Somme più alte per le attività costrette a chiudere dall’ultimo dpcm. Ma i fondi basteranno?
Non si dovrà inoltrare nessuna domanda per ottenere ristori a fondo perduto e la perdita di fatturato non sarà più una discriminante per accedere o meno a questi indennizzi. Queste sono i due aspetti chiave che riguardano uno degli interventi più attesi da parte di milioni di commercianti ed esercenti che, in queste ore, vivono momenti di grande incertezza sul futuro. L’ultimo dpcm approvato dal Governo Conte come misura estrema per evitare il lockdown e «salvare il Natale» – parole del premier – ha imposto la chiusura di strutture come palestre e piscine, lasciando aperti bar e ristoranti fino alle ore 18 con la possibilità di effettuare l’asporto e la consegna a domicilio sempre tenendo a mente il coprifuoco delle 23.
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I ristori: immediati ma differenziati
Stando a quanto si legge sulla stampa, i ristori a fondo perduto saranno più alti per tutte quelle realtà per le quali è già iniziato il lockdown, ovvero la chiusura totale: sono le palestre, le piscine, i cinema e i centri sportivi; discorso diverso per bar e ristoranti che, pur dovendo operare con limitazioni, potranno continuare a lavorare nelle prossime settimane. In virtù di questa differenza a questi ultimi sarà riconosciuto una somma inferiore.
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A occuparsi della assegnazione dei ristori a fondo perduto ci sarà l’Agenzia delle Entrate. La seconda ondata minaccia di colpire duramente il settore del commercio che, faticosamente rialzatosi dopo il primo lockdown, ora teme il peggio. Il nodo da sciogliere riguarda però i fondi destinati a ristorare chi è già a rischio fallimento: stando ai calcoli de Il Sole 24 Ore servirebbero almeno 4 miliardi di euro per la cassa integrazione a cui se ne dovrebbero aggiungere altri 2 per i ristori a fondo perduto. Infine Palazzo Chigi sarà chiamato anche a intervenire su un’altra misura che, al momento, impedisce di vedere il quadro di crisi che l’Italia ha di fronte: il blocco dei licenziamenti. Per quanto ancora sarà prorogato?