La startup è nata con l’obiettivo di competere con WhatsApp, ora invece sfida Slack. La decisione di mettere al primo posto la sicurezza dei dati dei clienti le ha permesso di lavorare con un numero sempre maggiore di grandi aziende che operano in settori strategici nazionali
Nei giorni scorsi si è fatto un gran parlare della fuga di utenti da WhatsApp per via dell’aggiornamento delle regole della privacy. Moltissimi, temendo che la popolare chat dall’iconcina verde giochi i medesimi scherzetti di Facebook – più volte sanzionata dalle autorità di garanzia di mezzo mondo – soprattutto ora che la proprietà è comune, hanno preferito riparare su Telegram e Signal. C’è invece chi da tempo ha deciso di operare una scelta di campo opposta, anche per sopravvivere alla concorrenza spietata dei colossi cinesi e statunitensi: “I big ti danno il prodotto gratis ma si tengono i tuoi dati: noi abbiamo capito che per ricavarci la nostra nicchia di mercato dovevamo invertire il paradigma e rivolgerci quindi alle aziende, le sole che oggi pagherebbero per la certezza di vedere tutelata la propria privacy e la sicurezza che nessuno, oltre a loro, disporrà dei dati veicolati su una chat”, ci ha raccontato Luigi Fidelio, co-founder di Messagenius, startup tutta italiana nata col sogno di competere con Wapp e che ora punta a insidiare Slack. Ma andiamo con ordine.
La storia di Messagenius
L’idea di Messagenius nasce una quindicina fa, da un’esigenza personale: “Simone Giacco [l’altro cofounder ndR] stava cercando un modo per tenersi in contatto con la sua ragazza di quel periodo senza fare continue, lunghissime, dispensiosissime, telefonate e dato che era un programmatore iniziò a pensare seriamente alla possibilità di sviluppare un programma nuovo…”. Da qui l’intuizione di creare qualcosa che rivaleggiasse realmente con Messenger e WhatsApp: “Inizialmente – racconta sempre Luigi – l’idea era quella di battere la concorrenza puntando soprattutto sui messaggi vocali. All’epoca se volevi inviarli dovevi registrarli al di fuori dell’app di messaggistica per poi allegarli a parte, come qualunque altro file. Noi pensavamo invece che si potesse creare qualcosa di più immediato”. Ma erano ormai i mesi in cui la corazzata di WeChat stava per approdare sul mercato con le medesime features: “Da un lato ciò ci fece capire che l’intuizione era giusta, ma dall’altro che eravamo ormai tagliati fuori dai big”.
Serviva insomma rimettere a posto le idee e capire come ripartire, ma anche studiare le rivali d’Oltreoceano da vicino: “Vincemmo la possibilità di presenziare a una startup school in Silicon Valley, per andarci abbiamo fatto ogni genere di sacrificio”, ammette Luigi. “Siamo partiti con i soldi imprestati dai parenti, abbiamo dormito nella peggiore bettola di San Francisco: avevamo un coltello piantato sul soffitto della nostra camera da letto e confinavamo con uno strip club. Di notte non riuscivamo a chiudere occhio… Ma almeno siamo tornati in Italia con le idee chiare: bisognava cambiare prodotto e alla svelta, perché avevamo capito quanto veloce andasse la Silicon Valley”, ricorda il co-founder di Messagenius.
E come nelle migliori storie, ecco comparire un Deus Ex Machina che ci mette lo zampino accelerando gli eventi: un incontro fortunato con l’ex presidente di Italia Startup Marco Bicocchi Pichi scovato per caso tra gli investitori durante un pitch romano: “Lo bloccammo all’uscita – ammette ridendo Luigi – gli raccontammo tutta la nostra storia e ci disse qualcosa che non scorderò mai: non ho elementi per decidere razionalmente se finanziarvi, ma vorrei che se tra vent’anni una cosa analoga capitasse ai miei figli, trovassero qualcuno disposto a credere nella loro idea. E ci diede cinquemila euro e il biglietto per andare a cercare investitori a Londra. Il resto è storia”.
Sì, perché nel frattempo Messagenius si è posizionato davvero nella scia di Slack: “Scherzando ci piace dire che siamo un tool di cybersecurity che fa anche da messaggistica. Abbiamo messo privacy e sicurezza dei dati del cliente al primo posto: installiamo il programma sui server aziendali, che manterranno tutti i dati e le conversazioni criptate e decriptabili solo con l’uso simultaneo di più chiavi date a persone di fiducia dell’azienda. Oppure tutto viene stoccato sui cloud dell’impresa. Noi però non abbiamo modo né di accedere ai loro dati né tanto meno di leggerli: fattori questi che ci rendono la chat ideale per uso interno nelle grandi aziende, soprattutto quelle che lavorano in settori di interesse nazionale, per esempio”.
Tra i clienti di questa giovane startup di appena 7 persone ci sono nomi di spicco, tra cui: Ferrovie dello Stato, Terna, Open Fiber e Sogei. E se lo scorso primo dicembre Salesforce ha annunciato l’acquisizione di Slack per 27,7 miliardi di dollari in azioni e contanti (la transazione si concluderà nel secondo trimestre del 2022), il rivale italiano non demorde: “Quest’anno vogliamo portare in porto un fundraising di almeno 1 milione di euro e lanciare una versione alleggerita del programma, auto-istallante, per aziende più piccole, così da rivolgerci anche a realtà sotto i 500 dipendenti. Perché la sicurezza e la tutela dei dati aziendali sta a cuore a sempre più realtà, soprattutto oggigiorno”.