Il servizio di streaming musicale più famoso al mondo si è arricchito negli anni di funzioni grazie alle startup che ha assorbito (11 finora): dalla personalizzazione delle playlist alla possibilità di condividere foto e video dei concerti, passando per la blockchain e l’intelligenza artificiale
Era il 2006 quando un’idea frullò nelle teste di Daniel Ek e Martin Lorentzon: permettere a chiunque di poter ascoltare milioni di canzoni gratis o con una sottoscrizione contenuta. Senza scaricare nulla e soprattutto senza dover fare nulla di illegale. Così nel 2008 nacque Spotify, il sistema di streaming musicale oggi più diffuso al mondo: 59 paesi, 75 milioni di utenti, più di un miliardo di fatturato e un valore di 8 miliardi di dollari. Un vero e proprio juke-box online che mette d’accordo il principio della condivisione dei file, imparato da Ek quando era Ceo di µTorrent, e la necessità di non andare troppo contro l’industria discografica. Spotify assicura di versare il 70 per cento delle entrate per pagare i diritti alle etichette, ai produttori e ai distributori. Ed è oggi una delle aziende di tecnologia più quotate insieme a Square, Dropbox, and Airbnb.
Nuovi servizi grazie alle acquisizioni
In questi anni Spotify ha raccolto 1,56 miliardi di dollari in 8 round da 26 investitori. Permette agli utenti di creare degli account gratuiti oppure di accedere alla versione premium pagando una piccola quota mensile. Può essere usato tramite applicazione su vari dispositivi o dal proprio computer e con il tempo si è arricchito di funzioni e servizi che all’inizio non offriva. Si è dotato di una radio che permette di creare delle playlist casuali generate in base al decennio o all’artista selezionato. E si è integrato sempre più con i social network, soprattutto con Facebook, attraverso il quale è possibile condividere le canzoni ascoltate. L’innovazione in casa Spotify è arrivata anche attraverso le acquisizioni di diverse startup che hanno contribuito a rispondere alle esigenze degli utenti. Undici operazioni in tutto secondo i dati di Crunchbase.
Maggio 2013: orientarsi tra le canzoni
La prima startup che Spotify acquisisce è Tunigo. In questo modo Spotify ottiene un servizio di creazione e condivisione di nuova musica e playlist. Guadagna anche la possibilità di ricercare i brani più adatti a particolari eventi della vita e tenere traccia degli ultimi album usciti. I dettagli economici dell’accordo non vengono resi noti. Si sa solo che questa acquisizione aiuterà gli utenti a orientarsi tra milioni di canzoni disponibili su Spotify.
Marzo 2014: intelligenza musicale
Echonest entra nella famiglia Spotify. Si tratta di una piattaforma di intelligenza musicale che lavora per media e sviluppatori ed è stata in grado di raccogliere 25,61 milioni di investimenti dall’anno della sua creazione. È un colpo importante per Spotify: Echonest aveva lavorato anche per grandi aziende come BBC.com, Foursquare, Mtv, Twitter, Vevo e Yahoo e raggiungeva da sola 100 milioni di appassionati di musica.
Febbraio 2015: lyrics made in Italy
Non è una vera acquisizione quella di Musixmatch. Ma la startup bolognese creata da Max Ciociola firma un accordo con Spotify per integrare nell’applicazione e nella versione desktop il più grande archivio di testi al mondo. Spotify capisce l’importanza di dare uno strumento facile e veloce per sincronizzare le tracce musicali ai loro testi. E lo trova in Italia, grazie a Musixmatch.
Giugno 2015: attenti ai gusti degli utenti
Spotify punta sull’analisi delle preferenze degli utenti grazie a Seedscientific. La startup di New York sviluppa software e algoritmi in grado intercettare le preferenze e i comportamenti degli utenti. Lo scopo è fornire dei contenuti personalizzati, in linea con le scelte fatte dagli utenti in precedenza.
Gennaio 2016: messaggistica e personalizzazione
Un solo giorno, il 20, e due acquisizioni: Cord Project e Soundwave. La prima è una startup nata nel 2014 e che porta a Spotify un servizio di messaggistica. Cord dà la possibilità di registrare la propria voce, una canzone o il proprio cane che abbaia e di condividere tutto con gli altri utenti. Per il momento, però, Spotify sembra non essere interessata alla parte vocale della piattaforma. Si accontenta di usarla per i messaggi di testo. La seconda startup acquisita è Soundwave. Ancora una volta Spotify investe sulla comprensione dei gusti dei suoi clienti. La startup irlandese fondata nel 2012 offre un sistema per registrare quali canzoni ascoltano gli utenti e dove, così da permettere anche di arrivare ai loro profili geografici. Un’innovazione premiata anche da Apple nel 2013 come Best Innovation in Music.
Aprile 2016: foto e video dai concerti
Nella primavera 2016 entra nella famiglia Spotify CrowdAlbum. Con questa acquisizione la società guidata da Daniel Ek si apre al mondo delle immagini. E strizza l’occhio anche ai musicisti che decidono di concedere la propria produzione a Spotify. Con CrowdAlbum è infatti possibile condividere foto e video degli eventi musicali a cui si partecipa. Tutto contribuisce a creare delle “storie visuali”, aggregando i contenuti relativi a uno stesso evento. Secondo Spotify questo servizio permette un contatto più diretto tra gli artisti e i fan.
Novembre 2016: Preact
L’ultima acquisizione del 2016 porta il nome di Preact, un servizio basato su cloud che aiuta le aziende a acquisire nuovi abbonati e mantenere i clienti attuali. Il team di Preact è specializzato nella predizione e nell’informazione del comportamento dei consumatori nei confronti dei sottoscrizioni e degli aggiornamenti attraverso analisi avanzate, tecniche di comportamento e tecniche di apprendimento delle macchine. Incrementare il numero di abbonati e a prevedere i comportamenti degli utenti, che potrebbero manifestare l’intenzione o la volontà di sottoscrivere un abbonamento mensile: ecco la mission di Preact.
…E nel 2017
Quando scriviamo (alla fine di luglio), sono 4 le startup che Spotify ha acquisito nel 2017: si tratta di Sonalytic all’inizio di marzo 2017, MightyTV alla fine di marzo, MediaChain ad aprile, Niland a maggio. Di queste la più interessante è MediaChain, la startup con sede a Brooklyn sta lavorando a un protocollo peer-to-peer per creare un network decentralizzato per la condivisione dei dati che sono necessari ai musicisti per essere pagati. Ne abbiamo parlato QUI.
Un servizio senza rivali
Certo, se confrontate con il numero di acquisizioni collezionate dai colossi Twitter e Facebook, le 11 startup che ora sono parte di Spotify sembrano poche. Ma sono comunque la dimostrazione di una società in crescita che continua ad attrarre investimenti e che domina il settore. Non sono mancate anche le critiche a questo servizio, spesso accusato dagli artisti di non fornire pagamenti adeguati. Ma Spotify non ha rivali. Moderno, amato dai giovani, accessibile a tutti. Da gennaio Spotify dà anche la possibilità di avere accesso a una serie di video provenienti da Bbc, Espn, Vice Media e Maker Studios. Niente film o serie tv, però. Solo contenuti selezionati che hanno a che vedere con il mondo della musica. La sua sempre più vasta community lo considera ormai un servizio irrinunciabile.