Un processo iniziato anni addietro che ha consentito di affrontare l’emergenza con tempi di reazione minimi. Così il nuovo Chief Digital&Marketing Officer di L’Oréal Italia anticipa già le prossime sfide per una multinazionale
Il centro di tutta la strategia è il cliente finale: le sue esigenze, i suoi desideri, i suoi interessi e persino ciò che potrebbe interessargli da domani. Ma per riuscire a far sì che un’azienda attiva in tutto il pianeta possa soddisfare le richieste di ciascuno dei suoi clienti e potenziali clienti è necessaria una programmazione dettagliata e uno sforzo di preparazione che richiede anni di lavoro. “Questa trasformazione l’abbiamo iniziata molto tempo fa: e la bellezza di questa trasformazione è che non si ferma mai”: lo dice convinto Guillaume Perrin, Chief Digital&Marketing Officer di L’Oréal Italia, in una intervista concessa a StartupItalia.
Una chiacchierata in cui, oltre ai temi legati alla tecnologia in senso stretto, abbiamo toccato anche molti altri argomenti: partendo dall’etica per finire al metaverso, e con un occhio di riguardo all’intera filiera di un’industria gigantesca che al contempo deve anche fare i conti con i cambiamenti nelle sensibilità e nelle richieste del pubblico. “Lo abbiamo visto nell’ultimo anno, con delle novità che hanno modificato in modo permanente la società” dice Perrin: in questo caso si è trattato di cambiamenti che hanno modificato le abitudini e le aspettative dei consumatori, stabilendo una volta per tutte un principio che ci ripetiamo da molti anni. Ovvero che non viviamo più in un contesto definito dai confini nazionali, bensì in un mercato globale unico: dunque la sfida da affrontare raggiunge livelli inediti di difficoltà, che però possono essere affrontati e superati con successo.
Il dilemma della consapevolezza
Ecco, dunque, che il concetto di consapevolezza riaffiora più volte nella conversazione. Per quanto attiene l’approccio di un’azienda al mercato, o al modo in cui si impegna per restare rilevante e vincente nel panorama internazionale, oppure nel modo in cui gestisce le proprie operazioni per renderle il più possibile sostenibili per il pianeta. E ancora, su come affronta la sfida dei social media e in generale di un quadro della comunicazione che sta cambiando interlocutori e punti di contatto: senza trascurare un approccio etico alla complessa questione del rispetto della privacy.
“Lavoriamo da oltre dieci anni su alcuni di questi temi – racconta Perrin – e lo facciamo con una prospettiva precisa: vogliamo creare dei servizi e delle competenze che vadano incontro al consumatore e alle sue richieste. Per esempio, più informazioni raccogliamo sull’utente e maggiore è la nostra capacità di rispondere rapidamente ai suoi desideri: ma il nostro compito è anche quello di renderlo consapevole del valore aggiunto che gli restituiamo in cambio dei suoi dati, e di come decidiamo di gestirli per minimizzare l’aggregazione di informazioni riconducibili al singolo in favore della raccolta di dati più rilevanti per orientare su larga scala il nostro lavoro. Una sfida complessa, ma anche molto affascinante”.
In altre parole, ciò che il manager di L’Oréal Italia sostiene è che non sia sempre necessario accumulare in modo indiscriminato informazioni senza un obiettivo preciso: una questione di qualità più che mera quantità, senza trascurare ciò che avviene anche a monte e a valle del contatto tra l’azienda e il cliente finale. “Questo è proprio il cuore delle discussioni che in questo momento fervono all’interno della nostra organizzazione – continua Perrin – Da una parte ci sono i nostri impegni per la sostenibilità, per esempio, che sono a lungo termine e che non possono prescindere da molti altri aspetti come la logistica e tutti i nostri fornitori lungo tutta la catena di produzione. Dall’altra parte ci sono i consumatori e le loro aspettative: in un contesto come quello attuale in cui un singolo influencer può far partire la corsa planetaria ad accaparrarsi un prodotto, dobbiamo imparare a intercettare queste richieste ed essere in grado di soddisfarle. Senza trascurare, però, i valori di cui parlavo un attimo fa”.
Il mantra dell’innovazione
Ecco dunque spiegato il concetto di consapevolezza: la presa d’atto che ci sono sfide molto complesse da affrontare, che si giocano su un terreno grande come tutto il pianeta e con un pubblico che ha richieste e bisogni diversi in ciascuna regione, nazione, continente. Ma dall’altra parte c’è anche il desiderio di tener fede al proprio retaggio: quello di un’azienda che ha fatto e fa tutt’oggi della ricerca e della tecnologia allo stato dell’arte un punto di forza della propria strategia. “Per questo la cultura dell’innovazione resta centrale in azienda – spiega Perrin a StartupItalia – così come resta fondamentale restare in contatto con il tessuto dell’innovazione per mantenere viva questa spinta al nostro interno”.
La decisione di presidiare i luoghi principi dell’innovazione, come Station F a Parigi (ma non solo), nasce proprio da questa esigenza. Se un’azienda con oltre cento anni di storia ha senza dubbio le capacità e le competenze per affrontare un processo di evoluzione dei metodi di produzione industriale, basti pensare che già oggi molte fabbriche sono in grado di ridurre il consumo d’acqua a soltanto quella necessaria come ingrediente dei prodotti, ci sono nuove frontiere da esplorare e varcare che possono beneficiare di un approccio open. “Per esempio nella personalizzazione, un tema molto caldo al momento: nel settore del lusso abbiamo dei margini per lavorare in un certo modo, ma nel mercato di massa è tutto più complesso. Per questo – prosegue ancora Perrin – è importante mantenere sempre un approccio legato ai dati: grazie ad essi possiamo creare dei prodotti che rispondano ai bisogni di molti, e in più possiamo lavorare a creare tutti quei servizi a corredo dei prodotti che garantiscano un’esperienza complessiva eccezionale”.
“Oggi, dopo più di dieci anni dal momento in cui abbiamo iniziato ad applicare questa filosofia, siamo arrivati a un punto cruciale: dobbiamo continuare e continuare ad aumentare la nostra comprensione di ciò che facciamo, facendo interagire tutte le parti della nostra filiera” spiega Perrin a StartupItalia. Parliamo dunque di analizzare in tempo reale i dati della logistica, della vendita, della produzione, dei sentiment sui social e dei risultati delle più tradizionali ricerche di mercato: combinare tutto ciò insieme, dare un senso alla complessità e trarre informazioni preziose per rispondere agli stimoli del mercato in modo rapido ed efficace. Tutto ciò richiede un’apertura, per esempio ad importanti collaborazioni con colossi di altri settori (basti pensare a quanto è stato fatto con Alibaba e Tencent in Cina), così come con realtà più piccole come le startup.
Ciò che ci aspetta domani
“Oggi le nostre capacità, le possibilità che abbiamo, sono molte di più di quante avevamo soltanto cinque anni fa”, dice Perrin: la conversazione si sposta verso temi futuribili, ma che oggi vale la pena già prendere in considerazione per farsi trovare pronti alla prossima trasformazione. Come nel caso del metaverso, una frontiera che non è facile collocare sul piano temporale ma per la quale L’Oréal ha già iniziato a lavorare (già oggi alcuni suoi prodotti sono presenti in alcuni universi di gioco, e che sponsorizza con il marchio NYX Professional Makeup alcune pro-gamer). Essersi mossi in anticipo sul concetto di data-driven company, di azienda che lavora sulle informazioni che trae dai social come dai punti vendita, consente a L’Oréal oggi di pianificare appunto il passo successivo.
Il che può significare, come spiega il manager, andare verso il social selling (che già spopola in Asia), oppure integrare quel concetto con l’influencer marketing (con una capillarità che arrivi fino ai nano-influencer), o ancora lavorare sempre di più in prospettiva di omnicanalità per offrire la personalizzazione massima per accontentare più consumatori possibili. In ciascuno di questi passaggi ci sarà anche il contributo delle startup, assicura Perrin. Quale sarà il loro ruolo, quale sarà il ruolo di L’Oréal nel metaverso, come si evolverà nei prossimi dieci anni questa industria e questo mercato è questione delle decisioni che vengono prese oggi: “Non c’è una risposta definitiva su questi temi – conclude – ma ci stiamo lavorando, anche in questo momento, per trovarla”.