I numeri del sondaggio pubblicato sul Sunday Times sono bizzarri
Come ha giustamente fatto notare un comico su Facebook, se il lavoro di un artista non fosse davvero essenziale allora milioni di persone dovrebbero dimostrare come passerebbero altrimenti il loro tempo senza Netflix (ci lavorano attori), Spotify (ci lavorano musicisti e cantanti), YouTube (i content creator hanno spesso un valore artistico) e molte altre piattaforme digitali che riempiono la nostra quotidianità. Eppure il 70% degli intervistati di un sondaggio pubblicato dal Sunday Times su un campione di mille persone residenti a Singapore sostiene che quello degli artisti non sia un lavoro essenziale. Per lo meno così è stato ai loro occhi – non certo ai nostri – durante la pandemia.
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Il lavoro meno essenziale? Fare sondaggi simili
Nel sondaggio pubblicato sull’edizione cartacea del 14 giugno del Sunday Times, dopo gli artisti gli altri quattro lavori visti come i meno essenziali sono i telemarketer (69%), i social media manager/PR specialist (61%), i consulenti per il business (55%) e i manager delle risorse umane (43%). Al di là dell’attendibilità del campione – non è chiaro se sia rappresentativo o meno – resta il pessimo tempismo di chi ha scelto di commissionare un sondaggio alle porte di una recessione globale che sta già mettendo in crisi il mondo del lavoro.
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Come se non bastasse l’indagine ha chiesto agli intervistati anche quali sarebbero i lavori a cui sarebbero disposti a riconoscere più soldi e a quali no (informazione che vi risparmiamo). Il sondaggio ha anche esplorato le opinioni circa i lavori considerati più essenziali durante la pandemia: tra questi ci sono i dottori (ma va?), gli addetti alle pulizie, gli operatori ecologici e i venditori ambulanti e rider.