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Crowdfunding col vento in poppa. Anche in Italia. Soprattutto in Italia. Gli ultimi dodici mesi hanno rafforzato la crescita con numeri più che raddoppiati. L’equity crowdfunding ha superato la soglia degli 82 milioni di euro di raccolta. Soltanto un anno fa il cumulato era meno della metà. Good news anche per il lending, arrivato addirittura a 435 milioni di euro. «Rispetto ad altri Paesi europei non sfiguriamo per il tasso di crescita relativo, anche se il gap sui volumi si mantiene consistente. Da noi il mercato nel primo semestre è stato sostenuto soprattutto da operazioni in ambito immobiliare e continuerà a crescere.

 

Ci sono poi alcune grande campagne. Penso a quella di StartupItalia e a quella del Pordenone calcio. Entrambe hanno raggiunto cifre milionarie. D’altronde l’Italia sta ripercorrendo ciò che si e già visto negli altri Paesi. Con un quadro politico e normativo determinato e stabilito sul crowdfunding si raccolgono risultati», racconta Giancarlo Giudici, professore associato di finanza aziendale al Politecnico e direttore dell’osservatorio crowdinvesting. Proprio in questi minuti Giudici insieme ai ricercatori del Politecnico sta presentando la fotografia del crowdfunding.

info crowdfunding2019

Numeri con segno più

Sono 35 i portali autorizzati in Italia con 401 campagne di raccolta organizzate da 369 imprese diverse. Il tasso di successo continua a mantenersi elevato: nei primi 6 mesi del 2019 è pari al 75%, con una media generale dell’intero campione dal 2014 pari a 71,7%. Il valore medio del target di raccolta per i progetti non immobiliari è pari a 191.956 euro, mentre quello dei progetti immobiliari è di 664.231 euro. Le PMI (innovative e non) guadagnano spazio, ma il mercato è ancora dominato dalle startup innovative: sono il 72% dei casi. La grande maggioranza opera in Lombardia. A seguire Lazio ed Emilia Romagna. La piattaforma che ha finalizzato e raccolto più capitale è Mamacrowd con quasi 22 milioni di euro. A seguire Crowdfundme vicina a 15 milioni di euro. C’è poi Walliance con 11,1 milioni di euro. In media ogni campagna ha ricevuto il sostegno di 85,6 investitori. Un’analisi inedita dei team delle emittenti che hanno avuto successo nella raccolta mostra una scarsissima presenza femminile, una media di 3 componenti e 42 anni per team.

L’importo medio investito dai sottoscrittori è pari a 4.512 euro. Ed è aumentato negli ultimi dodici mesi rispetto al passato.

 

L’intervista

Giudici, il bicchiere è mezzo pieno?

«C’è un dato efficace per comprendere il quadro: delle 16 campagne che hanno raccolto almeno 1 milione di euro ben 13 sono relative agli ultimi dodici mesi».

 

Aumenta la fiducia degli investitori? La consapevolezza nel processo?

«Certamente si registra una maggiore dimestichezza nell’investimento, ma le motivazioni sono le più disparate. Il fatto che ci siano imprese che riescono a raccogliere una notevole somma di denaro vuol dire che si cominciano a comprendere e ad adottare le tecniche di marketing».

 

Qual è l’idea vincente?

«Riuscire a far partecipare gli investitori all’operazione, coinvolgerli, renderli partecipi del progetto. In ballo non c’è solo un elemento di natura finanziaria, ma anche la volontà e l’ambizione di far parte di una squadra nella quale riconoscersi. Nella campagna StartupItalia e in quella del Pordenone Calcio si riscontrano questi elementi. Insomma, non diventi milionario, ma partecipi a un progetto che senti vicino alle tue corde».

 

Chi approda al crowdfunding?

«Ormai nel mercato c’è di tutto. Dalla società agricola alla impresa hi-tech, dalla squadra di calcio alla micro realtà artigiana… »

 

Quindi ogni impresa si può misurarsi col crowdfunding?

«Sono favorite quelle che hanno una relazione col pubblico e con clienti tanti e diffusi. Quando hai prodotto apprezzati e valorizzati con un rapporto di fiducia può fare leva sui clienti e farli diventare azionisti».

 

Insomma, non è un mercato riservato solo alle startup…

«Assolutamente no. Oggi anche la media e grande impresa si cimenta col crowdfunding, anche se la dinamica è in quel caso la generazione di engagement. D’altronde il crowdfunding è la chiave per fare community. Penso a Monzo in Inghilterra. È una delle campagne più di successo fatta su Crowdcube con più investitori nel fintech. Il messaggio vincente è sempre quello di contribuire a rafforzare la fiducia».

 

Qual è la forza del crowdfunding?

«In fondo il crowdfunding cambia il modo di fare impresa, opera sul paradigma. Parlando dell’equity hai un numero di soci di azionisti nel capitale, ma alcune imprese hanno dichiarato che gli investitori diventano ambasciatori del brand, contribuendo a creare valore per l’impresa. Ma attenzione: ci sono anche aspetti patologici con investitori che si presentano alla assemblee insieme agli avvocati. Perché se tu impresa fai promesse, una volta ricevuti i soldi devi mantenerle».

 

Il crowdfunding è a rischio bolla?

«No, non c’è un rischio di quel tipo».

 

E per il futuro?

«La parte lending è quella che crescerà di più. Nasceranno portali specializzati per fare lending su progetti immobiliari e grandi player che entreranno nel mercato. Per il futuro il tema è di natura regolamentare: è necessaria una normativa ad hoc sul lending così come è arrivata sull’equity».