Da Andreotti a Monti, passando per il tiro alla fune di Prodi e Berlusconi. Quindi l’intervento a gamba tesa di Renzi che spiazzò (tanto per cambiare) soprattutto il suo partito
Il tetto al contante è stato nuovamente abbassato. Negli ultimi 20 anni la sua corsa è stata ricca di saliscendi, praticamente il percorso dissennato delle montagne russe. Trasformato da misura di contrasto all’evasione fiscale in leva elettorale, è stato alzato o abbassato dai partiti in cerca di facile consenso in quell’elettorato che rischia di esserne maggiormente penalizzato: il popolo delle partite IVA. Ecco allora una breve cronistoria di tutti i suoi “picchi”, ricordando anche le polemiche politiche che ha suscitato quest’ultima decisione in seno al governo di Giuseppe Conte.
Il primo intervento: c’era ancora Andreotti
La giostra del tetto al contante in Italia ha iniziato a muoversi tanto tempo fa, nel 1991, quando, agli sgoccioli della Prima Repubblica, il governo Andreotti VII approvò il d.l. 143/1991. All’art. 1 stabiliva che fosse «vietato il trasferimento di denaro contante o di titoli al portatore in lire o in valuta estera […] quando il valore da trasferire è complessivamente superiore a lire venti milioni». Tutto rimase immobile fino al 2002, quando arrivò la moneta unica e si pose il problema della conversione, che in un primo momento fu 1:1, ovvero con il tetto al contante fissato a 10.329,14 euro. Ma il secondo governo Berlusconi approfittò della discussione per approntare in tutta fretta il decreto ministeriale del 17 ottobre 2002 con cui innalzò questa soglia a 12.500 euro.
Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi
Dal botta e risposta con Prodi al mancato fallimento del 2011
Arrivò il Prodi II, che nel 2007 portò il tetto al contante a 5mila euro. L’esecutivo si sfarinò in fretta. Nel 2008 tornò nuovamente a Palazzo Chigi Silvio Berlusconi che, come prima cosa, cancellò la novella del governo di centrosinistra riportando in vigore la propria norma che fissava il limite a 12.500 euro. Tutto bene fino al mancato fallimento del Paese, che iniziò a manifestarsi nella rovente estate del 2010. La trattativa con l’Europa che chiedeva di mettere i conti pubblici in ordine costrinse il ministro dell’Economia dell’epoca, Giulio Tremonti, ad abbassare il tetto al contante a 5mila euro.
Silvio Berlusconi e Romano Prodi, cerimonia della campanella
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Non bastò: nel 2011 il Paese finì al centro di una spaventosa ondata speculativa. Roma rischiava di fare la fine di Atene se non dava segnali di affidabilità. Il governo Berlusconi era ormai a fine corsa e mentre lo spread lo tallonava, Palazzo Chigi decise di provare a calmare i mercati con una ultima mossa disperata (varata il 13 agosto e dal titolo evocativo: «Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo.»): il limite fu ulteriormente abbassato e portato a 2500 euro.
Silvio Berlusconi nel giorno delle sue dimissioni
© TGla7
I mercati non si calmarono, Berlusconi fu defenestrato, costretto nel mese di novembre ad allontanarsi in tutta fretta da Palazzo Chigi tra fischi e lanci di monetine e alla prua d’Italia arrivò un nuovo nocchiere: Mario Monti. L’ex commissario europeo come prima cosa abbassò ulteriormente il tetto al contante, portandolo a 1000 euro. Resterà così fino all’arrivo di Matteo Renzi, che sorprese un po’ tutti, in particolar modo il Partito democratico, con la decisione di riportarlo a 3mila euro.
Matteo Renzi nel giorno dell’annuncio delle proprie dimissioni
Il tetto al contante ha fatto fibrillare anche il Conte bis
Arriviamo quindi ai giorni nostri. Lo scorso ottobre il governo giallorosso ha fatto scintille sul tema, che per il PD doveva essere affrontato più coraggiosamente mentre Italia Viva e Movimento 5 Stelle avrebbero preferito procrastinare. Inizialmente il presidente del Consiglio Giuseppe Conte aveva comunicato l’intenzione abbassare subito il tetto a mille euro. Dopo un Consiglio dei ministri durato fino all’alba si è arrivati al compromesso che prevede la riduzione a 2 mila euro nei primi due anni, cioè nel 2020 e 2021, per poi passare a mille euro dal 2022.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
Questo, almeno, fino alla prossima impennata, perché la corsa sulle montagne russe prosegue, ma non essendo l’Italia un Luna Park, forse il tema del tetto al contante andrebbe affrontato con maggiore serietà, una volta per tutte in un verso o nell’altro.