Fare (davvero) a meno delle banche, si può fare. Ci prova Transferwise, la startup da 1 miliardo di dollari che aiuta a trasferire denaro all’estero con bassi costi di commissione. Secondo il Wall Street Journal, il servizio di Kristo Kaarmann e Taavet Hinrikus sta acquistando licenze in Usa e in altre parti del mondo per mettersi in proprio e “defenestrare” molti dei suoi partner bancari di cui si serve oggi per le operazioni di deposito e trasferimento di denaro.
La contraddizione del fintech
Sostanzialmente quasi tutte le startup fintech dicono di voler rimpiazzare le banche e poi sono (quasi) tutte costrette a collaborarci. Una relazione complessa quella tra banche e fintech che è il nodo intorno al quale ruota il presente e futuro dell’intero settore. Transferwise stessa nei suoi primi cinque anni di attività ha stretto partnership con gruppi bancari come Barclays e istituti finanziari più piccoli come New York bank e Community Federal Saving Bank. Ma la situazione potrebbe presto cambiare, come anticipa il Wall Street Journal che svela la nuova strategia della startup, quella di acquisire licenze e offrire in proprio molti dei servizi che oggi “chiede in prestito” alla finanza tradizionale.
La multa che porta all’indipendenza
Sempre secondo la rivista americana, la decisione sarebbe nata all’indomani di uno scontro che Kaarmann e Hinrikus hanno avuto con le authority del New Hampshire, dove la startup è stata penalizzata con un’ammenda di più di 16mila dollari per avere operato senza avere una presenza effettiva sul territorio. Una situazione che avrebbe potuto essere la prima di una lunga serie, specie in US dove i trasferimenti monetari sono controllati da leggi ferree in ogni Stato: «Il solo modo per offrire i migliori servizi a livello globale è agire con strategie locali in ogni mercato» ha dichiarato Hinrikus, rendendo palese la sua scelta di acquisire licenze per operare in piena autonomia. La scelta avrà delle conseguenze evidenti, da un lato la startup dovrà occuparsi direttamente di operazioni complesse come i controlli sugli utenti che usano il servizio e le garanzie offerte a chi deve ricevere i soldi, dall’altra porterà a un abbassamento ulteriore delle fee e una maggiore semplificazione delle procedure, come conferma lo stesso Hinrikus: «Il costo per ogni singolo pagamento è destinato a ridursi».
Dov’è che Transferwise può fare a meno delle banche
A oggi Trasferwise ha ottenuto licenze per 37 Stati, in altri potrà operare in autonomia, mentre in altri ancora continuerà a servirsi di partner bancari. Le fee che vengono addebitate al consumatore sono tra lo 0,7% e l’1,5%, mentre tassi più bassi sono offerti su alcuni degli scambi più frequenti, come quelli tra sterline ed euro. Una strategia che ha portato al successo dell’azienda che trasferisce miliardi di dollari in media ogni anno.
Perché le fintech preferiscono la strada delle licenze
1) Minore complessità: in altre parole, una licenza sui depositi porterebbe a un controllo diretto sulle operazioni dei consumatori, con la conseguenza di diminuire i tempi delle procedure di controllo (che avvengono in proprio) e velocizzare i trasferimenti.
2) Una maggiore varietà di prodotti: fidi, conti di risparmio… I fondatori di Transferwise hanno dichiarato che offriranno sempre più servizi per i loro utenti.
3) Una riduzione dei costi nel tempo: le licenze hanno costi molto alti, è vero. Ma è altrettanto vero che sono alte anche le fee che vanno devolute a eventuali partner finanziari. Qual è la strategia migliore? Essere indipendenti investendo molto all’inizio, o essere dipendenti pagando a vita gli istituti finanziari per “noleggiare” i loro servizi?
4) Nessuna responsabilità per errori di terze parti: è un po’ quello che è successo a TransferWise coinvolta, suo malgrado, in un’ammenda causata dal mancato rispetto delle normative di una banca con cui ha stretto una partnership, la Raphael Bank in UK. In questo caso, avere le proprie licenze avrebbe evitato che la startup fosse coinvolta in guai simili.