E il Next Generation Eu per superare l’emergenza post Covid-19 potrebbe dimagrire: sul tavolo un taglio di almeno 50 miliardi ai sussidi
L’Olanda lo chiama “freno di emergenza” ed è l’ipotesi di compromesso elaborata dal governo di Mark Rutte per tenere sotto controllo Paesi come l’Italia, di cui – come ha ammesso l’altro falco, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz – i Frugal Four non si fidano affatto. Consiste in verifiche continue dell’Econfin, il consesso dei Ventisette ministri delle Finanze e del Consiglio europeo, i vertici tra capi di Stato e di Governo, che potrebbero fermare in ogni momento l’erogazione degli aiuti del Recovery Fund anche a seguito della manifesta contrarietà di un solo Paese europeo. Il freno di emergenza consentirebbe infatti a chiunque fosse interessato di indagare sui metodi di spesa dei soldi del Next Generation Eu, chiedendo “entro tre giorni”, di portare la questione “senza ritardi” al Consiglio europeo, o all’Ecofin, per “affrontare” la questione “in maniera soddisfacente”. Ed eventualmente bloccare l’erogazione dei soldi.
Freno di emergenza o marcia folle?
Un piano folle. Come la marcia, volendo continuare con le metafore che chiamano in causa i motori. E che rischia di impantanare il percorso dell’Unione europea proprio come se si mettesse in folle. Sono troppe infatti le controindicazioni al piano voluto dall’Olanda per strappare il suo consenso al Recovery Fund.
Anzitutto, gran parte della storia dell’Unione europea negli ultimi 63 anni (partendo dal Trattato di Roma) è stata rallentata proprio dal diritto di veto e dalla difficoltà di cedere poteri a istituzioni, come il Parlamento europeo, in cui le decisioni vengono prese a maggioranza e non all’unanimità. È impossibile mettere d’accordo tutti, chi partecipa alle riunioni di condominio lo sa bene e quello europeo è uno stabile litigiosissimo in cui emergono sempre più chiaramente le differenze di vedute tra chi sta all’attico e chi all’ammezzato.
Mark Rutte
In secondo luogo, la politica economica post pandemica delle singole nazioni verrebbe dettata di fatto dagli altri Stati, che perderebbero quindi il proprio status di “primus inter pares”. Insomma, o l’Italia fa le riforme che vuole l’Olanda, nei tempi che vuole l’Olanda, o l’Olanda chiude i rubinetti. Si tratterebbe di una gravissima intromissione nella nostra sfera interna, un vulnus della nostra sovranità nazionale, peraltro ingiustificato. Una cosa, per fare un esempio affine, è il controllo esercitato dal MES, che è l’istituto che elargisce i soldi, ben altra è dover rispondere delle proprie azioni a un soggetto che non si configura nemmeno come il diretto creditore.
I Frugal Four
Terzo: ogni riforma d’ampio respiro finirebbe ostaggio di frizioni politiche. Cosa succederebbe se l’Olanda o l’Austria, in vista di importanti appuntamenti elettorali, avessero bisogno di fare la voce grossa in Consiglio europeo? Con ogni probabilità bloccherebbero le altre tranches di denaro indirizzate ai Paesi del Sud. Stesso scenario nel caso in cui salissero al potere partiti maggiormente sovranisti o se, dopo le elezioni di casa nostra, andasse al Governo del nostro Paese un partito che va meno a genio ai Frugal Four. Ma le riforme hanno bisogno di tempo, soldi e stabilità: è impensabile progettare un sistema che in ogni momento potrebbe essere ridiscusso.
Il premier italiano Giuseppe Conte e la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen
© Palazzo Chigi
Ultimo punto: l’Italia in questa sfida ha avuto due potenti alleati. Da un lato la Commissione europea, artefice del Next Generation Eu da 750 miliardi di euro in discussione oggi. Dall’altro il Parlamento europeo che, merito anche della guida di David Sassoli, tiene una posizione opposta rispetto al Consiglio e ha più volte detto che il Recovery Fund dovrebbe essere solo l’inizio, perché l’Unione europea dovrebbe dimostrarsi ancora più coraggiosa e solidale. Con il freno di emergenza olandese, però, il dibattito si sposterebbe dalle due istituzioni vicine all’Italia a quella meno solidale.
Il compromesso a ribasso del Consiglio europeo
C’è poi un altro fronte che potrebbe svantaggiare l’Italia: secondo l’ANSA, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel starebbe per formulare una proposta di mediazione. Recovery fund tagliato nella parte sussidi (da 500 a 450), ‘rebates’ più alti, chiave di distribuzione modificata (60% dei fondi distribuiti in base a Pil e disoccupazione degli ultimi 5 anni, e 40% in base al calo della crescita solo dell’ultimo anno). E pare che nel documento si faccia accenno anche al freno di emergenza chiesto dall’Aia.