Per anni lo ha fatto di nascosto. Ora collabora con una società quotata al Nasdaq
Forse avrete sentito già parlare del Bhutan, un piccolo Stato himalayano che confina al sud con l’India e al nord con la Cina. Ha la fama di essere il Paese più felice al mondo. C’entrano il costo della vita, la presenza di paesaggi naturali incontaminati. Ma perfino questo paradiso ha bisogno di innovarsi. A diversi anni dallo scoppio della pandemia, il Bhutan fatica a ingranare sugli afflussi di turisti. Il settore era il secondo più importante e per tornare ai livelli pre Covid bisognerebbe aspettare almeno fino al 2025. Così la monarchia ha deciso di puntare su un altro verticale: il mining di Bitcoin.
Entro l’anno prossimo il Bhutan dovrebbe ultimare la costruzione di una mining farm da 600 megawatt per minare Bitcoin, la criptovaluta più famosa al mondo. Si tratta di un’operazione che richiede software e hardware e impiega una notevole quantità di energia. Il mining è stato più volte preso di mira dai critici, i quali sostengono che Bitcoin e le altcoin siano energivore e inquinino l’ambiente.
Tutto però dipende dal tipo di energia che si utilizza. Fermo restando il fatto che il mining è energivoro, sempre più spesso il settore si sta spostando verso l’impiego di rinnovabili. Soprattutto là dove costano di meno, come in Bhutan, realtà che vanta un costo dell’idroelettrico molto competitivo.
Ad aiutare il Bhutan in questa operazione c’è Bitdeer Technologies, società quotata al Nasdaq e con sede a Singapore. Bitdeer ha lanciato un fondo con target di raccolta a 500 milioni di dollari. La mining farm di Bitcoin dovrebbe garantire inoltre tra i 300 e i 400 nuovi posti di lavoro. Il rapporto tra il Bhutan e Bitcoin non è però recente. Il Paese ha comunicato che le attività di mining vanno avanti in segreto da anni (da quando Bitcoin valeva 5mila dollari circa).