Jeff Bezos, l’uomo che ha portato i libri su Internet
Il padre naturale non lo ha mai conosciuto. Sua madre, Jacklyn, si risposa con un immigrato Cubano, Mike Bezos, ingegnere per Exxon. A 10 anni Jeff conosce la verità su suo padre, ma la notizia non lo sconvolge. Ha raccontato che in quegli anni era più preoccupato dalla scoperta della sua miopia. La sua formazione inizia alla Miami Palmetto Senior School di Miami, poi Princeton dove diventa un abile studente, tanto da tenere il discorso conclusivo alla consegna dei diplomi (onore riservato solo ai più meritevoli). Prima studia fisica, poi capisce presto che non è tanto portato. Allora passa all’informatica con la quale ha più successo.
Dopo essersi laureato rifiuta due offerte di lavoro (una da Intel) per lavorare in una startup, Fitel, un network per il commercio internazionale. Poi trova un impiego a Wall Street, presso la Banker Trust e poi nella società di investimenti, D. E. Shaw & Co. Intanto, Internet sta esplodendo e lui vuole fare parte di quella rivoluzione (una crescita del 2.300% l’anno). Quando valuta di lasciare il posto fisso per vendere libri online, si confida con il suo capo. La scena è esilarante: «Sai, mi è venuta in mente una cosa un po’ folle di vendere libri online. “Andiamo a fare un giro” mi ha risposto. Mi ha portato a fare una passeggiata di un paio di ore in Central Park e mi ha detto questo: “Sai Jeff, sembra una buona idea, ma sarebbe migliore se provenisse da qualcuno che non ha un lavoro buono come il tuo”». Una risposta che convince Bezos a pensarci ancora qualche giorno.
Amazon, dalle scrivanie fatte con le porte alla Borsa
Il business plan lo scrive in macchina con sua moglie MacKenzie Tuttle nel 1994. Mentre sognano grandi ricavi, si fermano sul Grand Canyon per ammirare l’alba. In un primo momento chiama l’azienda Cadabra, poi il nome suona un po’ come “cadavere” e opta per Amazon una parola che prende dalla serie Star Trek, di cui è un grande appassionato. In ufficio a ogni nuovo libro acquistato da un cliente corrisponde il suono di una campana. Poi le vendite diventano troppe e la consuetudine viene accantonata. Già nel primo mese l’azienda consegna in 50 stati in USA. Niente male per un progetto nato con un finanziamento di 250 mila dollari (240 mila investiti dai genitori, 10 mila da Jeff). Solo qualche anno dopo business angel avrebbero messo 1 milione nel motore dell’azienda. Nel 1997 l’ingresso in Borsa. Nel 2015, 107 miliardi di dollari di ricavi.
Una strategia su tutte del successo? Il risparmio. Quando ha creato i primi uffici di Amazon ha usato porte, di cui non aveva bisogno, per fare le scrivanie. Ogni anno viene assegnato un “Door Desk Award”, premio per gli impiegati che trovano la migliore soluzione per far risparmiare soldi all’azienda e di conseguenza abbassare i prezzi dei prodotti.
E’ stato il primo a credere in Google
Forse non tutti sanno che Bezos è uno dei primi investitori di Google. Nel 1998 incontra due ragazzi con un’idea rivoluzionaria. Investe 250mila dollari. Dopo l’IPO nel 2004 dell’idea di Larry Page e Sergey Brin, possedeva azioni per 3,3 milioni di dollari. L’attitudine di venture capital non l’ha mai persa. Amazon ne ha acquistate circa una sessantina (dati Crunchbase).
Dallo spazio al Washington Post
Nel 2000 lancia Blue Origin, una’azienda che crea tecnologie che mirano a un più facile accesso degli uomini sullo spazio, abbattendo i costi e la sicurezza. Se tutto andrà come i piani, Bezos spera di testare voli con persone a bordo già a partire dal 2018: «Non scegli le tue passioni. Sono loro a scegliere te. Avevo cinque anni quando ho visto Neil Armstrong fare il primo passo sulla luna, un’immagine che mi è entrata dentro e non è andata più via» racconta. La società ha chiuso due accordi con la Nasa, il primo di 3,7 milioni di dollari, l’altro di 22 milioni. Nel 2003 un incidente in elicottero e per poco non perde la vita, si salva per miracolo.
Nel 2013 “l’uomo dello spazio” torna sulla Terra e punta su un business tradizionale: 250 milioni di dollari per comprare un giornale storico in crisi, il Washington Post: Non guiderò il Washington Post giorno per giorno. Il Post ha già un eccellente team al comando, che sa molto più di me di media e sono grato che abbia accettato di restare. Il dovere del Post resterà quello nei confronti dei lettori, ma cambiamenti sono necessari perché internet ha cambiato quasi tutti gli aspetti dell’industria. Non c’è una road map e delineare la strada davanti non sarà facile. Dovremo inventare e questo significa che dovremo sperimentare» spiega in una lettera ai dipendenti del giornale, il giorno dopo l’acquisizione.
«Ho fallito milioni di volte»
E quel che è peggio bruciando miliardi di dollari, come lui stesso ha ammesso. Lo scivolone più grande? Lo smartphone, Fire Phone (170 milioni di dollari tra commercializzazione e produzione) e un fallimento un anno dopo il lancio. La lista dei suoi errori è lunga: Amazon Auctions, un sito per aste che avrebbe dovuto spezzare le gambe ad eBay ed è fallito poco dopo. Come alcuni investimenti poco indovinati. Quelli in Junglee, un sito per confrontare prezzi che gli costato 170 milioni di dollari: «C’è un aerea in cui penso ci distinguiamo molto bene, ed è il fallimento. Credo che siamo il posto migliore dove fallire. Anche perché l’invenzione e il fallimento sono gemelli inseparabili. Per inventare devi sperimentare e se sai che una cosa può già funzionare, non è un esperimento» dichiara Bezos.
3 lezioni dal papà di Amazon
1. Non avere rimpianti. Se li avesse avuti non avrebbe lasciato una carriera avviata a Wall Street.
2. Pensa a lungo termine. Quando lanciò il Kindle nessuno ci avrebbe creduto: ”La gente ha già il tablet, cosa se ne fa?” gli dicevano. Ma lui era già sicuro che quel prodotto avrebbe spiccato il volo non subito, ma negli anni.
3. Parti con un prodotto, poi diversificati. Oggi vende tutto, libri, film, alimentari, giochi. Ma Amazon è partito con un solo prodotto i libri. Proprio questa capacità di focalizzarsi su un solo prodotto e crescere, è la base del successo futuro dell’azienda.