Marco Trombetti, fondatore di Translated e Pi Campus, ci ha parlato del suo nuovo libro in cui illustra le motivazioni e le strategie controintuitive che hanno portato al successo le nuove generazioni di imprenditori.
Nel trattato del 1513 “Il Principe” in cui descrive il leader ideale per quell’epoca, Niccolò Machiavelli identifica una figura a metà strada fra l’imprenditore e il politico. Cinquecento anni dopo, Marco Trombetti, imprenditore seriale e investitore, identifica nei fondatori di startup che vivono lontano dai grandi centri dell’innovazione la figura di “Nuovo Principe” a cui affidare l’onere e l’onore di creare un futuro migliore per le proprie comunità e per il nostro pianeta.
“Il Nuovo principe – Perché e come fare startup” è una collezione di 12 saggi sulle motivazioni e le strategie controintuitive che hanno guidato al successo le nuove generazioni di imprenditori. In esso Trombetti propone una nuova prospettiva su perché e come avviare un’impresa, in cui talento, fortuna e un grande cuore giocano un ruolo chiave. Nel testo, l’autore si sofferma su come ogni imprenditore possa sviluppare queste caratteristiche dei leader di nuova generazione basandosi su un principio semplice: “Per creare un mondo fantastico, dai più di quello che ricevi”.
Nel testo il fondatore di Translated e Pi Campus esprime la propria stima per coloro che hanno il coraggio di lasciare la propria terra, rischiare e cercare opportunità migliori altrove, ma definisce eroi i giovani imprenditori che, anziché stabilirsi in Silicon Valley, decidono di rinunciare alle opportunità personali a breve termine per creare valore per le generazioni a venire, scegliendo di rimanere vicino alla propria terra e alla propria famiglia.
“Il Nuovo Principe” è disponibile gratuitamente sul sito dell’autore (marcotrombetti.com) e può essere acquistato su Amazon in due versioni: nella singola lingua e in un cofanetto contenente 12 volumi nelle 12 principali lingue. Questo cofanetto è pensato per consentire agli imprenditori di regalare il libro ad amici che parlano una lingua diversa. Tutti i proventi generati dalla vendita del libro verranno devoluti all’Unicef e Translators Without Borders, che aiuta le persone a comprendersi l‘un l’altra.
L’intervista
Marco Trombetti, cosa le ha ispirato del Principe di Machiavelli nello scrivere di startup?
Machiavelli mi ha ispirato perché è cinico e conciso. Vent’anni fa le persone che mi stavano intorno volevano insegnarmi come fare startup. I loro pareri erano prolissi e formali, mentre io avrei preferito sapere la verità anche in modo più brutale. Quindi, nello scrivere i capitoli dedicati a come si fa startup lo spirito guida è stato il suo principe. Mentre per le parti in cui spiego perché fare startup il principe che mi ha influenzato è stato un altro: quello “piccolo” di Antoine de Saint-Exupéry.
Nel capitolo “motivazione” mette in discussione il modello Silicon Valley.
È un dato di fatto che le startup a livello internazionale stanno crescendo di più rispetto a quelle Made in California. Nella Silicon Valley vanno avanti solo i progetti con grande potenziale che attirano altrettanta quantità di capitale. La California resta il posto migliore dove fare startup, ma ha una pecca: incentiva il successo a breve termine, mentre per creare un mondo migliore occorre generare valore a lungo termine. In Italia non possiamo provare nemmeno vagamente a replicare questo modello e come sistema Paese possiamo sfruttare un vantaggio che ci permetterebbe un salto di qualità. La poca dinamicità del mondo del lavoro ci permette di progettare cose a lungo termine, mentre in California questo non è possibile perché è difficile trattenere un dipendente per molto tempo. Io credo che una startup debba essere l’inizio di qualcosa di grande, ma per realizzare le proprie ambizioni bisogna fare un passo alla volta.
Tra una startup che investe nella blockchain e un’altra che sviluppa tecnologie per il vocal assistant, quale delle due potrebbe avere più probabilità di successo?
Il settore delle chatbot e dei vocal assistant oggi si sta riprendendo perché i top player investono sull’hardware. L’obiettivo è quello di entrare nelle case delle persone e occupare ulteriormente il loro tempo, anche se in questo caso è una quantità molto piccola. Riguardo la blockchain, io credo che sia un settore poco promettente perché la sua tecnologia di base è disegnata malissimo. Inoltre, va contro il principio della prima vita di internet in cui ognuno dava un contributo maggiore di quello che otteneva. Attraverso la decentralizzazione della finanza, le persone stanno cercando di prendere molto di più di quello che possono offrire. Detto questo, una startup ha successo se identifica un problema e se lo risolve credendoci fino in fondo.
Un altro messaggio positivo del Nuovo Principe: si può creare ricchezza senza trascurare la felicità.
Sostengo fermamente questo principio perché sul tema esiste un approccio diverso tra la cultura europea e quella americana. Se punti a creare ricchezza nel breve periodo, il senso di appagamento ti toglierà energia e stimoli. Puntando a qualcosa con un valore più alto e il cui successo economico è solo un aspetto, realizzerai qualcosa di più importante. Le startup per diventare grandi hanno bisogno almeno di una decina di anni. Io cerco di far capire alle persone che ci sono due tipi di aziende: quelle che si impongono sul mercato sfruttando la debolezza umana e quelle che hanno un impatto positivo sulla vita delle persone. Il social network che ti porta via una determinata quantità di tempo non ti arricchisce. Il motore di ricerca che organizza e rende più accessibile un’informazione ti permette di imparare cose nuove. È questa la differenza.
Come valuta il ruolo dello Stato italiano nei processi di innovazione e nel sostegno alle startup?
Io penso che lo Stato abbia due compiti molto importanti. Il primo è quello di creare le infrastrutture affinché l’innovazione sia possibile. L’attuale governo sta facendo dei passi avanti in questa direzione per rendere l’Italia più competitiva. Sono dei piani di cui non vediamo ancora i frutti, ma penso che siamo sulla buona strada. Il secondo compito è il welfare: tu stai stimolando l’innovazione e quindi la società cambia. Ci sono persone che ricevono dei benefici da questi cambiamenti e altre che rimangono indietro. Se vuoi creare un’innovazione sostenibile nel tempo ti devi occupare col welfare di queste ultime, perché non puoi fare innovazione se non aiuti la società ad evolversi. Anche il welfare deve essere sostenibile: prima del reddito di cittadinanza devi creare una ricchezza tale da permetterti di finanziarlo.
Data la sua esperienza ventennale, quanta importanza ha per una startup l’apporto di un mentor nella fase iniziale?
Nella sua fase iniziale Airbnb è cresciuta perché il suo investitore e mentor si è dedicato all’attività di pitching, quindi ritengo che questa figura nella fase iniziale sia estremamente importante. La loro credibilità ti permette di accelerare quando non hai ancora chiarito il tuo posizionamento sul mercato. Ma si può svolgere la funzione di mentor anche attraverso un libro ed ecco perché ho sintetizzato in pochi pagine diversi concetti controintuitivi. “Il Nuovo Principe” non è instant book perché alcune cose del mondo delle startup le ho capite solo adesso, quindi voglio aiutare a non far perdere vent’anni a chi inizia oggi dando qualcosa in più di quello che ottenuto. Come nella prima epoca di Internet.