Spiegazione dell’Inculator in 20 righe
Mettiamo per un attimo da parte le risposte retoriche. Nel campo delle startup e dell’innovazione, inculator è un neologismo coniato per sintetizzare i termini incubatore e acceleratore. Comparsa per la prima volta in un rapporto dello Unitus Seed Fund (un fondo di investimento che opera con startup indiane), la parola – secondo il managing partner Will Poole – dovrebbe aiutare nell’opera di standardizzazione della nomenclatura per aiutare le persone a capire come sistemare e comparare “le mele con le mele e le arance con le arance”. Il sito Devex.com sostiene che la parola si imporrà agli investitori, agli imprenditori e a tutti coloro che si interessano di innovazione e che si riuniranno durante l’annuale incontro a San Francisco per il Social Capital Markets.
Una nuova parola per un nuovo concetto. L’inculator dovrebbe rappresentare la sintesi in cui coniugare le possibilità materiali degli incubatori con la spinta e gli incentivi degli acceleratori.
le mele con le mele e le arance con le arance
Gli incubatori forniscono infatti le infrastrutture, gli uffici, la logistica e il networking per le nuove realtà. Gli acceleratori sostengono le startup in fase di avvio e accelerazione investendo per poter far aumentare la crescita in tempi più brevi. Gli inculator rappresenterebbero quindi la realtà di alcuni incubatori e acceleratori che non si limitano più solo agli aspetti pratici della crescita o della connessione, ma permettono la crescita e lo sviluppo delle startup con una proiezione verso il futuro.
Gli inculator avrebbero anche il vantaggio di indirizzare e veicolare meglio sia le aspettative degli startupper che di coloro che in queste investono. Questa nuova realtà dovrebbe descrivere ciò che già accade in alcuni incubatori che non si limitano agli aspetti materiali e in alcuni acceleratori che forniscono anche supporto materiale. Gli inculator sono realtà già esistenti solo che ancora non avevano ricevuto un nome che le identificasse. Speriamo solo che in questo caso il motto latino “nomen omen” non sia poi così azzeccato.
di Niccolò Agrimi