Con la community wwworkers raccontiamo le storie di un’Italia che reagisce all’emergenza coronavirus. La prima storia ci porta dall’Italia alla Cina, andata e ritorno. Perché da un’intuizione imprenditoriale avuta all’Università di Pechino nasce lo scooter elettrico hi-tech
C’è un’Italia che continua a dare il massimo, pur rispettando le restrizioni normative imposte dall’emergenza coronavirus. E lo fa con soluzioni innovative, ripensando il proprio business attraverso le leve del digitale e sfruttando un’alleata oggi ancora più preziosa: internet. Ecco le storie dei wwworkers: sono piccole e medie imprese a conduzione familiare, eccellenza del tessuto produttivo nostrano, che continuano a lavorare per scalare oggi come in passato i mercati internazionali. Sono artigiani e bottegai che ripensano la relazione con i clienti presentandosi online e vendendo in ogni angolo del mondo grazie all’e-commerce. Sono professionisti che decidono di creare nuove alleanze trasversali e di connettersi tra loro grazie alle reti digitali. Se sei un wwworkers che prova a fare grande l’Italia segnala la storia a [email protected]
Con Hurba il filodiretto tra Italia e Cina
Partiamo da un ventenne che ha pensato di fare impresa in modo sostenibile. E in fondo di un sogno su due ruote che ha percorso diecimila chilometri, unendo idealmente l’Italia con la Cina. Ma stavolta, a differenza dei bollettini drammatici di questi mesi legati all’emergenza coronavirus, in questa storia si prova a guardare al futuro. Così Camillo Piscitelli – ventisettenne romano di nascita e globetrotter per professione, una formazione in lingue orientali all’Università La Sapienza e un presente da imprenditore – proprio in Cina ha avuto la sua intuizione. «Quattro anni fa, durante il mio anno di specializzazione all’Università di Pechino, sono stato affascinato dagli scooter elettrici utilizzati dalla stragrande maggioranza dei cinesi, e peraltro da più di vent’anni».
Così Camillo, tornato in Italia, ha messo in piedi Hurba: si tratta del primo vero scooter 100% elettrico, equipaggiato con una doppia batteria estraibile che si ricarica in sole tre ore dalla presa di corrente di casa – il tempo più basso sul mercato – e per un’autonomia dai cinquanta ai cento chilometri. «Nonostante le difficoltà del Paese legate all’inquinamento, si può tranquillamente affermare che la mobilità elettrica sia partita dalla Cina: lì non ci sono più scooter a benzina», precisa Camillo. Hurba nasce nell’estate del 2017 e ancora oggi unisce l’Italia alla Cina. «Siamo stati i primi ad aver portato uno scooter uguale a quello tradizionale, ma elettrico. Il nostro modello ha un design che ricalca lo scooter per come lo conosciamo. Questo è stato un elemento importante: ripensare il mezzo in linea quanto già utilizziamo», racconta Camillo.
Design innovativo e batterie in titanium
Il team di Hurba è composto da quindici persone ed è in Italia, mentre la produzione è a Shangai, con un parziale assemblaggio da noi. «Abbiamo iniziato con una prima produzione di 75 pezzi per Roma, poi raddoppiata lo scorso anno con 150 pezzi. All’inizio pensavamo di raggiungere i giovani, ma poi ci siamo resi conto che i clienti sono trasversali. Abbiamo venduto ai ventenni come ai settantenni. L’utente tipo è una persona attenta al risparmio e con una coscienza ambientale elevata». Italia chiama Cina, andata e ritorno. Seppure oggi con parecchie difficoltà. «Questa situazione d’emergenza ha creato rallentamenti perché la Cina si è fermata. Io mi sono trovato in Cina nella fase di lockdown, con l’allargamento della zona rossa. La percezione lì è di grande disciplina, tranquillità, rispetto delle regole. Insomma, la popolazione cinese ha mantenuto la calma e si è astenuta da scene di panico». Nei prossimi mesi Hurba metterà in commercio una nuova batteria in titanium in grado di ricaricarsi in soli venti minuti dalla presa di corrente di casa. «Dal modello orientale abbiamo preso la grande dedizione al lavoro e la capacità di trasformare completamente un mezzo che nasce in un modo facendolo diventare qualcos’altro. Poi ci abbiamo unito la nostra capacità italiana di pensare fuori dagli schemi».