È appena terminato il Bootcamp del CheBanca! GrandPrix. Una settimana intensa e piena di significati per me sul mondo delle startup fin-tech italiano. Quattro le cose condividere al volo.
1. C’è molta vivacità e quindi ricchezza potenziale.
Quando lanciammo il programma e decidemmo con gli amici del Polimi e di StartupItalia! di creare una fase di shortlisting con bootcamp ero molto in dubbio se avremmo trovato almeno 10 startup fin-tech meritevoli di passare a questa fase. Bene, abbiamo avuto 69 candidature e alla fine ne abbiamo selezionate 14 invece di 10, c’era tanto da vedere, capire, aiutare.
Questi progetti coprono davvero aspetti molto variegati del fin tech, dai più glamour dei mobile payments e delle cripto currency, a quelli meno fashion ma assolutamente fondamentali del credit scoring o dei sistemi antifrode. E ancora, abbiamo selezionato e visto progetti su processi di credito per SME, social trading, social lending, crittografia, sistemi di fatturazione elettronica, di loyalty, strong autentication, digital advisory per gli investimenti. Che vivacità, che ricchezza.
2. Gli startupper italiani sono di ogni tipo.
Ti aspetti i classici universitari super geek e ti trovi davanti, oltre a loro, persone mature già con un business avviato, magari con uno spin off in testa, gente che ci sta provando da anni, startupper seriali, battitori liberi anche quarantenni con un’idea in testa che cercano di portarla avanti, aziende piccole ma già ben avviate, anche su mercati internazionali. C’è di tutto. Segno di ricchezza creativa e imprenditoriale. Di talento e coraggio. Anche segno però di mancanza di punti di riferimento, di sistema. Di ricerca di aiuto sparpagliata.
3. Serve un sistema, una maggiore collaborazione.
Era abbastanza evidente per noi che c’erano immediatamente delle potenziali sinergie tra diverse startup tra di loro. Chi si occupa di processi di credito per esempio può aver bisogno di un sistema di credit scoring digitale, chi fa mobile payments potrebbe avere sinergie con chi si occupa di sistemi antifrode o diloyalty. Chi fa advisory può essere interessato a nuovi supporti digitali al trading.
Spero che questa settimana sia servita anche ai nostri startupper per parlare tra loro, fare sistema, perfino mettersi insieme. Lato nostro è chiaro che c’è una forte necessità di creare un ecosistema tra fin-tech anche con i venture capitalist. Erano coinvolti al bootcamp. Alcuni di loro. Sono venuti. Ma forse serve maggiore interattività, maggiore partecipazione.
4. Questo sarà il modo per fare R & D in futuro.
Almeno 15 manager di Che Banca!, oltre al sottoscritto, sono andati al bootcamp, hanno parlato con gli startupper. Hanno scoperto un mondo.
Lo confesso, all’inizio non è stato facilissimo movimentarli. Ma alla fine non se ne volevano andare. Entusiasti. Gli startupper ci hanno arricchito.
È questo il punto, una banca per quanto digitale e new che sia diventa poi un’azienda strutturata focalizzata sui propri obiettivi prioritari. Si perde mano mano la spinta verso il vero nuovo. Quello disruptive. Quello a cui non riesci a pensare perché occupato a fare altro. Il pensiero laterale e out of the box, e l’entusiasmo, la focalizzazione e impegno 24h/day che solo uno startupper può dare.
Il fin-tech cambierà il banking. E noi non possiamo non aiutare e non guidare tutto questo e iniettarlo nella nostra banca.
In bocca al lupo ragazzi a tutti voi, il Bootcamp era solo la prima puntata.