Uno studio di Cisco e Digital Transformation Institute mette in luce i principali elementi negativi che interrompono il processo di sviluppo dei progetti smart cities
Viviamo in un mondo sempre più interconnesso e digitalizzato, le tecnologie sono sempre più accessibili, siamo pieni di esempi di successo da ogni parte del mondo. E allora come mai i progetti di smart city falliscono? Da questa domanda è partita la ricerca di Cisco e Digital Transformation Institute, “Smart city, quali impatti sulle città del futuro?”. Lo scopo dello studio è quello di ribaltare il punto di vista delle analisi condotte fino ad ora e i rivedere i principali indirizzi di sviluppo, modificandone l’approccio: non indentificare più i fattori di successo, quanto piuttosto i principali elementi negativi che interrompono il processo di realizzazione. L’indagine, effettuata con metodi di ricerca qualitativi e quantitativi, definisce gli elementi di carattere tecnologico, economico, organizzativo e sociale che possono contribuire al fallimento del progetto, permettendo di individuare adeguate contromisure per superarli.
“Nella nostra esperienza in progetti smart city realizzati in tutto il mondo abbiamo capito due cose: che per “fare” una smart city ci vuole un villaggio, ovvero una capacità di collaborazione a tutti i livelli della comunità, e che nessuna smart city può essere uguale a un’altra” spiega Fabio Florio, Business Development Manager Smart City di Cisco Italia.
Il team di esperti ha identificato le sei dimensioni chiave che rappresentano gli elementi critici nello sviluppo di un processo di “smart city” efficace. Queste dimensioni sono:
Vision e smart city: la città intelligente
Per attivare un progetto smart city è essenziale avere ben chiaro qual è il modello di città intelligente, quali sono gli elementi in grado di trasformare la comunità attraverso il digitale. Un modello che sia sostenibile economicamente, attivando collaborazioni fra pubblico, privato e società civile, ma anche sostenibile dal punto di vista sociale e culturale, perché basato sul dialogo con le esigenze dei cittadini. A tutto questo si aggiungono la creatività e l’innovazione del capitale umano, con amministratori informati e cittadini attivi, che condividono una visione comune delle opportunità che si possono creare con la tecnologia.
La dimensione organizzativa: leadership, visione, strategie, network, partecipazione
Questo aspetto è composto da molti fattori. La capacità di coinvolgere il territorio, l’ascolto e la gestione delle esigenze, la pianificazione degli interventi da compiere, con un’attenta analisi dell’impatto sulla vita delle persone, sui loro diritti, sugli spazi della città. La creazione di strategie di comunicazione per sostenere il programma nel tempo, la scelta di criteri per misurare in modo oggettivo i risultati. Si tratta di creare una rete partecipativa che condivida visioni e strategie con un modello di governance che tenga conto di tutte le competenze necessarie al progetto, a tutti i livelli.
La dimensione economica: interazione ed integrazione degli investimenti pubblici e privati
Una città che voglia crescere e avviare progetti maturi in ambito smart city deve avere un budget dedicato alle iniziative per l’innovazione, anche se limitato: la sua esistenza è determinante come indicatore di una scelta culturale. Un altro fattore da considerare è la capacità di integrare e fare interagire investimenti pubblici e privati: conoscere fonti di finanziamento, ripartirle correttamente, ma anche – dove la PA non possa arrivare con un investimento tradizionale – sapere creare condizioni che abilitino concretamente i progetti e possano garantire ai privati stabilità nel lungo periodo, anche in caso di un cambio di amministrazione.
La dimensione sociale: la città resiliente, collaborativa, open source
Una smart city nasce da chi la abita: quanto più si adatta alla struttura della società e del territorio urbano, tanto più produce valore. E la consapevolezza dei cittadini rispetto a come la loro città funziona, a quali caratteristiche ha dal punto di vista economico e sociale, può fare la differenza nel generare dialogo e partecipazione attiva. In questo senso gioca un ruolo fondamentale la capacità di raccogliere dati e renderli accessibili e utilizzabili dai cittadini. Non basta creare piattaforme open data: queste devono essere il punto di partenza per coinvolgere in modo partecipativo, fin dalle fasi iniziali dei progetto, la comunità. Ampliare la platea di voci che trovano ascolto, attivare modelli di condivisione anche economici (pensiamo alla sharing e alla circular economy): un cambio di paradigma, che richiede anche di introdurre nuove piattaforme capaci di integrare le relazioni tra PA e cittadini.
La dimensione tecnologica: infrastrutture e piattaforme per la città digitale
Ci sono tre fattori tecnologici principali che determinano efficacia, scalabilità e successo: disporre di infrastrutture di comunicazione di rete sicure, affidabili, capillari, che permettono di accedere ai servizi digitali e di aggregare i dati; dotarsi delle infrastrutture per ospitare le applicazioni e per raccogliere, conservare, analizzare i dati; costruire piattaforme applicative, sia per una gestione centrale, sia per i singoli sistemi e servizi.
La dimensione comunicativa: dialogo e coinvolgimento per “la città umana”
“Fare” una smart city non è immettere tecnologie innovative in un centro urbano: è avere l’obiettivo di rispondere in modo nuovo a domande anche esse nuove – assistenza, sicurezza, qualità della vita, partecipazione, innovazione. Avere gli strumenti per coordinare il dialogo tra tutti gli attori coinvolti, con una mediazione culturale capace di affrontare difficoltà e chiusure, dare responsabilità alle persone, e condividere in modo chiaro e coerente fasi e obiettivi dei progetti. Anche il progetto meglio studiato si arena se non viene capito e fatto proprio, perché i cittadini a cui si rivolge non hanno consapevolezza di come usare quanto viene messo a disposizione.