Il giorno in cui ha accettato l’incarico di ministro delle Finanze di Alexis Tsipras è arrivato al palazzo del governo greco a bordo di una Yamaha Xjr 1300. Una quattro cilindri nera. Era il 25 gennaio scorso. Il giubbotto in pelle. Nero. La camicia tenuta fuori. Nera. I media si accorgono di Yanis Varoufakis. Sui social diventa subito un fenomeno. Veste i panni di Bruce Willis in Die Hard, del dottor Heisenberg di Breaking Bad. I giornali scandagliano il suo viso spigoloso, così diverso dai lineamenti morbidi dei colletti bianchi. L’area da duro. I gusti musicali. Di lui si racconta tutto (quasi sempre in fotogallery). Dai timori del Telegraph all’entusiasmo di El Paìs. Diventa una specie di rock star della politica europea. Yanis «il bullo».
Ma c’è un aspetto che è emerso poco del neoministro che lo rende (se possibile) ancora più diverso rispetto ai suoi omonimi del resto d’Europa. Il 54enne professore di Economia dell’Università di Atene è un appassionato studioso di Bitcoin e criptovalute. In diversi paper (consultabili sul suo blog) ne ha analizzato le origini, la teoria, arrivando ad ipotizzare alcune applicazioni pratiche di valute digitali per dare ossigeno alle casse degli stati dell’area Euro vessate dall’austerity.
COME NASCE L’INTERESSE PER BITCOIN
I giornali greci raccontano che l’interesse del neoministro per la moneta virtuale nata nel 2009 è cominciato poco dopo aver assunto la carica di consulente per l’americana Valve corporation. Non una semplice società di videogiochi. Varuofakis (laureato in matematica e statistica ad Atene prima di specializzarsi in economia a Birmingham e Cambridge) ha collaborato con il ramo d’azienda che si occupa di distribuzione digitale per la creazione firewall e sistemi di sicurezza nelle transazioni finanziarie. Il suo compito era cercare soluzioni per evitare la creazione di bolle finanziarie virtuali. Di qui alla conoscenza di Bitcoin il passo è breve. Nel suo blog ha cominciato a scrivere di moneta digitale nel 2011. Da uno scetticismo pressoché totale all’inizio, a qualche apertura. Per lo meno nella filosofia di Bitcoin. Il peer-to-peer, orizzontalità, fiducia reciproca e assenza di «Leviatani monetari», liquidati come «promesse che creano grande entusiasmo, ma che restano promesse».
LO SCETTICISMO INIZIALE: «SARA’ UN INCUBO PER TUTTI»
Settembre 2012. Intervistato dalla Bbc Vanoufakis interviene nel dibattito radiofonico al quesito «Are the digital currencies the future? (Le monete digitali sono il futuro?, ndr)». La sua risposta è no. Sono un miraggio «matematicamente ineccepibile» ma che può «diventare un incubo per tutti». L’assenza di controllo centrale è un rischio. E la logica monetaria di Bitcoin è troppo antica per rispondere alle esigenze del capitalismo moderno. Quello che Varoufakis contesta alla criptomoneta è che la promessa di tornare ad un passato vergine delle valuta, orizzontale, autogestita, svincolata dalla politica delle banche centrali, non è declinabile con una società industriale avanzata. Una tesi oggi condivisa da molti scettici di Bitcoin.
Il motivo, per Varoufakis, è che Bitcoin è una moneta che tende necessariamente alla deflazione. Cioè ad apprezzarsi nei confronti delle altre valute. Questo perché il tetto a 21 milioni massimo di Bitcoin la rende un bene finito, come l’oro (i cercatori di Bitcoin sono detti apposta «miners» minatori, e Bitcoin di fatto non è che una simulazione digitale dell’oro) e il suo valore di conseguenza tende a crescere (oggi 1 bitcoin vale circa 200 euro). Questo ha portato a una divisione tra i suoi utilizzatori, «un’aristocrazia e una plebe di user», dove da un lato ci sono gli early adopter, i primi utilizzatori, dall’altro quelli che sono arrivati dopo «comprandoli a prezzi molto più alti». Un meccanismo che renderebbe secondo il neoministro Bitcoin una moneta «altamente instabile e poco democratica». Unico modo per evitarlo? La creazione di una banca centrale Bitcoin che ne regoli emissioni e apprezzamento, che però ne negherebbe la natura stessa della criptovaluta alla radice.
PERCHÈ BITCOIN È COME L’EURO
Febbraio 2014. Questa incapacità di Bitcoin di potersi svincolare dalla sua pericolosa tendenza ad apprezzarsi fornisce l’assist a Varoufakis per paragonare la moneta virtuale all’Euro e alle politiche della Banca Centrale Europea. Bitcoin non può perché non ha una banca centrale che ne determina le politiche. La Bce deve attenersi a vincoli europei che ne limiterebbero l’azione (il parallelismo è stato in buona parte smentito dall’iniezione di liquidità decisa da Mario Draghi lo scorso gennaio, il famoso quantitative easing, ma allora era poco più che un’ipotesi). «A che serve un’autorità monetaria nell’area euro se non può agire contro un eccessivo calo del prezzo di beni e servizi?» Si chiede Varoufakis. Che conclude: «In questo senso a mio avviso non c’è differenza tra euro e Bitcoin». A leggere questi passaggi emerge come le tesi di Varoufakis siano tutt’altro che soluzioni estremistiche per l’euro. Mai una riga contro la moneta unica. Mai una riga contro il ruolo della Germania, che vuole «giustamente egemone nell’area euro».
«UN MERAVIGLIOSO ALGORITMO»
Ma dietro Bitcoin c’è quello che il ministro ha definito «un meraviglioso algoritmo», l’idea più geniale del XXI secolo, «dello stesso genio di Einstein o Von Neumann» (che quelle persone e le loro menti brillanti oggi abbiano oggi un paragone solo in un algoritmo senza materialità, né padre, né patria è un bel segno di quanto sia cambiato il mondo in cento anni). L’ammirazione per Bitcoin è autentica. Gli economisti, secondo Varoufakis, «ancora non hanno capito il potenziale della criptovaluta». «Io stesso», aveva detto in un’intervista all’Abc a marzo 2014, «ho intenzione di scrivere dei libri su Bitcoin». Obbiettivo è di creare un ponte tra economisti d’accademia e fan di bitcoin. Quel ponte voleva essere lui. Quello che gli sarebbe capitato da lì a qualche mese con l’elezione di Alexis Tsipras avrà scombinato i suoi piani. Ma il tempo speso gli ha consentito di elaborare un sistema di pagamento delle tasse basato su valuta digitale capace di “aggirare” i cordoni alla spesa imposti da Bce e Unione.
UNA CRIPTOVALUTA NAZIONALE COTRO L’AUSTERITY
Il problema degli stati dell’euro è che hanno bisogno di «uno spazio di autonomia monetaria maggiore per respirare». Una criptovaluta nazionale potrebbe evitare che gli stati muoiano «asfissiati dalla camicia di forza europea». L’ha chiamata FTCoin (Future Tax Coin) e funzionerebbe come un credito di imposta in euro, basato su un Bitcoin nazionale.
Si compra 1 FT per 1000 euro da un sito del governo. Nel contratto il tesoro nazionale si impegna a riscattare i 1000 euro in qualsiasi momento. E di accettare quel FT dopo due anni per estinguere pagamenti in tasse pari a 1.500 euro.
Ogni anno il tesoro ne emette di nuovi per sostituire gli estinti, con l’impegno a non far superare agli FT un valore pari al 10% del Pil.
I vantaggi, secondo il neoministro greco, sarebbero:
1) Una grande liquidità per i governi, senza doversi indebitare nei mercati obbligazionari.
2) Uno «stock» di euro in cassa, perfettamente legali e rispettosi dei patti europei.
3) Meno pressione fiscale sui contribuenti.
4)Un sistema di pagamento gratuito e trasparente, senza che le banche facciano da intermediarie.
Varoufakis immagina attraverso Bitcoin un patto nuovo tra cittadini e stato. Ma perché proprio la criptovaluta? «Perché il suo algoritmo è perfetto per ricreare fiducia tra cittadino e stato. I cittadini devono essere certi che lo stato non chiederà tasse più alte in futuro. E possono esserlo se lui compra le tasse in anticipo oggi» spiega Varoufakis.
«In sintesi» conclude in un post Varouflakis, se Bitcoin è troppo deflazionistico per natura per fare in modo che agisca come valuta alternativa all’euro o al dollaro, il suo algoritmo può essere usato per creare nelle nazioni un sistema di pagamenti elettronici in euro che li aiutino, nel medio periodo, a superare le pressioni deflazionistiche dell’Eurozona». La migliore virtù di Bitcoin quindi, per superare i problemi analoghi di un sistema monetario sì centralizzato, ma bloccato.
Chissà se questo sarà uno dei provvedimenti del suo governo. Una tassazione Bitcoin based, una novità assoluta per uno stato moderno. Come d’altro canto già lo sono il chiodo, e la Yamaha, di chi ha le chiavi del suo principale dicastero.