Eravamo ad Amsterdam, dal 15 al 18 maggio, per seguire da vicino uno dei più importanti eventi dell’anno nel mondo dell’economia digitale, la Bitcoin Conference europea. E sembrava di essere negli Stati Uniti, canali a parte.
Presentazioni scintillanti, rullo di tamburi e the winner is, un ambiente di competizioni e premi condito da strette di mano e tanto networking, espositori, approfondimenti, minigonne davvero mini e suits di sartoria firmata, mentre, nota simpatica, nella hall dell’albergo adiacente si riunivano i colossi delle carte di credito in un non meglio precisato payment encounter.
Saltare dall’ambiente corporate ai kids looking for the next big thing in un modo che ricordava la Smau del decennio scorso, quando i colletti bianchi furono piacevolmente sorpresi dall’invasione di ragazzini e smanettoni, the next generation. Ma qui era tutto calcolato, previsto e auspicabile.
A farla da padrone è stata certamente Gavin Andresseen, che con il suo step back dal dev team, solo alcune settimane fa, sembra aver ceduto solo lo scettro da Bitcoin King, ma certamente senza che il suo interesse sia scemato: “sharing responsibilities”, è stato quello che ci ha risposto quando, inevitabilmente, gliene abbiamo chiesto le ragioni.
Tanti i talk nella tre giorni di Amsterdam, i tecnici quelli più seguiti da chi la suit non l’aveva, dai curiosi ai tecnoanarchisti più irriducibili, e poi c’erano gli interventi del legal track, frequentati invece da colletti bianchi muniti di penna, taccuino e assistente. Due mondi che si guardavano con rispettivo interesse e che si sono spesso incontrati nel sontuoso passenger terminal, scambiandosi pareri mentre mangiavano pretenziose insalate di gamberi service in fashion packaging e sorseggiavano vino bianco o analcolici, costantemente reperibili nei molti frigoriferi aperti al pubblico, e in cui certamente non andava inserita alcuna monetina.
Dal largo numero di biglietti da visita che popolano la mia 24 ore, al ritorno da queste esperienza trascinante, si capisce che c’è ancora tanto da fare, e in tanti ci stanno salendo sopra.
Spiccano Icevault.ch, cold wallet in cassaforte, in un bel caveau cinquanta metri sottoterra, nella più classica tradizione svizzera, ma anche MePin, startup finlandese dove stanno reinventando il 2FA, per migliorare le applicazioni di sicurezza mediante sistema di pushing.
Non poteva poi mancare Lamassu – che ha vinto peraltro il Blockchain Awards, 10milaeuro in bitcoin per il miglior ATM Design – con la presentazione di un dispositivo two-way da circa 16mila euro (IVA esclusa), dove però viene introdotta, fra altre novità minori, la possibilità di vendere i propri Bitcoin e non più soltanto comprarli.
Tanti i miners, la nota Cointerra, la meno felicemente nota Butterfly Labs, per SHA256, ma sopratutto GridSeed, che vende invece miners sCrypt, tra l’altro sponsor della manifestazione. Tuttavia non è stato certamente il mining a farla da padrone in questa conferenza.
Grandi assenti Andreas Antonopoulos e Marc Andreessen, di cui comunque si è largamente parlato (con Andreas che ha anche vinto – almeno sulla carta – un blockchain awards). Immancabile uno sfuggente Roger Ver, che forse per evitare domande scomode sul fattaccio MtGox ha preferito ritagliarsi davvero poche ore di conference.
Massiccia poi la presenza di BitPay, principale sponsor e organizzatore della manifestazione insieme alla Bitcoin Foundation, chiare e comprensibili le ragioni: BitPay sta aprendo proprio ad Amsterdam la sua filiale europea, con un team che passerà da 40 a 70 elementi, una nuova iniezione di materia grigia atta a coprire il mercato del Vecchio Continente, partendo non a caso dalla più progressista delle capitali. Il più grande processore di pagamenti in Bitcoin continua a mantenere una sorta di monopolio in occidente, riuscendo ad offrire i servizi più affidabili e funzionali per chi desidera accettare Bitcoin nella propria attività.
Tanti gli italiani, con The Rock Trading headliner che ha ospitato tutti per un aperitivo nel lussuoso Westcord Fashion Hotel, poco lontano dall’aeroporto, e lì eravamo almeno in trenta. Una presenza rilevante, segno che in Italia l’interesse c’è, e anche da parte delle aziende, con Banca IMI che si ritrova seduta allo stesso tavolo di Bitboat, e chissà che non ne esca fuori qualcosa.
Se mi chiedessero “cosa ti ha colpito di più?”, sarebbe davvero difficile rispondere: forse la presenza di molti, moltissimi ATM. Era qualcosa che non mi aspettavo. Fra i prodotti presentati, in verità, forse il più interessante era Circle, di cui va fatta obbligatoria menzione.
Un wallet di matrice statunitense, la cui innovazione è la possibilità di avere un saldo in dollari, ricaricare l’account senza alcuna tariffa di gestione (davvero, nessuna, tutto 0-fees) e pagare in Bitcoin, mantenendo il proprio saldo nella valuta locale. L’interazione con carta di credito, poi, sia per accredito che per addebito, è una caratteristica che non è stata esattamente compresa (noto è il problema dell’irreversibilità delle transazioni Bitcoin a fronte della reversibilità di quelle con carta di credito, che crea frizioni nella gestione dei flussi e delle frodi) ma che è stata presentata come totalmente implementata, ed è certo che la promessa sarà mantenuta. Perché Circle desta tutto questo interesse? Facilità d’uso: parola chiave della Conference 2014, a braccetto con “mainstream”. Iscriviti, collega la tua carta di credito, paga in Bitcoin. Stop. Semplice con dire “un due tre”, una novità nel mondo dei Bitcoin, ad oggi relegati principalmente agli addetti ai lavori. Una facilità d’uso che altri espositori, Ripple Labs in primis, sembrano invece aver mancato quale obiettivo. Interessati? Dovreste. Fate richiesta per la open beta, oggi è ancora su invito.
Made in Italy alla Bitcoin conference di Amsterdam? Anche. Poco, ma c’era. Fra gli espositori abbiamo incontrato BSideBTC, Srl salentina che gestisce mining contracts, merchandise, hosting, turismo, tutto rigorosamente pagabile in Bitcoin. Insomma, mentre in Cina fabbricano container e cointainer di Bitcoin miners, il resto del mondo si dedica ai servizi, Italia compresa, un assunto che sembra persistere anche nella new-economy: la Cina si riconferma la world factory.
Così, mentre a sud delle Alpi per tre giorni si è continuato a fantasticare – in piena campagna elettorale – di come rilanciare un’economia stagnante, qualche centinaio di chilometri più a nord ci si poneva la stessa domanda, ma si offrivano soluzioni. Qualcosa di davvero grande, che forse non potrà rilanciare totalmente un’economia in debito di oltre 2000 miliardi, ma che potrebbe comunque fare la sua parte. Un mondo che sta crescendo, che forse getta le basi per una nuova rivoluzione produttiva, ma che gli italiani non vogliono o non riescono a guardare con l’occhio giusto, eccezioni a parte, per la maggior parte giovani sognatori. Una differenza d’approccio, con il Bitcoin in Italia promosso dall’ottimo Franco Cimatti della Bitcoin Foundation Italia (anche lui ad Amsterdam, ovviamente), associazione culturale partecipata da appassionati, e una Bitcoin Foundation Usa che vede invece nelle sue fila investitori, business angel, ventur capitalist, rivenditori di servizi, ricercatori, e chi più ne ha più ne metta. Insomma, quel genere di persone che ti fanno svegliare in un mondo cambiato almeno un po’, dalla sera alla mattina.
Non solo Bitcoin però, ma anche tanti strumenti che orbitano nella stessa galassia, seppur in sistemi solari diversi. Come Jumio, sistema di identificazione utenti di cui indubbiamente sentiremo parlare nei prossimi anni, offre la risposta a una domanda che si pone in modo sempre più insistente, in un mondo dove identificare l’utenza è obbligatorio, ma mantenendo la linea immediata e libera dalla burocrazia che caratterizza Bitcoin: KYC, Know Your Customer. Tutte le transazioni “regolamentate” devono essere riconducibili, inevitabilmente, a dei soggetti legalmente identificabili, siano questi privati o aziende. Oggi è necessario inviare decine di documenti, e questa non è una rogna solo per l’utente, ma principalmente lo è per l’erogatore del servizio, per cui si creano numerosi costi in training KYC. Jumio risponde a questa necessità: si tratta di un sistema di lettura, identificazione e autorizzazione dei documenti personali tramite webcam, con riconoscimento delle frodi e comparazione con il viso. Insomma, un nuovo modo di affrontare il riconoscimento utenza, interamente digitalizzato e molto lontano dagli attuali, che esigono l’invio di bollette, buste paga, certificati di residenza.
Presente poi anche GreenAddress, con uno dei migliori wallet multi-sig presenti sul mercato (made in Italy, fra l’altro) , seppure non fra gli espositori, ma con un Ceo dalla velocità fulminante nel fare networking e coltivare nuove partnership. Interessante sopratutto l’imbeccata avuta da Lamassu: nella gestione delle transazioni a 0 conferma, abbiamo chiesto a Lamassu come intendessero affrontare il problema sulla loro piattaforma d’acquisto Bitcoin: la risposta è stata “ci sono soluzioni, per questo, come GreenAddress”. Partnership all’orizzonte?
E così, dopo tre giorni di coccole e sorrisi, la Bitcoin Conference è finita anche per quest’anno. Tre giorni spesi bene: tanto materiale, tante idee, tanta innovazione.
Cosa porterà davvero all’ambiente lo vedremo presto, o forse lo stiamo già vedendo. Sicuramente tutti i presenti sono usciti con nuove idee in testa, perché la Bitcoin Conference, prima di essere un expo di quello che il mondo Bitcoin può offrire a chi non ne è informato, è innanzitutto un incontro informale fra tutti quelli che orbitano in questa galassia, dove riorganizzare idee, far scaldare i motori e partire in quinta con nuovi progetti. Il retaggio open source non si tradisce, c’è tanto business, sì, ma prima ancora c’è tanta umanità, in un mondo – quello dell’economia – dove di solito è invece tutto bianco o nero.