L’incubatore guidato da Fioravanti si dà una nuova governance e apre sedi al Sud. Vuole arrivare a 100 milioni di fatturato e a 100 startup incubate. E lancia GIOIN per diventare il punto di riferimento dell’Open Innovation
Se si vuole leggere l’immediato futuro di Digital Magics, incubatore quotato in Borsa, la parola chiave è una: Open Innovation. È il concetto al cuore di GIOIN – acronimo (con omaggio al fondatore, scomparso di recente) di Gasperini Italian Open Innovation Network – network esclusivo per imprenditori, manager italiani e professionisti, fondato con l’obiettivo di stimolare crescita di business e sviluppo delle competenze tecnologiche attraverso soluzioni non convenzionali. Al di là delle singole necessità aziendali, lo scopo finale è più ampio: formare gli Innovation Officer del futuro all’interno delle imprese. Il come lo si capirà negli incontri e negli eventi che GIOIN terrà in giro per il Paese, nelle varie sedi di Tag e Digital Magics.
L’espansione territoriale – con rotta al Sud – è un altro punto fermo, nei piani dell’incubatore guidato da Alberto Fioravanti. E dalla partnership con Tag e Tamburi Investiment Partners nasceranno le iniziative per diventare il più grande hub d’innovazione per il digital Made in Italy. Tradotto in numeri: arrivare a 100 milioni di euro di ricavi (ora sono 32), dare vita a 100 startup (ora sono 49, in 10 arrivate quest’anno) e a 50 campus Tag in Europa, continuare a cercare fondi per le startup, superando i 28 milioni di euro raccolti dal 2011 ad oggi. Visualizzato in una mappa: nuove sedi di Digital Magics a Palermo e a Bari, per arrivare a essere presenti in 8 regioni italiane. E prendersi la leadership dell’Open Innovation.
La struttura societaria è al servizio di questo disegno, con l’ingresso di Marco Gay (attivo anche in Confindustria, da presidente dei Giovani Imprenditori) come vicepresidente e tre amministratori delegati al lavoro su altrettante aree: Laila Pavone per Industry Innovation, Gabriele Ronchini per lo sviluppo del portfolio, Alessandro Malacart su Corporate & Finance. Funziona? Si direbbe di sì: gli investimenti sono aumentati del 50% rispetto al 2014, il fatturato del 74% (vedi immagine sopra). Il contesto italiano, fa notare Fioravanti, al netto della quasi assenza di venture capital presenta elementi d’ottimismo: per il nuovo scenario legislativo (vedi immagine sotto), per le risorse provenienti dal risparmio privato, per le 5044 startup innovative registrate in Italia quest’anno, aumentate di oltre la metà rispetto a 12 mesi fa.
Le exit di Digital Magics, però, sono solo 6. Un problema? Dipende. «Le exit sono una cagata!», taglia corto Giovanni Tamburi, fondatore di Tamburi Investment Partners. «Se guadagni vendendo una startup, o chi compra è scemo o ne sa più di noi. L’importante è guardare al futuro. Il tema è la selezione: come creare ciò che ha valore. E passare dalla quantità alla qualità». La rivoluzione digitale ha confuso gli scenari, ma resta un treno da non perdere: basta l’idea giusta per rifarsi della spesa. «Nessuno sa dove stiamo andando. I grandi pensatori non capiscono che direzione ha preso il mondo. Oggi vediamo che la differenza tra i costi e il prezzo finale è fatta dall’innovazione. Sappiamo che il digitale ha compresso i prezzi e aumentato la competitività, che i profitti sono in discesa e stanno andando sempre di più nei Paesi emergenti. A noi tocca stringere la cinghia e lavorare. Il digitale è sì magico, ma la magia va portata a terra».