Le scosse di terremoto hanno distrutto intere realtà: edifici, centri storici, chiese, luoghi di cultura. Che cosa è cambiato in questo anno?
Le scosse di terremoto nel Centro Italia hanno distrutto intere realtà: edifici, centri storici, chiese, luoghi di cultura. Intere esistenze messe in ginocchio ma che non hanno rinunciato a riprendersi la loro vita. E ora ci si interroga sulla ricostruzione, sui modi per tornare a una vita normale. Una normalità che ora forse acquisterà un significato ben più profondo. Gli Enti, le Regioni, l’Italia intera stanno contribuendo a ricostruire. La burocrazia è lenta, le casette consegnate sono ancora pochissime e riprendere in mano l’esistenza non è semplice. I ritardi nella ricostruzione ci sono, tuttavia qualcosa si muove. E gli ingegneri dell’Associazione Ingegneri per la Prevenzione e l’Emergenza sono al lavoro per verificare l’agibilità degli immobili nei territori colpiti dal sisma.
Alcuni interventi dello Stato
A fine giugno è stato approvato dal commissario per la ricostruzione sisma 2016, Vasco Errani, il secondo programma di interventi per il recupero edilizio e la messa in sicurezza di 111 chiese (19 in Abruzzo, 15 nel Lazio, 59 nelle Marche, 18 in Umbria) danneggiate e rese inagibili dalle scosse di terremoto che dal 24 agosto 2016 hanno colpito il centro Italia. L’avvio dei cantieri, finanziati dallo Stato con oltre 29 milioni di euro, consentirà la riapertura di 100 luoghi di culto di proprietà delle Diocesi e 11 di proprietà del Ministero dei Beni culturali e del Fondo edifici di culto. Il sito governativo dedicato alla ricostruzione dopo il sisma rende anche noto che è operativo il piano per la riapertura di 82 scuole del centro Italia distrutte o danneggiate dal terremoto. Il piano prevede la ricostruzione di 50 edifici, l’adeguamento anti sismico di 26 e il miglioramento di altri sei edifici. L’investimento complessivo dello Stato è stimato in circa 215,8 milioni di euro, ai quali si aggiungono altri 15,1 milioni di euro della Regione Marche, che interviene con i suoi fondi per finanziare alcuni interventi nel proprio territorio. Non bisogna neppure dimenticare il bando del Miur ‘La scuola al centro’, per favorire l’offerta formativa delle scuole. Le scuole finanziate sono 4.633, per uno stanziamento totale di oltre 187 milioni di euro (fondi PON). Fra gli istituti ammessi al finanziamento ci sono 221 scuole che si trovano nelle aree colpite dal sisma: 47 in Abruzzo, 6 nel Lazio, 84 nelle Marche e altre 84 in Umbria. Tante gocce che però sono il punto di partenza per una nuovo inizio.
In Umbria parte il programma per 20 milioni di euro
La ricostruzione passa anche attraverso la cultura. In Umbria parte la ricostruzione di un consistente patrimonio culturale danneggiato dal terremoto. È quanto è stato illustrato nel corso di una conferenza stampa tenuta lunedì 17 luglio a Perugia, a Palazzo Donini, alla presenza del presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, dell’assessore regionale alla cultura, Fernanda Cecchini, della soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio dell’Umbria e coordinatore dell’Unità di Crisi dell’Umbria per il MiBACT, Marica Mercalli, del direttore generale della Fondazione Cassa Risparmio Firenze, Gabriele Gori, e Marco Ciatti, Direttore dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Nella corso dell’incontro è stato anche illustrato il lavoro già svolto e in corso di svolgimento da parte dei restauratori beneficiari delle borse di studio messe a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze sulla base di un accordo con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. “Ora, a soli dieci mesi dagli eventi sismici di ottobre, parte in Umbria la ricostruzione di un consistente patrimonio culturale danneggiato dal terremoto, a partire dalle Chiese, per un importo complessivo di oltre 20 milioni di euro. L’auspicio è che per le Chiese oggetto degli interventi, le si possa restituire al culto entro la fine dell’anno”, ha affermato Catiuscia Marini. “Potranno partire subito – ha affermato Marini – lavori di ricostruzione di ben 38 Chiese, la maggior parte delle quali ubicate nell’area del cratere, per un importo complessivo di 11 milioni di euro. Si tratta di strutture che non hanno subito danni gravissimi e per questo rapidamente riparabili, per poterle restituire al culto il prima possibile. C’è poi l’altro programma di primi interventi per opere pubbliche danneggiate dal sisma, per 9 milioni di euro”.
I soldi raccolti con gli SMS solidali
La presidente Marini ha anche riferito che le risorse derivanti dalla campagna di donazioni con gli “SMS solidali” (4 milioni di euro), saranno destinati per la realizzazione di centri di comunità (strutture destinate all’aggregazione sociale, ma con funzioni di emergenza e protezione civile, in tredici località della Valnerina), per la dotazione delle scuole di tecnologie e altri materiali per la didattica, e infine per il restauro di beni mobili delle stesse chiese interessate dagli interventi, per una più funzionale riapertura al culto. “Subito dopo gli eventi sismici l’attenzione dell’Opificio pietre dure – ha detto il direttore dell’Opificio, Ciatti – si è concentrata sullo splendido deposito, antisismico di Santo Chiodo di Spoleto, dove la Soprintendenza, grazie alla collaborazione della Regione Umbria, stava gestendo la raccolta dei beni colpiti. Il progetto che si è immediatamente imposto nella nostra mente è stato di cercare di replicare a Spoleto il modello del deposito-cantiere di Sassuolo, vista l’assoluta positività di tale esperienza. Oltre a questo l’O.P.D. si è assunto l’impegno del restauro diretto di un numero limitato di opere, che sono state trasferite nei laboratori dei settori dei dipinti mobili, bronzi, oreficeria e sculture lignee dell’Istituto, come testimonianza concreta della solidarietà dell’O.P.D. e del suo personale nei confronti delle comunità colpite. Tutto questo rappresenta il contributo che l’O.P.D. ha cercato di fornire per la conservazione e la trasmissione al futuro del patrimonio storico-artistico dell’Umbria”.
L’arte per ricostruire l’arte
Anche l’arte contribuisce alla ricostruzione. Un esempio è nelle Marche. Epicentro 11 è il progetto di raccolta fondi finalizzato al recupero di un’opera d’arte attraverso la realizzazione da parte di undici artisti di 10 opere pittoriche costituite da pezzi modulari smontabili e rimontabili che sono venduti tramite un’asta online. Le prime opere destinate al recupero sono gli arredi di Casa Zampini a Esanatoglia – comune della provincia di Macerata – progettati nel 1925 dal futurista marchigiano Ivo Pannaggi. L’iniziativa è a cura di Progetti Arch&Co, con il sostegno fra gli altri del Comune di Esanatoglia e con la collaborazione di numerosi giovani professionisti del video, della fotografia e della comunicazione. Il motto è semplice quanto chiaro: ‘L’arte per ricostruire l’arte’. E allora si sviluppa una coscienza artistica collettiva che genera energia creativa nuova al servizio di quella sviluppata anticamente da altri artisti. Michela Pennesi, Paola Tassetti, Francesca Di Paolo, Andrea Giorgetti, Francesco Valeri, Martina Biondini, Laura Ciondolini, Andrea Luzi, Giulia Alvear Calderon, Marta Alvear Calderon e Razvam Basca sono gli undici giovani artisti protagonisti del progetto. Tutti i partecipanti prestano le proprie competenze e lavoro senza alcun compenso. La consegna delle opere è prevista per settembre e la base d’asta è pari a 1.500 euro.
L’Associazione Ingegneri per la Prevenzione e l’Emergenza scende in campo
Mentre le istituzioni private e pubbliche cercano di dare un contributo alla ricostruzione, nei territori colpiti dal sisma gli ingegneri dell’Associazione Ingegneri per la Prevenzione e l’Emergenza sono al lavoro per verificare l’agibilità degli immobili. L’iniziativa parte dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri che ha voluto dar vita a un’associazione di professionisti in grado di affiancare la Protezione Civile negli ambiti della stima del danno. A capo dell’associazione dal 2014 c’è Patrizia Angeli che dal 24 agosto 2016 coordina le attività sul campo. A dare uno spaccato della situazione è Marco Cagelli, uno dei tanti ingegneri dell’associazione che lavora nelle aree colpite dal terremoto, spesso in compagnia della moglie Debora Cantoni. “Il dibattito è incentrato su due campi opposti: da una parte coloro che sostengono la necessità di una ricostruzione rapida, dall’altra coloro che pretendono una ricostruzione ‘com’era, dov’era’, citando il caso di successo del terremoto del Friuli – spiega l’ingegnere Cagelli – Poche ore dopo il sisma si è messa in moto l’organizzazione e dal 27 agosto diversi colleghi sono partiti per iniziare le attività di verifica degli immobili. Ho fatto squadra due volte col collega Giacomo della Volta e due volte con Carlo Ambrosio. Insieme a decine di altre squadre, fra cui anche una con mia moglie, siamo partiti per le destinazioni assegnate dove abbiamo iniziato a controllare immobili. A oggi ho visitato tre province, quattro comuni e circa 180 edifici. Purtroppo il secondo sciame di fine ottobre e l’ulteriore di metà gennaio hanno ampliato il numero di edifici da visitare e quindi rimane ancora lavoro da svolgere. Ognuno di noi dedica il tempo del turno (di 8 o 5 giorni) in modo volontario”.
La situazione trovata: edifici inagibili e abbandonati
“La maggior parte degli edifici era inagibile, ma è ovvio sia così in quanto i proprietari chiamano quando sono preoccupati. Gli edifici sono a volte abbandonati, più frequentemente manutenuti ma più per l’estetica che per la solidità. Sembrerà strano, ma non è raro trovare edifici con bei mobili ma senza presidi antisismici ed edifici meno appariscenti ma meglio protetti. E questa situazione non è peculiare del luogo in quanto l’esperienza di decine di colleghi insegna che anche nel ricco milanese, spesso si preferisca l’apparenza alla sicurezza. Il terremoto non distrugge. Il terremoto scuote, poi è la qualità degli edifici che consente o meno di resistere. Siamo abituati a vedere in televisione le immagini degli edifici crollati, ma abbiamo visto moltissimi edifici rimasti in piedi. Mi ha colpito l’immagine di un aggregato in Provincia di Macerata: due edifici in aderenza, uno crollato l’altro no. Il proprietario di questo ha investito in sicurezza e prevenzione con un semplice intervento di intonaco armato, l’altro proprietario no. E un altro episodio in provincia di Teramo: una casa con ‘catene’ a presidio delle murature. Abbiamo chiesto al proprietario come mai ci avesse chiamato visto che la casa non valeva nulla. Ci ha detto che si trovava isolato in casa a causa della nevicata di gennaio ed è arrivata la scossa. Senza sapere dove andare ha dovuto attendere che il terremoto finisse, nel dubbio che la casa cedesse”.
Le ‘lezioni’del terremoto
Secondo Cagelli dal terremoto si può imparare una grande lezione: “Ci sono moltissimi immobili abbandonati, altri inutilizzati, altri ancora saranno presto inutilizzati. Cosa intendiamo fare? Ha senso recuperarli considerando che nessuno li manterrà? Se questa è l’idea, lo Stato deve coordinare al meglio un progetto di sviluppo turistico e di comunicazione sui grandi canali internazionali per ampliare il numero di stranieri che comprano e recuperano beni di quel territorio. Luoghi come Sarnano, Montalto delle Marche, Civitella del Tronto sono solo un sogno per chi non vive in Italia. Inoltre si deve dare alle comunità un futuro: spesso sono un insieme di contrade, di frazioni, vicine in linea d’aria, ma lontanissimi percorrendo strade e sentieri. Per mantenerle in vita serve un progetto per riconnetterle ai grandi centri abitati e assegnare funzioni utili a uno sviluppo turistico del territorio. Tutto questo non c’è. Ed è questa un’immensa occasione che potremmo avere per ripensare una parte importante dell’Italia, con una finalità turistica in grado di dare a questi territori il futuro che meritano. Inoltre, tutti i Comuni dovrebbero adottare il certificato di idoneità statica per gli edifici con più di 50 anni di età e in generale dovrebbero essere attuati più controlli dal vero e meno sulla carta per le pratiche edilizie: non è possibile capire se si stiano facendo le scelte giuste stando seduti in un ufficio.
Ricostruire l’esistenza
Le persone stanno però imparando a riprendere in mano la loro vita in un’ottica di alleanza comune e di solidarietà: “Per quanto riguarda gli amministratori locali – conclude Cagelli – ho trovato persone capaci di assisterci e pronti a rispondere agli esiti delle nostre visite. Stesso atteggiamento dei tecnici comunali, pronti ad aprire e chiudere il municipio anche il sabato e la domenica. Sono rimasto colpito dall’ospitalità di tutti coloro che ho incontrato. Seppur spaventati e preoccupati, non han fatto mai mancare un gesto di cortesia. Abbiamo sempre cercato di scindere l’aspetto emotivo dai fatti: per far funzionare al meglio la macchina dei soccorsi è necessario che chi ha immobili sicuri torni a casa, mentre si mandi via chi ha immobili insicuri o a rischio. E non era raro il caso in cui il nostro esito fosse diverso da quanto atteso dai proprietari che nella maggior parte dei casi hanno accettato il nostro giudizio. Per questo abbiamo cercato sempre di spiegare, di illustrare le ragioni della nostra analisi, tranquillizzare quando possibile”.