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Partiamo dalla fine. Mercoledì 21 settembre le banche tedesche hanno accusato la Banca centrale europea e il suo presidente Mario Draghi di aver affossato i loro ricavi a causa dei tassi di interesse sui depositi alla Bce, troppo bassi o negativi. Draghi giovedì 22 all’European Systemic Risk Board di Francoforte ha risposto che la colpa non è dei tassi di interesse, ma delle banche europee stesse: sono troppe, costano troppo e sono poco efficienti. Devono diventare moderne, e sono lontane dall’esserlo. In questa settimana la banca centrale giapponese ha fatto qualcosa di molto simile: ha stabilito tassi di interesse negativi sui depositi. Tradotto: se le banche depositano i loro soldi nell’istituto centrale di Tokio devono pagare. E’ un discorso controintuitivo – tutti siamo abituati a pensare che mettere i soldi in banca vuol dire guadagnarci qualcosa, gli interessi sul deposito. Con i tassi di interesse negativi invece se si depositano 100 milioni dopo 10 anni, come nel caso del Giappone, si “riavranno” 98 milioni. Ora, il punto è: i tassi di interesse negativi, a che servono?

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Piccola nota: Giappone e Europa sono accomunate da uno scenario macroenomico che viene chiamato di “stagnazione”. Il Giappone, si sente dire spesso, non cresce da 25 anni. L’economia europea è in difficoltà dal 2008 almeno. Funziona che se le banche erogano meno credito, ci sono meno investimenti, meno crescita dell’economia. Le banche invece che fare le banche, e quindi fare prestiti ai privati, depositano i loro soldi negli istituti centrali. I tassi negativi sono il più potente deterrente delle banche centrali.

Funziona proprio come con le persone normali che mettono i loro soldi in banca. Ma in questo caso, chi deposita i soldi sono le banche. Le banche depositano i loro soldi in altre banche. Per farci dei soldi che presumono non farebbero prestandoli a privati e imprese. Le banche centrali, per dirla tutta, sono le banche delle banche. E le banche normali presumono di avere un ritorno da quei depositi, dettato dai tassi di interesse.

Invece coi tassi di interesse negativi le banche centrali chiedono alle banche di pagare per depositare i soldi lì. Perché? L’idea di fondo è che questo possa stimolare le banche a mettere i loro soldi in cose che possano generare un profitto. Prestare soldi a chi vuole comprare casa, o fare investimenti. Insomma che le banche facciano il loro lavoro piuttosto che mettere i soldi al sicuro nella pancia degli istituti centrali.
Nelle intenzioni dei banchieri centrali, questo dovrebbe avere la conseguenza di dare un’incentivo alla crescita economica dei paesi, abbassando il costo dei prestiti per i privati e quindi aumentare gli investimenti e quindi la crescita economica.

Come dicevamo su, questa mossa riguarda soprattutto i paesi che hanno una crescita economica debole, o a zero. Se non negativa. E’ il caso del Giappone, ma anche dell’Europa. E la moneta unica, piaccia o no ai suoi detrattori, non c’entra nulla. Le banche centrali di paesi che non fanno parte dell’eurozona come la Danimarca, la Svizzera e perfino la Svezia ha tassi di interesse negativi.

Un’altra conseguenza dei tassi di interesse negativi (almeno nelle intenzioni degli istituti centrali, che hanno proprio il compito di immaginare e attuare politiche che aiutino la crescita di un economia in un periodo di crisi) è alzare il livello dei prezzi al consumo di beni e servizi. Si chiama inflazione. E un po’ di inflazione è un buon indice per capire lo stato di salute di un’economia. Se i prezzi non salgono, o addirittura scendono, si limano i margini delle aziende, che quindi tendono a non investire in nuovi prodotti o progetti.

Ora, se questi programmi possano o meno funzionare, è difficile dirlo. La teoria racconta questo, ma poi ci sono i casi specifici. In Svezia funziona, negli Usa pure, in Europa meno e sta causando tensioni tra banche e istituti centrali come quelle che dicevamo all’inizio. Negli scorsi anni, il mega piano di acquisto di bond sul mercato delle banche da parte della Bce (lo ricordate il “bazooka di Draghi”? Quello) ha funzionato per un po’ poi sempre meno. L’obiettivo era immettere liquidità all’interno del sistema finanziario (le banche hanno più soldi, prestano di più). Non è andata così. Mettere i tassi di interesse bassi (o negativi) è un’arma con una potenza di fuoco importante. Ma anche un po’ l’ultima spiaggia degli istituti centrali.

Il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi

Il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi

In questo schema si inserisce il fintech. Perché nelle accuse di Draghi ci sono due elementi: troppe banche vuol dire ammazzare i margini in un mercato già piccolo e sovraffolato. Ma c’è anche la sfida all’innovazione. Perché se una banca ha costi di gestione elevati e apparati troppo grossi per potersi muovere in un economia più agile come ci sta abituando l’era digitale, beh tocca ripensare i propri strumenti. La propria struttura. La propria offerta. Anche qui un po’ il clima è da ultima chiamata.

Arcangelo Rociola
@arcamasilum