Tutti pensavano che Elon Musk stesse scherzando quando racconta ai suoi più cari amici la sua idea di colonizzare Marte. Quando gli viene in mente l’idea di creare un business nel campo spaziale, Musk è stato appena defenestrato da PayPal. Così si è conclusa la seconda parte della nostra storia.
Nella sua “terza vita”, Musk vive una fase di frustrazione. Sì, è vero è un trentenne miliardario, ma è come se avesse la sensazione di non avere ancora compiuto il grande passo, quello a cui sembra destinato. Dopo PayPal, torna alle sue fantasie di bambino di esploratore dello Spazio. Nella biografia su Elon Musk di Ashley Vance si racconta di un incontro che si tiene all’Hard Rock Cafe tra Musk e alcuni dei suoi più cari amici: «Eravamo tutti al pub a parlare, mentre Elon se ne stava in disparte a leggere un oscuro manuale sui razzi sovietici che aveva comprato su eBay», racconta Kevin Hartz, uno dei primi investitori di PayPal.
Musk ha ormai deciso di investire nel settore spaziale, ma non sa proprio cosa vuole fare e da dove cominciare. Allora inizia dalle basi. Si trasferisce a Los Angeles, la patria dell’industria spaziale e diventa membro della Mars Society, una non profit che progetta piani per esplorare il Pianeta Rosso. Ne diventa socio e la finanzia prima con 5mila dollari e poi con un investimento più sostanzioso di 100mila, per consentire la creazione di alcuni centri di ricerca nel deserto.
Alla conquista di Marte
Lo schema della costruzione delle sue aziende si ripete. Sia con Zip2 e successivamente con PayPal, la prima parte del suo lavoro è di ricercare i migliori talenti nel campo. L’iscrizione alla non profit va proprio in questa direzione. Lì ha la possibilità di incontrare alcuni dei rappresentanti migliori della community dell’aeronautica, o comunque semplici appassionati, tra i membri ex dipendenti della NASA, CIA, dell’esercito, ma anche personaggi di Hollywood, come il regista James Cameron.
All’inizio la community non lo accoglie nel migliore dei modi. Gli altri membri pensano che lui sia solo uno dei soliti giovani miliardari strampalati che sognano di conquistare lo Spazio, senza alcuna idea attendibile. E Musk, a dire il vero, non è lontano da quel cliché, non sa proprio cosa voglia fare su Marte,a differenza di PayPal dove aveva le idee chiare e una precisa volontà, quella di portare il mondo finanziario su Internet.
Frequentando le riunioni della non profit inizia a vagliare una serie di idee. In una avrebbe investito per portare dei topolini su Marte. Vance racconta di quando Musk confida a George Zachary, amico e investitore, questa sua volontà. La scena è esilarante: «Ma poi riporterete i topolini sulla Terra? Perché se non lo fate, molti penseranno che siete pazzi», è la replica di Zachary a Musk.
Zachary non è il solo suo amico che teme per la salute mentale. Per Musk non è poi un bel periodo, debilitato fisicamente per il troppo lavoro, subisce la perdita di suo figlio Nevada Alexander Musk, morto a 10 settimane dalla nascita. Vance racconta che il bambino muore tra le braccia dell’imprenditore.
Voleva comprare i razzi dai russi
Intanto, la prima idea di business è troppo complessa, come lo è la seconda. Quella di portare non più dei topolini, ma delle piante e farle crescere sul Pianeta Rosso. Anche se troppo futuristica, l’ipotesi è affascinante. Musk vuole trovare un modo per riprendere la crescita delle piante e inviare video sulla Terra.
Ma ci vogliono dei razzi per trasportare tutto. Per provare ad acquistarli, incontra Jim Cantrell, una ex spia che ha lavorato per diverse agenzie governative e conosce bene il mondo militare russo.
Il viaggio in Russia per acquistarli non va come ha programmato. I russi vogliono otto milioni di dollari per ogni razzo e Musk non è disposto a spendere quella cifra. Mentre è di ritorno all’aeroporto con alcuni suoi fedelissimi che lo hanno accompagnato nel viaggio dice loro “Hey ragazzi, perché non costruiamo razzi da soli?”.
Ora le idee iniziano ad essere più chiare. Niente più topolini e piante, per ora, la sua azienda avrebbe costruito razzi per trasportare carichi molto più efficienti ed economici, rispetto a quelli sul mercato. La promessa di Musk è ambiziosa, se per trasportare un carico di 249 chili, le più importanti aziende aerospaziali, come la Lockheed Corporation, richiedono investimenti di anche 30 milioni di dollari, la sua società avrebbe trasportare un carico doppio per soli 6,9 milioni di dollari.
E alla fine ha deciso di farseli da solo. Investendo 100 milioni
Più veloci, reattivi sul mercato ed economici, Musk sta applicando i principi della lean startup nel mondo aerospaziale.
A giugno del 2002, lancia SpaceX. L’investimento è di 100 milioni, una parte dei soldi che ha ottenuto dalla vendita di PayPal ad eBay. Compra un vecchio capannone, al 1310 di East Grand Avenue in El Segundo, un sobborgo di Los Angeles e lo rimette a nuovo. La squadra iniziale è composta da 12 persone, tra cui Tom Mueller, uno dei più grandi progettisti di razzi spaziali al mondo.
Intanto, continua l’attività di recruiting nelle università alla ricerca dei migliori talenti ingegneristici da inserire in azienda.
Le cose iniziano a muoversi. Almeno così sembra. Mentre progetta il primo razzo, chiamato Falcon 1, in riferimento al Millennium Falcon di Star Wars, chiude il primo contratto con Vandeberg Air Force Base, per trasportare il satellite, TacSat-1, su incarico del Dipartimento della Difesa. Un primo tassello di una serie di vittorie dal punto di vista finanziario, come l’aggiudicazione appalto di rifornimento della Stazione Spaziale Internazionale della NASA del valore di 1.6 miliardi di dollari. E aumenti di capitale, i 20 milioni di dollari dalla Founder Fund, e da altri venture, tra cui anche Google, per un valore complessivo di 1,15 miliardi.
Fallire 4 volte, prima di farcela
I primi quattro tentativi di lancio finiscono male. Musk non si perde d’animo, ma intanto mette a repentaglio la serenità del team di lavoro. Appare continuamente in tv e sulla stampa, queste teatrini non piacciono agli ingegneri, ai quali chiede un impegno sovraumano, come a tutto il team di lavoro, per trasformare il loro sogno in realtà. Nel sua autobiografia, Vance racconta molte delle tensioni che il personale è stato costretto a subire nei primi anni di lavoro. Viene fuori un ritratto estremamente esigente di Musk, a volte brutale, che si scontra più volte con i suoi ingegneri, chiamandoli a rispondere in pubblico dei primi fallimenti del progetto. E che ha una facilità estrema a licenziare chi non gli va più a genio, «Più tempo aspetti di licenziare qualcuno, più è il tempo che perdi per non averlo fatto prima», è una delle sue massime.
Il 28 settembre del 2008 è per Musk e il team di SpaceX, una data da ricordare. Falcon 1 diventa il primo razzo, finanziato da privati, a raggiungere con successo l’orbita terrestre bassa. Successivamente, l’azienda sviluppa altri progetti, come Falcon 9, Falcon Heavy e la capsula Dragon che rifornisce la Stazione Spaziale Internazionale, anche qui è la prima azienda privata a riuscire nell’impresa.
I primi risultati hanno infiammato la fantasia di Musk che continua a progettare viaggi spaziali, con l’obiettivo di portare l’uomo su Marte in 80 giorni per un costo di 200mila dollari. Mentre non mancano i fallimenti, a settembre è finito in fiamme il razzo che avrebbe dovuto portare in orbita il primo satellite di Facebook.
Musk contro tutti
Oggi SpaceX è una delle aziende private più valutate al mondo con ben 12 miliardi di dollari. Ancora una volta Musk , come già successo con PayPal e il mondo finanziario, cerca fama in un settore dominato dalle lobby. E pesta i piedi a tutti, all’apparato militare industriale americano e le altre nazioni che sviluppano concorrenza nello stesso campo,oltre ai sovietici, i cinesi. Una sfida che gli ha creato più di qualche nemico: «La lista di persone che mi vogliono morto cresce di giorno in giorno. La mia famiglia teme che i russi decidano di farmi fuori», racconta Musk.
To be continued…
Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1