Calano gli investimenti USA nell’hardware e nelle startup del settore. Una tendenza globale? Forse è questione di mercato
Secondo un report di Crunchbase, nell’ultimo anno c’è stata una contrazione degli investimenti a stelle e strisce in startup che si occupano di hardware: le cifre di Crunchbase parlano chiaro, i numeri sono in calo dal 2017, e la diagnosi che viene proposta parla chiaro. Ci sono tre ragioni per cui l’hardware a stelle e strisce è meno brillante di un tempo, e sono tutte legate al consolidamento del settore: ma è proprio così?
Pochi ma buoni
Vediamo quali sono queste cifre di Chrunchbase. Nel 2017 ci sono stati 141 investimenti per un totale di 2,49 miliardi di dollari, calati a 135 operazioni per 2,45 miliardi nel 2018 e crollati a 85 operazioni per 1,74 miliardi di dollari nel 2019. Numeri in calo, che tengono conto solo in parte di una delle più grandi operazioni di investimento in hardware che abbia mai riguardato una startup: stiamo parlando di Juul, di cui vi abbiamo parlato su queste pagine, e che proprio negli USA ha registrato un maxi-investimento da oltre 12 miliardi di dollari nel 2018.
Secondo Crunchbase ci sono tre cause fondamentali per questo calo degli investimenti in hardware. La prima è il consolidamento del mercato hardware, che vede sempre più i grandi nomi del settore proporre soluzioni a tutto tondo ai consumatori: se Samsung e Amazon (e Google ed Apple secondo Crunchbase) offrono sempre più prodotti in sempre più categorie, questa è la tesi proposta, il marketing e la distribuzione di un grande marchio schiacciano la concorrenza e la possibilità per i piccoli di farsi strada. Gli altri due aspetti che vengono menzionati riguardano più da vicino le dinamiche interne di questo mercato. La tendenza a far crescere la taglia degli investimenti, e dirottarli verso nomi conosciuti, ha reso meno dinamico il mercato delle startup statunitensi che si occupano di hardware. Inoltre, le forme alternative di finanziamento come il crowdfunding (viene proprio usata l’espressione “Kickstarter revolution”) non sono state in grado di mantenere le promesse in fatto di allargamento delle opportunità per chi ha un’idea vincente.
Questi tre fattori insieme determinano il calo complessivo degli investimenti. In particolare mancano, secondo Crunchbase, quei finanziamenti che servirebbero a far scalare le imprese (quindi dalla serie B in avanti): ma nell’analisi manca probabilmente un fattore particolarmente significativo. Ovvero, il vento che viene dall’est.
Il paradiso dell’hardware
Da molti anni ormai la manifattura dei prodotti di largo consumo si è spostata in Asia: Giappone, Corea, Vietnam, Tailandia e ovviamente Cina sono solo alcuni dei luoghi dove è oggi possibile produrre grandissime quantità di dispositivi con costi decisamente più contenuti che affidandosi a fabbriche europee o nordamericane. La Cina in particolare ha puntato moltissimo sulla possibilità di ritagliarsi un ruolo rilevante nel mercato dell’elettronica di consumo: la nascita di una zona economica speciale a Shenzhen ha creato le condizioni per diventare il luogo dove si sfornano la maggior parte degli smartphone, laptop e altri dispositivi elettronici che si vendono in tutto il mondo.
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L’aumento dei tassi di scolarizzazione, anche grazie a studi compiuti oltre-confine, e la crescita della classe media che si accinge a superare i 500 milioni di consumatori, fa sì che la Cina sia un teatro decisamente più appetibile per dare vita o investire in una startup hardware. Comunque la si pensi su orari e condizioni di lavoro lì in Cina, il terreno è decisamente fertile: uno dei più importanti acceleratori in materia, HAX, opera proprio da Shenzhen e offre la possibilità di accedere direttamente ai luoghi dove è possibile realizzare prototipi o interi lotti di produzione in tempi decisamente più rapidi di quanto si potrebbe fare in Occidente.