Intanto le Big Tech continuano a licenziare. Eppure negli USA il tasso di disoccupazione è ai minimi
Le Grandi dimissioni sono un fenomeno globale generatosi dopo lo scoppio della pandemia. Moltissime persone, tra dipendenti e professionisti, hanno ricalibrato le proprie priorità e in alcuni casi deciso di lasciare un posto (magari sicuro) per lanciare un propria attività, cercare nuove opportunità. D’altro canto sono parecchie le aziende che negli ultimi mesi hanno attuato un piano di ristrutturazione interna, con migliaia di licenziamenti soprattutto tra le Big Tech. Questo non significa che si stia vivendo un periodo di crisi occupazionale: negli USA, ad esempio, il tasso di disoccupazione è poco al di sopra del 3%. In un simile scenario torniamo a parlare di Grandi dimissioni, perché durante il 2023 il fenomeno potrebbe espandersi.
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Secondo una ricerca citata da Sifted, 4 professionisti su 5 sarebbero pronti a dimettersi entro i prossimi 6 mesi in Europa (periodo che si estende a un anno per il 24% dei professionisti negli Stati Uniti). Stiamo parlando di persone occupate soltanto nell’ambito tech e startup, che lamentano trattamenti economici non adeguati da parte dell’azienda, soprattutto a fronte dell’inflazione. La situazione attuale del mercato del lavoro tecnologico non è evidentemente delle migliori, confrontata anche soltanto a pochi anni fa quando per rispondere alla crescita dei servizi digitali durante i lockdown le aziende hanno assunto decine di migliaia di persone.
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Il fatto che la maggior parte dei professionisti sarebbe disposta a lasciare il lavoro entro quest’anno potrebbe derivare anche dalla percezione che ciascuno di questi lavoratori ha sulle prossime mosse dell’azienda in cui opera. Il 44,8% dei professionisti europei, stando sempre alla ricerca, crede infatti che la propria impresa o startup stia per licenziare. Motivo per cui alcuni di loro vorrebbero batterle sul tempo. E iniziare subito a cercare alternative sul mercato.