Ritorno di fiamma del governo per il meccanismo del cashback, la cui introduzione era stata paventata già lo scorso anno, in sede di discussione durante la legge di bilancio. Il bonus bancomat entrerebbe in vigore dal 1 dicembre e arriverebbe a coprire fino alla cifra di 300 euro l’anno.
Regole e modalità d’accesso
Saranno due i criteri fondamentali per avere diritto al bonus bancomat, da parte di chi effettuerà i pagamenti tramite carta di credito. Una soglia di spesa da effettuare con moneta elettronica e un numero minimo di operazioni da effettuare, per fare in modo che la carta venga utilizzata anche per operazioni minori.
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Nell’ipotesi dell’esecutivo, il rimborso stimato ammonterà a circa il 10% della spesa, vale a dire 300 euro su 3.000 pagati. Il programma è parte integrante del piano “Italia Cashless“, stilato dal governo. Esso punta a disincentivare il pagamento tramite moneta tradizionale, dopo l’abbassamento del limite del contante da 3.000 a 2.000 euro, dal 1 luglio scorso. Limite che, secondo quanto riporta La Stampa, dovrebbe scendere a mille euro entro il 2022.
I punti da definire
Restano tuttavia fumosi alcuni aspetti, legati innanzitutto agli esercenti tuttora senza POS. A questo proposito, nella giornata di ieri, 7 settembre, ha avuto luogo l’incontro con gli operatori cosiddetti “acquirer“, che convenzionano cioè gli esercizi commerciali per l’utilizzo del POS. Presenti American Express, Postepay, Satispay, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Paytipper, Bancasella, Bancomatpay, Nexi, Iccrea e BNL Axepta.
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La richiesta del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, agli operatori, sarebbe stata di favorire un maggiore impulso all’uso della tecnologia nei pagamenti. Con lo scopo di connettere meglio il sistema dei pagamenti con le amministrazioni statali. Un obiettivo da realizzare attraverso la rendicontazione delle transazioni con la piattaforma PagoPa e le analoghe bancarie, oltre che mediante il trasferimento di informazioni all’Agenzia delle Entrate.
Un altro tassello mancante riguarda l’aspetto legislativo. Non c’è ancora l’ombra del decreto attuativo sul cashback, in attesa dell’approvazione del Garante della Privacy e della Corte dei Conti.
Cashback e contrasto d’interessi: un falso mito
Già proposta in precedenza, la soluzione del cashback si inserisce nella logica del contrasto di interessi secondo cui in un incontro fra venditore e compratore, la convenienza a evadere dell’uno trova ostacolo nella convenienza a eseguire una transazione regolare nell’altro. Ciò diventa realizzabile attraverso l’effettuazione di uno sconto fiscale cospicuo. Il tutto allo scopo di ridurre l’evasione fiscale. Ma c’è un ma. E cioè che, sottoposto ad evidenza empirica, questo sistema non funziona, in quanto la condizione necessaria per ridurre l’evasione fiscale è di causare una perdita nel gettito complessivo dello stato.
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I motivi, spiegati dal Foglio, sono fondamentalmente due. Il primo sta nel fatto che, per evitare il pagamento in nero, la detrazione deve essere molto alta, poiché l’evasione resta sempre la soluzione più conveniente, rendendo comunque possibile un accordo fra le parti per evitare lo scontrino. Il secondo risiede invece nell’applicazione generalizzata della detrazione fiscale, che comprende pure le regolari transazioni. Il risultato sarebbe dunque di una perdita di gettito complessiva per l’erario. In poche parole, o lo sconto è troppo esiguo e resta comunque conveniente pagare in nero, o diventa troppo generosa e causa un disavanzo per le finanze dello Stato.