Il 2015 è stato l’anno in cui molte banche centrali e agenzie di regolamentazione si sono espresse su Bitcoin, Blockchain e criptomonete. “Il sistema va regolato”, “no, lasciamo la situazione così com’è”, o ancora “non è sicuro, meglio starne lontani”. Sulle possibili soluzioni normative c’è ancora molta confusione e si fa fatica a trovare un fronte comune.
Qualcuno, però, ha iniziato a porsi il problema di regolmentare Bitcoin, e potrebbero esserci in questo 2016 risultati più concreti. Non è però solo una questione di tempo: c’è, infatti, anche chi pensa che la Blockchain sostituirà i regolatori e che quindi di norme non ce ne sia proprio bisogno.
Chi ha già legiferato su Bitcoin
Intanto, lo Stato di New York (da sempre pioniere della materia), la piccola isola di Jersey, la Pennsylvania e il North Carolina sono solo alcuni dei territori che durante l’anno appena passato si sono impegnati a regolamentare il fenomeno delle criptomonete. Ecco cosa hanno fatto:
STATO DI NEW YORK
La BitLicense è la norma con cui per la prima volta uno Stato (quello di New York appunto, attraverso il suo Dipartimento per i servizi finanziari) ha creato delle linee guida complete per la regolamentazione delle imprese che si occupano di valuta digitale. Le regole per ottenere la BitLicense includono la protezione dei consumatori, l’ antiriciclaggio e le forme di protezione e sicurezza informatica. «Penso che le regole siano destinate ad aumentare i costi d’ingresso nel mercato per le imprese che lavorano con Bitcoin», ha detto alla Reuters l’avvocato Ruben Grinberg, specializzato in moneta virtuali sottolineando però che la norma darà ai consumatori maggiore tranquillità.
PENNSYLVANIA E NORTH CAROLINA
Vorrei ma non posso. Si potrebbe sintetizzare così la volontà espressa dal Parlamento della Pennsylvania (stato confinante con quello di New York) di cominciare ad analizzare la questione Bitcoin in alcune audizioni, che sono però poi state bloccate e rimandate a causa di un problema di bilancio. L’intenzione era quella di dare una definizione istituzionale della “digital currency” come veri e propri “soldi”, ma tutto poi è stato bloccato. Una iniziativa simile a quella della Pennsylvania è quella del disegno di legge proposto la scorsa estate in North Carolina.
ISOLA DI JERSEY
Già considerata un paradiso fiscale, l’isola di Jersey – territorio indipendente che si trova nel Canale della Manica – si candida a diventare anche la prima isola che norma l’utilizzo di Bitcoin introducendo una forma di regolamentazione “light touch”. L’idea è quella di sfruttare una legge favorevole allo strumento della criptovaluta per agevolare anche questo tipo di business nell’isola.
Chi è a metà strada
CALIFORNIA
Quando si tratta di soldi in movimento o di tecnologia, la California è spesso tra le giurisdizioni più attive degli Stati Uniti. Eppure, nel caso delle criptomonete ha rifiutato sia di creare una licenza per le imprese che le utilizzano, sia di applicare all’utilizzo di questo strumento le leggi già esistenti sull’autorizzazione al trasferimento di denaro e anche di estendere in generale l’applicazione di quelle norme a Bitcoin. Infine, però nello scorso mese di marzo, lo Stato ha cominciato a introdurre un testo che dovrebbe esplicitamente regolamentare l’utilizzo dei bitcoin. Il disegno di legge – criticato perché rischierebbe di “bloccare la crescita di questo settore e ostacolare l’entusiasmo dei consumatori” – ha superato il voto dell’Assemblea californiana e verrà reintrodotto nel Senato nel 2016 .
GIAPPONE
È degli ultimi giorni del 2015 la notizia che il Giappone, attraverso la sua autorità di regolamentazione finanziaria, si sta avvicinando alla creazione di un sistema di registrazione e supervisione degli scambi domestici di valute digitali. Citando “fonti informate”, The Japan Times riporta infatti che un gruppo di lavoro nipponico sta ultimando un progetto di legge che, una volta terminato, sarà presentata al legislatore per il voto finale nel 2016.
Chi ancora ha dubbi
C’è anche un fronte del no che su Bitcoin proprio non riesce a cedere. In Armenia, per esempio la Banca Centrale ha avvisato i cittadini di stare lontani da questa forma di moneta e di non usarla come se fosse uno strumento di pagamento qualsiasi, spiegando che il loro utilizzo dovrebbe essere vietato proprio a causa della mancanza di regolamentazione a riguardo.
E anche nella avanzata e digitale Estonia, la Corte Suprema ha chiesto alla Banca Centrale, a due suoi ministeri e all’Autorità di regolamentazione finanziaria di chiarire la propria posizione su Bitcoin. La questione posta dai giudici si concentra sull’applicazione della legge antiriciclaggio alle attività che utilizzano Bitcoin, così come alla natura più ampia della tecnologia finanziaria.
«Ma la tecnologia sostituirà le regole»
A pensarla così è Franco Cimatti, presidente della Bitcoin Foundation Italia, che riguardo ai nuovi scenari globali sulla regolamentazione della criptovaluta, ma soprattutto agli smart contract ha detto «l’obiettivo di queste tecnologie è diventare la nuova regolamentazione». L’idea espressa da Cimatti è quella di eliminare, fin quanto sia possibile, il bisogno dell’intervento umano, e far si che sia un software, o una rete, ad eseguire certe operazioni, in base a precedenti accordi scelti ed eliminando quindi, l’errore umano, o il rischio di corruzione.
E riguardo al fatto che le banche centrali e le agenzie di regolamentazione difficilmente accetterebbero una soluzione del genere (che andrebbe a indebolire se non ad annullare il loro ruolo), il presidente di Bitcoin Foundation ha risposto: «l’obiettivo è far si che l’accettazione di queste “istituzioni” non possa interferire con il loro uso, Bitcoin è stato inventato con questo obiettivo, diventare un’alternativa alle banche, e se perderanno il loro ruolo, sarà una vittoria in questo senso. Non c’è una Bce, Fed o altro…del Bitcoin, le regole sono scritte sui nodi degli utenti distribuiti su tutto il mondo».
Quello che Cimatti prevede per il futuro è che «ci sarà la libertà di scelta e questo non si potrà impedire. Poi chi vuole, potrà scegliere se usare banche di vecchio stile, o affidarsi a istituzioni simili, oppure no».
Mariachiara Furlò
@mariachiarafur