“C’è ancora molta strada da fare”, c’è stata “la conferma di “un ecosistema in crescita” che incuriosisce gli investitori. L’accoglienza è stata più “calorosa” rispetto al Tech Tour del 2003. Quando Zuco, oggi co-presidente dell’evento, era uno degli startupper in mostra
Giuseppe Zuco è co-fondatore di Octo Telematics. Nel 2003 presentava la sua startup durante il primo Italian Tech Tour. Oggi è Chief Technology Strategist della stessa società, diventata nel frattempo una multinazionale con sedi a Boston, Roma, Londra, Stoccarda, Madrid e San Paolo. E da selezionato è passato dall’altra parte del tavolo: co-presidente dell’Italian Tech Tour 2016. Chi meglio di lui può fare un bilancio di questa tre giorni? Per sapere com’è andata. E capire che cosa è cambiato rispetto a tredici anni fa.
Che Tech Tour è stato?
L’evento si è rivelato particolarmente coinvolgente in questa sua nuova edizione. Penso si possa tranquillamente affermare che sia andato molto bene. Tutti i partecipanti hanno espresso un giudizio positivo e hanno avuto l’opportunità di scoprire realtà innovative e startup interessanti anche qui in Italia.
Cosa ha rappresentato per l’ecosistema italiano?
Una conferma. L’ecosistema è in crescita sia quantitativamente sia qualitativamente. Le startup finalmente sono supportate ed incentivate anche tramite finanziamenti dello Stato, come quelli di Invitalia. Il programma ha finanziato già 700 startup investendo più di 200 milioni di euro. Un vero successo, che sarà ampliato con nuovi finanziamenti. Noi in Octo Telematics abbiamo un programma di Corporate Incubation che prevede progetti congiunti con startup di tutto il mondo. Attualmente stiamo coinvolgendo 11 startup selezionate tra quelle più innovative e con progetti attinenti al nostro business ed all’interazione delle tecnologie Octo.
In una nota che accompagnava il lancio dell’Italian Tech Tour, ha parlato di “nuovo Rinascimento”…
Credo si possa parlare di Rinascimento Italiano nel settore delle startup perché il numero e la qualità, così come gli investimenti in Venture Capital, stanno registrando un aumento più che significativo. L’intera industria italiana del settore ha altissimi tassi di crescita grazie anche ad una nuova legislazione che finalmente va in direzione moderna e funzionale. Prevede, ad esempio, una detassazione per gli investitori, semplificazioni per i contratti di lavoro e per le regole fiscali. Siamo ancora lontani dalla startup Nation israeliana, ma si sono ottenuti risultati importanti: a fine marzo 2016, il numero delle startup registrate alle Camere di commercio è superiore a 5000 in fortissimo aumento rispetto all’edizione di Techtour in Italia del 2003, quando se ne contavano circa 100.
Trombetti (Pi Campus) ha detto a Startupitalia di aver raccontato nei mesi scorsi l’ecosistema italiano agli investitori esteri. E di aver visto “sorpresa”. Com’è stata la loro reazione sul campo?
L’Italia per molto tempo è stata fuori dal radar degli investitori ma nel frattempo, fortunatamente, è fortemente cresciuta con un ecosistema moderno e una legislazione favorevole.
In un video del 2003, il fondatore del Tech Tour Lingjaerde raccontava l’accoglienza scettica. Com’è stata quella di questa edizione?
Molto più calorosa. Grosso entusiasmo è stato dimostrato per Pi Campus, che rappresenta un ambiente di lavoro innovativo ed internazionale. Inoltre, ritengo che la chiave del successo sia stata l’accurata scelta degli speaker, in grado di innalzare la qualità dell’evento ad un livello considerevole. Il ritorno del Techtour in Italia è la conferma di un interesse ritrovato.
Che consiglio darebbe agli startupper che, in questa tre giorni, hanno avuto una vetrina così importante?
Consiglierei di essere tenaci, determinati. Di portare avanti le proprie idee, essendo capaci, al contempo, di fare un passo indietro. O, per meglio dire, verso le esigenze della startup nel suo complesso. E’ doveroso limitare l’egoismo: meglio avere poco di un’azienda e realizzare il proprio sogno piuttosto che tenere il 100 senza concludere nulla.
2003-2016: che cosa c’è in più da allora nell’ecosistema italiano? E che cosa manca (come allora)?
C’è maggiore interesse e fiducia verso aziende giovani, con grandi idee e voglia di fare. Le infrastrutture stanno migliorando, le scuole e le università stanno formando talenti sempre più preparati. Siamo però ancora lontani dalla maturità dimostrata da gli Stati Uniti o Israele, dove gni startup nasce già con una visione e un business model internazionale, che può essere facilmente applicato in più paesi. Agli startupper italiani spesso manca questa capacità.
Nella Silicon Valley, ad esempio, ogni anno si creano circa 15-20 mila startup high tech finanziate (nella fase seed) da Business Angel ed acceleratori con circa 1 miliardo di dollari. In Italia se ne creano circa 1000, finanziate con circa 30 milioni di Euro. Se pensiamo che in Silicon Valley abitano circa 3 milioni di persone abbiamo ancora molta strada dinanzi a noi.