Ci sono startupper che arrivano proprio da tutto il mondo per fare impresa in Italia, nonostante le difficoltà. Perché in fin dei conti l’Italia piace, e a molti. Queste storie racconteranno la vera forza del Paese.
Ci sono giovani italiani startupper che lasciano questo paese per fare impresa altrove, approdando in qualche altro angolo del mondo (anche se tendenzialmente le mete preferite restano Silicon Valley, Inghilterra e Israele). E poi ci sono altri giovani startupper che invece arrivano proprio da quegli angoli del mondo per fare impresa in Italia. Un percorso al contrario, cercando di scalare interesse e fatturato per le loro startup. Visionari, coraggiosi, digitalizzati, esploratori di nuovi mercati in nuovi contesti geografici: una generazione che non ha paura di fare impresa in latitudini differenti da quelle dove si è nati, puntando – anche con nostra sorpresa – sull’Italia.
Chi sono gli imprenditori dell’altro mondo
Eccoli allora i wwworkers dell’altro mondo: secondo il recentissimo rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione promosso dalla Fondazione Leona Moressa, l’8,7% degli imprenditori italiani è straniero. Una crescita dovuta a diversi fattori, anche normativi: d’altronde è del 2014 la disciplina generale sulla cooperazione internazionale allo sviluppo, che assegna per la prima volta un ruolo preminente alle comunità immigrate.
Emerge così che nell’Unione Europea il 6,7% della popolazione è rappresentata da stranieri. In Italia gli occupati stranieri hanno raggiunto i 2,3 milioni, impiegati soprattutto nei servizi, (47%), nell’industria (18%) e nell’edilizia (10%). Percentuali che tradotte in ricchezza nazionale portano in dote l’8,6% al PIL, permettendo di raggiungere i 125 miliardi di euro, con un contributo previdenziale dell’immigrazione al sistema pensionistico che si attesta sui 10,3 miliardi.
Le ricerche della Fondazione hanno evidenziato che in Italia le imprese condotte dai nati all’estero rappresentano l’8,7% degli imprenditori totali, e che queste aziende valgono 94 miliardi di euro. «Un fenomeno che porta più benefici ai paesi di destinazione, principalmente legati al gettito fiscale e contributi di previdenza, che a quelli di partenza», ha dichiarato su Vita.it Stefano Solaru, direttore della Fondazione Leone Moressa.
Anche l’Italia accoglie startup straniere
61 le candidature per Startup Visa
E che qualcosa stia cambiando lo dimostra anche la fotografia scattata poche settimane fa (dicembre 2015) dal Ministero dello Sviluppo Economico sugli imprenditori startupper dell’altro mondo, quelli che approdano da noi per fare impresa.
Argentina, Australia, Brasile, Giappone, Israele, Iran, persino Ucraina e Uzbekistan. Arrivano da ogni angolo del mondo queste eccellenze imprenditoriali che scelgono l’Italia. Lo attestano i numeri del programma Italia Startup Visa, procedura di semplificazione per l’imprenditoria straniera che arriva in Italia lanciata dal Ministero dello Sviluppo Economico nel giugno 2014 e che di fatto ha modificato l’iter standard per la concessione dei visti di ingresso per lavoro autonomo, con una semplificazione a beneficio di cittadini non dell’Unione Europea che intendono avviare una startup innovativa nel nostro Paese (a dicembre 2014, sul modello di Italia Startup Visa, è stato poi lanciato il programma Italia Startup Hub, con cui l’applicabilità della procedura semplificata è stata estesa anche ai cittadini non UE che già si trovano in Italia e intendono permanere per avviare una startup innovativa).
Ed eccoli i numeri: 61 candidature di imprese di stranieri in Italia, di cui 18 nel 2014 e 43 nel 2015. Di fatto una crescita di circa +70% da un anno sull’altro. L’identikit di questi imprenditori registra una prevalenza maschile, con 45 candidati rispetto a 16 donne, e un’età media di 34,2 anni. I Paesi di provenienza sono diciotto e toccano tutti i continenti: boom dalla Russia con 20 candidature, a seguire Ucraina con 10 e Stati Uniti con 7. Sono invece 54 le candidature che hanno riguardato la costituzione di nuove imprese, mentre 7 quelle in cui si è avuta un’aggregazione verso startup innovative già costituite, per lo più da italiani. Quasi la metà ha un background professionale di lavoro subordinato. Tra le aree professionali dominano l’informatica e il marketing, a seguire management e ingegneria. Di tutte le candidature il 65% ha avuto esito positivo, e una è stata effettuata tramite incubatore certificato. E sono quattordici le regioni prescelte dai detentori del visto: su tutte spicca la Lombardia e in particolare Milano, ma tra le regioni ci sono Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria, Campania.
Le storie degli startupper stranieri (online e dal vivo)
Numeri che mettono a fuoco una nuova generazione che sceglie l’Italia e che di fatto proveremo a raccontare ogni settimana qui su StartupItalia. E dall’online il racconto si sposta offline, incontrando queste eccellenze dal vivo. Perché questi imprenditori si danno appuntamento proprio la prossima settimana, martedì 19 gennaio alle ore 18 in Triennale a Milano per l’evento “MIX – Storie di successi interculturali” (qui per iscriversi all’evento, affrettatevi perché mancano pochi posti). L’evento è promosso dalla Fondazione EYU ed è condotto da Riccardo Luna. L’obiettivo è raccontare storie di successo legate agli effetti positivi della multiculturalità di professionisti che stanno portando linfa vitale in Italia. Queste storie le racconteremo su StartupItalia!
Qui la prima, quella di Bashkim Sejdiu.
Giampaolo Colletti
@gpcolletti