Gli effetti dei cambiamenti climatici potrebbero influenzare anche la composizione nutrizionale dei raccolti. Abbiamo chiesto al professor Luigi Cattivelli di fare qualche previsione
Ondate di caldo, alluvioni, impollinazione che stenta, siccità in aumento. Sono fenomeni di cui abbiamo letto sui giornali, ma che gli agricoltori conoscono molto bene. La loro esperienza di prima mano racconta di raccolti sempre più difficili. Ma sembra che qualcosa stia cambiando anche nel modo in cui i vegetali stanno rispondendo agli effetti dei cambiamenti climatici.
La minaccia ai micronutrienti
Secondo uno studio, pubblicato da Advanced in Nutrition e ripreso da Civil Eats, la quantità di cibo che il settore agroalimentare mondiale è capace di immettere sul mercato è destinata a diminuire. Ciò porterà ad aumenti dei prezzi, maggiore paura legata a carestie globali, ma anche a variazioni negative nella quantità di micronutrienti contenuti in frutta e verdura. Del resto, la crisi delle pere in Emilia Romagna, che solo nel 2021 hanno segnato un -90% è un segnale che conferma questo trend.
I ricercatori del Johns Hopkins Center for a Livable Future, guidati da Martin Bloem, hanno osservato che i cibi solitamente ricchi di micronutrienti come vitamina A, zinco e ferro, subiranno una battuta d’arresto a causa degli effetti del climate change. Ad oggi, 2 milioni di persone – pari a circa il 30% della popolazione mondiale – soffre di deficit micronutritivi, condizione che provoca lo sviluppo di gravi patologie e che, nei casi più importanti, porta anche alla morte. Gli autori della ricerca sostengono che questa situazione potrebbe peggiorare nei prossimi anni.
Zinco e ferro si trovano nei legumi, nelle noci e nei cereali. Ci si aspetta una importante decrescita dei raccolti proprio di quest’ultima categoria. La vitamina A proviene dai vegetali verdi, frutti gialli e arancioni come il mango. Questa coltivazione è messa a rischio dalle inondazioni che funestano il sud-est asiatico. Una sua deficienza può causare problemi alla vista. Il riso, che sfama 3,5 miliardi di persone, potrebbe scarseggiare a causa dell’erosione costiera e dell’aumento delle temperature. La siccità minaccerà il 60% delle aree dedicate alla coltivazione del grano.
Agricoltura e cambiamenti climatici: cosa sta succedendo in Italia e in Europa?
L’Italia è uno dei Paesi in cui l’agricoltura rappresenta ancora una voce importante del Pil nazionale. Secondo Luigi Cattivelli, Direttore del Centro di Ricerca Genomica e Bioinformatica CREA, “il fattore determinante legato ai cambiamenti climatici è l’aumento delle temperature medie. Gli inverni sono più miti e le estati più calde rispetto a quelli del secolo scorso”.
Ma se l’aumento della temperatura è un fattore generalizzato in tutto il mondo, c’è un altro effetto da tenere presente, legato alle piogge. “In questo caso, stiamo parlando di un fenomeno con effetti diversificati a seconda della zona geografica che andiamo a guardare. Il trend della piovosità complessiva è in diminuzione soprattutto nella regione mediterranea, mentre nel nord Italia ed Europa il rischio è esattamente contrario: si rischia di avere fin troppa acqua”.
Le conseguenze sulle colture
Le conseguenze sulle colture sono diverse. Le alte temperature accelerano i cicli produttivi delle piante. I cereali a paglia, come il frumento, maturano fino a una settimana prima. Ma è sull’uva che si possono vedere gli effetti più importanti.
“Oggi si raccoglie l’uva tra fine agosto e inizio di settembre, quando prima la vendemmia si effettuava ad ottobre. Anche il mais ha subito un anticipo del ciclo. In aggiunta, i fine stagione secchi e caldi favoriscono la diffusione di funghi produttori di micotossine, aumentando il rischio di partite di mais contaminate”.
Si tratta di un effetto indiretto, ma importante. “Infatti, se il bovino si nutre di mais contaminato, anche il suo latte sarà ricco di micotossine. Per fortuna, i rigidi controlli previsti dalla legge lo impediscono. Tuttavia, il mais contaminato viene utilizzato nel biogas, ma con un deprezzamento del prodotto”.
L’aumento della temperatura cambia anche l’ambiente in cui vivono le malattie delle piante. “È stata accertata la comparsa di malattie prima rare e oggi più comuni, come la ruggine gialla dei frumenti, frequenti in primavere calde e anticipate”.
Cosa cambierà nei prodotti della terra?
Come riferisce Cattivelli, sull’uva ci sono molti studi che hanno evidenziato come l’aumento delle temperature abbia portato a un tenore zuccherino più alto. Inoltre, è stato osservato anche un cambiamento nella composizione nutrizionale delle olive. “Molto dipende dalla specie. Se pensiamo al frumento, l’effetto combinato di caldo e carenza idrica limita la produttività della pianta. In caso di alte temperature a fine ciclo, le spighe producono semi striminziti, più ricchi di proteine e poveri di amido”.
Ma non sono gli impatti sulla qualità nutrizionale a preoccupare, quanto il reale impatto sull’intero sistema agricolo, che è chiamato ad adattarsi. “I cambiamenti climatici non cancelleranno l’agricoltura dall’Italia, ma dovremo lavorare con piante capaci di adattarsi a condizioni diverse. Inoltre, dovremo mettere mano in modo efficiente al problema della carenza idrica, per stoccare e ridistribuire l’acqua al momento giusto, in vero stile israeliano, dove di acqua ce n’è molta meno, ma l’agricoltura è fiorente grazie a una gestione idrica efficiente”.