbraio era in negativo
Intanto nel mese di febbraio, ancora esente dalle conseguenze del Coronavirus, il mercato europeo delle autovetture (EU 27+EFTA+UK) ha chiuso a-7,2% rispetto a febbraio 2019, con 1.066.794 unità (erano state 1.149.659 nello stesso mese dell’anno scorso), mentre il primo bimestre ha segnato con una diminuzione del 7,3% e 2.202.010 unità vendute contro le 2.375.791 dei primi due mesi del 2019. Le previsioni per marzo visto l’andamento economico, non sono per niente positive.
In Europa tutto fermo
Andando a guardare la situazione produttiva siamo al blocco totale.
Partendo dall’Italia sono fermi tutti gli stabilimenti del Gruppo FCA fino a fine marzo, Melfi, Pomigliano, Cassino, Mirafiori, Grugliasco e Modena; stop anche a quelli polacchi di Tychy e quelli serbi di Kragujevac. Anche Magneti Marelli e Brembo, aziende leader nella componentistica hanno sospeso le attività.
Il Gruppo Volkswagen, il primo gruppo europeo, ha fermato i 71 siti produttivi in Europa, di cui 28 in Germania per due settimane e il Groupe PSA (Peugeot, Citroen, Opel e DS), secondo costruttore continentale, ha chiuso tutti gli stabilimenti fino al 27 marzo. A questi si aggiungono gli stop di Ford per alcune settimane, Daimler (Mercedes-Benz) per due settimane, BMW Group fino al 19 aprile dove è coinvolto anche il sito sudafricano e Toyota a data da destinarsi.
Renault ha sospeso le attività nei 12 siti francesi e a questi si devono aggiungere i blocchi di Dacia in Romania e nei due impianti in Marocco fino al 5 aprile.
Ferma anche la produzione in Svezia per Volvo fino al 14 aprile mentre le attività a Gand in Belgio ripartiranno il 6. Anche in Gran Bretagna dove ci sono gli stabilimenti di Jaguar Land Rover, Honda, Nissan (che ha chiuso anche in Spagna) è stato stoppato tutto. Colpiti anche i marchi del lusso con Rolls Royce, Bentley, Ferrari, Porsche e Lamborghini con le fabbriche chiuse temporaneamente.
La situazione negli Stati Uniti
A livello mondiale negli Stati Uniti, dopo una lunga trattativa con il Sindacato UAW le “Big 3” di Detroit, General Motors, Ford e FCA, hanno deciso di bloccare la produzione in Nord America così come i costruttori orientali (Toyota, Nissan, Subaru e Hyundai), almeno fino alla fine di marzo.
Sempre negli USA, con un annuncio via Twitter, il Presidente Donald Trump, invocando il Defense Production Act che consente alle autorità di precettare la produzione industriale per l’emergenza in corso, ha richiesto e autorizzato le Case automobilistiche Ford, General Motors e Tesla a convertire parte delle linee produttive dei propri stabilimenti nazionali per realizzare respiratori polmonari e mascherine. Questi saranno poi acquistati dal Governo e distribuiti alle strutture sanitarie di tutto il Paese.
In Cina, invece, stanno ripartendo quasi tutte le fabbriche mentre in India la situazione procede a ritmo ridotto.
La Formula 1
Ma non è solo l’aspetto industriale ad essere colpito, anche le competizioni è stato pesantemente investito dall’epidemia. A farne le spese è stata la Formula 1, che da sempre rappresenta il motorsport. Dopo un tardivo intervento e con tutti i team pronti a prendere il via delle prime Prove Libere, è stato annullato il GP d’Australia a Melbourne a seguito della presenza di casi di Coronavirus all’interno del team McLaren. Sono stati poi rinviati a data da definire i GP del Bahrein e del Vietnam; quello della Cina era stato cancellato precedentemente.
A questi poi si sono aggiunti gli spostamenti della gara in Olanda, in Spagna e in Azerbaijan e per la prima nella storia della F1 non si correrà sulla pista di Montecarlo. Ancora non si conosce la data di inizio del campionato 2020 e il nuovo calendario che tenga conto degli spostamenti, ma le squadre hanno anticipato il periodo di stop regolamentare, per sfruttare il mese di agosto per le corse. Rinviata anche la 24 ore di le Mans a settembre dalla storica data di giugno. Fermo naturalmente anche il Motomondiale ed anche la Formula E con lo monoposte elettriche sta cancellando e rivedendo le prossime gare.