La posizione dei tassisti, la posizione di Uber. E il Ddl Concorrenza sullo sfondo, con la discussione in Parlamento. La videoinchiesta di Michele Bonechi sul caso
Un’inchiesta del video maker indipendente, Michele Bonechi, in collaborazione con StartupItalia!, sul modello Uber, le proteste dei tassisti e la complessa partita che si sta giocando sulla mobilità alternativa di trasporto e i nuovi (rivoluzionari) scenari aperti dall’economia digitale. Ma facciamo un passo indietro per definire il quadro complessivo: cos’è Uber, cosa fa e perché ha generato tanti problemi.
Cos’è Uber? Le origini del problema
Partiamo da una certezza: puoi essere con o contro Uber, ma non puoi più far finta di nulla, ignorandone l’impatto, considerando la complessità del problema. Breve riepilogo: Uber è una multinazionale americana che offre un servizio di trasporto automobilistico privato attraverso una apposita app, mettendo direttamente in contatto i passeggeri e i conducenti, senza alcun tipo di intermediazione. In Italia questo tipo di particolare servizio non è normato dalla legge, costituendo un genere nuovo, definito “trasporto privato non di linea”. In definitiva una piattaforma elettronica che consente di trovare, prenotare e pagare un servizio di trasporto fornito da altri.
Quando nasce Uber?
L’idea viene nel 2008 all’ingegnere informatico Travis Kalanick (da poco dimessosi da CEO) e Garrett Camp, cofondatore. Oggi Uber opera in 66 nazioni, in più di 507 città in tutto in mondo e si stima che generi un business ammontante a circa 70 miliardi di dollari. Non senza provocare proteste e pesanti contestazioni, a volte persino violente. Infatti i tassisti di tutto il mondo sostengono di essere danneggiati a causa della violazione della più elementari regole sulla corretta concorrenza.
Perchè i tassisti protestano?
Concorrenza sleale. Il punto centrale dell’intera questione è essenzialmente questo. I Tassisti sostengono che gli autisti di Uber lavorino privi delle autorizzazioni e delle licenze richieste dal regolamento locale sul servizio taxi.
La posizione di Uber
Uber sostiene di offrire un semplice servizio di messa in contatto di autisti e conducenti attraverso la piattaforma. Si tratterebbe quindi di un servizio sostanzialmente diverso da quello di trasporto effettuato dal conducente e quindi soggetto a un quadro di regole differente e meno vincolante.
Le controversie legali
La questione nasce dalla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale commerciale di Barcellona, in conseguenza a un procedimento voluto da un’associazione professionale di conducenti di taxi della città spagnola. Ritenendo che la questione preveda l’interpretazione del diritto dell’Unione europea, il giudice spagnolo ha sospeso il giudizio e sottoposto la questione alla Corte di Giustizia. L’opinione dell’Avvocato Generale della Corte Europea di Giustizia ha dato ragione ai tassisti: Uber non è un semplice intermediario per le prestazioni rese dai conducenti, ma organizza e gestisce un vero e proprio servizio di trasporto. La tecnologica è legata al trasporto che costituisce l’aspetto economicamente più rilevante. Perciò Uber non sarebbe una normale tech company che semplicemente gestisce un’app, ma è un’azienda di trasporti che utilizza la tecnologia in modo innovativo.
“La società Uber, pur innovativa, è una società di trasporto – ha spiegato la Corte Europea di Giustizia in un comunicato – è una società di trasporto: a Uber può essere quindi chiesto di ottenere le necessarie licenze e autorizzazioni, ai sensi della legislazione nazionale”. Ricordiamo che la pronuncia dell’Avvocato Generale non è vincolante, sebbene la magistratura comunitaria, per prassi, tenda poi ad adeguarsi.
Quindi Uber è una società di trasporto soggetta a licenza, esattamente come un taxi. Dagli USA replicano invece che Uber è “un servizio della società dell’informazione”, che facilita attraverso la tecnologia digitale il contatto tra due persone private. Si attendono sviluppi nei prossimi mesi, tuttavia gli effetti potrebbero essere davvero molto rilevanti.
Per agire legalmente in Europa, Uber (e aziende che si ispirano al medesimo modello di business) dovrebbe ottenere le stesse licenze e autorizzazioni cui sono soggetti i tassisti. Inoltre se le cose stanno così, come si configura il rapporto tra Uber e i suoi conducenti? Vanno considerati lavoratori subordinati o collaboratori esterni? Se il contratto di trasporto si conclude direttamente tra il passeggero e Uber (e non tra il passeggero e il conducente), è soggetto alle regole del diritto dei consumatori, anziché al diritto che disciplina i rapporti tra pari.
Di fatto i “servizi della società dell’informazione” beneficiano di un regime particolarmente favorevole, stabilito dal diritto comunitario e ispirato al principio della libera prestazione, con ridotti margini di intervento per gli Stati membri. Le tecnologie digitali hanno reso possibile l’erogazione dei servizi basati su moltissimi soggetti non professionisti ridefinendo radicalmente il mercato. Perciò come coniugare un quadro di regole chiare e uguali per tutti, all’insegna di una leale e libera concorrenza, con il profondo processo di riorganizzazione dell’attività economica?
La situazione in Italia
Il Ddl concorrenza ha ricevuto il via libera alla Camera ed è tornato in Senato, per la valutazione delle modifiche introdotte a Montecitorio. Al suo interno è prevista la revisione della disciplina in materia di autoservizi pubblici non di linea, come Uber e Ncc (Noleggio con conducente). Previsto un registro nazionale per le app, che dovranno avere sede legale in Europa. Controlli più severi sui servizi di noleggio con conducente, che devono aspettare la prenotazione parcheggiati in rimessa. Nuovi limiti anche per i taxi, che non potranno sottoscrivere accordi-sconto con i clienti, al di fuori di quelli previsti dai Comuni.
Tuttavia vi sono una serie di domande più generali, di “visione”, ancora in attesa di risposta: cosa rispondere a chi chiede di far cadere le distinzioni tra il servizio Ncc e quello di taxi, o comunque semplificare il rilascio delle autorizzazioni? E a chi chiede invece di autorizzare Uber ad operare, considerati i servizi innovativi che offre facilitando la vita delle persone?
Forse più che i tribunali, le risposte le dovrebbe elaborare e fornire la politica: facendo tornare protagoniste le idee, e l’equità.