Pochi mesi per convincere gli investitori, 10 per l’ok da Bankitalia. Diana Saraceni racconta la nascita di Panakès, il primo fondo EUVECA nato in Italia
E’ nato il primo fondo EUVECA italiano. Dietro l’acronimo si nasconde la certificazione di essere di primo fondo di venture capital nato in Italia per operare indistintamente in tutte le nazioni europee. Si chiama Panakès Partners SGR. Sì dedicherà esclusivamente ad operazioni in startup healtcare ed è nato dal lavoro portato avanti negli ultimi 12 mesi da Diana Saraceni (ex 360 Capital) Fabrizio Landi (ex ceo di Esaote, leader mondiale nel campo della diagnostica) e Alessio Benverina (Sofinnova partner, tra le principali venture firm mondiali in campo biomedico). Saraceni si è occupata negli ultimi 15 anni di venture capital lavorando fino al lancio di Panakès in 360 Capital Partners. L’abbiamo contattata per chiederle la genesi di questo fondo che, come ci anticipa, punta a investire 100 milioni in startup biomedicali. E spiegarci cosa vuol dire lanciare un fondo di investimento, ottenere la certificazione per poter operare come sgr (società di gestione del risparmio) e quali sono le opportunità che si aprono per l’Italia.
Quando avete cominciato a maturare l’idea di lanciare il fondo Panakes?
Cominciamo col dire che nostra storia è un po’ atipica. Tutto è cominciato un anno fa e non è stato per niente difficile trovare supporto da parte degli investitori. Investire nell’healtcare da un lato richiede competenze specifiche e conoscenze sul tema, dall’altro però l’Europa è un terreno fertile per questo tipo di investimenti e di aziende. Li abbiamo convinti e abbiamo raccolto molto presto le prime adesioni. Eravamo pronti per partire 10 mesi fa, avevamo già il supporto degli investitoti.
Chi ha sottoscritto il fondo finora?
La maggior parte sono investitori finanziari e del settore biomedicale, tutti con una forte conoscenza del settore, anche per questo non è stato difficile convincerli.
Una volta trovati gli investitori che succede?
Trovati gli investitori si deve costituire l’organismo che serve per investire, in Italia una Sgr (società di gestione del risparmio, ndr). Ma per farlo bisogna chiedere l’autorizzazione delle autorità di vigilanza, Bankitalia e Consob. E qui i tempi si sono un po’ allungati.
Quanto avete dovuto aspettare per avere l’autorizzazione?
In tutto dieci mesi. Dieci mesi con gli investitori già per la maggior parte pronti e convinti, durante i quali nonpotevamo che aspettare. Ed è stato un po’ frustrante. In altri paesi era diverso, almeno fino a qualche tempo fa. Ma adesso i tempi si stanno allungando ovunque, complice il recepimento di una direttiva europea che ha rallentato le procedure un po’ ovunque per assicurare maggiori controlli.
Ma adesso siete pronti a partire.
Fine anno scorso abbiamo ottenuto l’ok dalle autorità quindi sì abbiamo cominciato con le prime operazioni. Abbiamo già in closing un paio di investimenti in startup del medicale ma non posso ancora dire nulla.
Quanto avete raccolto?
Abbiamo deciso di non comunicarlo perché un fondo è qualcosa che cresce col tempo nei primi 12 mesi e ilnumero di oggi è praticamente solo la base di partenza. Pensa che in pochi mesi siamo già al terzo closing del fondo. La raccolta è quello che si dice un moving target.
Però avrete un obbiettivo, un target
100 milioni
Dicevi che l’Europa è un terreno fertile per startup e investimenti healtcare, perché?
Per via del nostro sistema sanitario, in Europa e in Italia. I motivi sono tanti. Da un lato in Europa si spende molto per la spesa sanitaria, anche e comunque in tempi difficili, e l’innovazione in questo campo è enormemente richiesta. Dall’altro l’Italia è tra i migliori casi al mondo sulla sanità, anche se nessuno lo dice e pochissimi lo sanno. E’ un’eccellenza in campo oncologico e cardiologico, con multinazionali del settore che vengono qui da tutto il mondo per fare ricerca clinica.