Dalla nascita di Habacus agli investimenti nel mondo dell’Education, con la costruzione di un nuovo campus che partirà in autunno, il fondatore Riccardo Donadon traccia un bilancio delle ultime novità della piattaforma di innovazione di Roncade
Investire nell’educazione, rendendola sempre di più un vettore di cambiamento per “preparare i giovani alle nuove professioni e ai nuovi scenari, e affrontare le sfide di domani”: è un tema a cui la piattaforma di innovazione H-Farm è stata molto sensibile fin dai suoi inizi, al quale però la società fondata da Riccardo Donadon ha impresso un’ulteriore accelerazione.
A confermarlo, oltre ai lavori di ampliamento del polo di Roncade con un nuovo campus – i cui lavori, dopo un rinvio di circa un anno dovuto a ragioni autorizzative, dovrebbero cominciare nel prossimo autunno – è anche il recente annuncio della nascita di Habacus: una startup sviluppata all’interno di H-Farm che ha lo scopo di facilitare agli studenti l’accesso alle risorse finanziarie per pagare i propri studi, e che ha già siglato un accordo con banca Intesa per un modello di finanziamento che richiede una sola garanzia, essere in regola con gli esami.
“Siamo i primi in Italia a partire con questo tipo di soluzione. Il tema della formazione è importantissimo, e noi vogliamo incentivare tutti gli studenti che vogliono investire su se stessi: ora per loro è molto più semplice portare a casa un finanziamento che gli consenta di completare il ciclo di studi”, spiega Donadon, che in quest’intervista con facendo a Startupitalia! fa il punto sugli ultimi traguardi e i prossimi obiettivi della sua creatura.
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L’intervista
In una lettera dello scorso gennaio indirizzata a soci e azionisti di H-Farm, lei ha scritto che “il 2018 è stato un anno di forte maturazione” e che la società “oggi guarda al futuro non più solo come acceleratore, ma anche come aggregatore di esperienze e talenti”. Ci può raccontare più in dettaglio questa evoluzione?
Dal punto di vista operativo, H-Farm sta crescendo molto bene: ormai abbiamo più di 600 dipendenti, e se all’inizio la nostra principale attività era l’incubazione, oggi c’è tantissimo altro. La nostra attività di innovation e di accelerazione non si è ovviamente esaurita, ma adesso rimane più nell’ambito dei servizi b2b, cioè nella ricerca di iniziative interessanti per conto delle aziende. In generale, il nostro lavoro si divide su tre anime che stiamo cercando di sviluppare contemporaneamente.
Quali sono?
Accelerazione, servizi alle aziende ed educazione. La prima anima è quella dell’investitore che cura il mondo delle startup e cerca di valorizzare i propri investimenti: in questo quadro si inserisce l’uscita da Depop, quella parziale da Travel Appeal e la crescita nel nostro portafoglio di iniziative nuove che stiamo spingendo.
Il secondo campo di attività, invece, che ambito copre?
I servizi di digital transformation che eroghiamo ad aziende partner, con oltre 300 persone che lavorano con grandi clienti e una buona proiezione verso il mercato estero, in particolare la Germania. In questo settore l’anno scorso abbiamo fatto degli ottimi numeri, e quando a fine marzo chiuderemo il bilancio registreremo probabilmente una crescita sostanziosa rispetto ai 35 milioni di euro di ricavi che abbiamo fatto nel 2017.
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Di che tipo sono questi servizi?
In questo momento abbiamo cinque linee di offerta: quella di trasformazione strategica o ‘Strategy innovation culture’, che accompagna le imprese nell’introduzione di nuove iniziative e nel cambio di mentalità riguardo all’innovazione; la parte di ‘NB solution’ dove curiamo l’integrazione di soluzioni avanzate come i Crm o altri strumenti di gestione del wokflow delle aziende; l’area di digital marketing – che sta crescendo tantissimo – dove ci occupiamo tutti gli aspetti di questo tipo, come ad esempio le campagne pubblicitarie; la parte creativa, di cui si occupa Shado, la nostra agenzia che lavora con Sky e altre importanti realtà; e infine la divisione che si occupa di semantica e Intelligenza Artificiale, ovvero CELI, un’azienda torinese di cui abbiamo acquisito tutte le quote, che ha un nucleo storico di competenze sull’AI applicata alla voce e che l’anno scorso ha lavorato tra gli altri con Bmw e Mercedes.
Per quanto riguarda invece il settore dell’educazione, in attesa dell’avvio del nuovo campus quali sono le iniziative che sostenete?
Da un lato c’è la rete delle scuole internazionali (H-International schools), che hanno quattro sedi nel Nord Italia a cui sono iscritti quasi mille tra bambini e ragazzi dai 3 ai 17 anni: sono istituti in cui gli insegnamenti sono tutti in inglese e gli strumenti l’apprendimento delle competenze digitali hanno un ruolo centrale. Poi abbiamo un percorso universitario di studi di Digital management, creato in collaborazione con l’università Ca’ Foscari di Venezia, che riguarda 170 studenti: ora è al secondo anno e l’anno prossimo ci saranno i primi laureati. E infine Big Rock, una scuola di formazione nell’ambito del 3D e della realtà aumentata che sforna ogni anno 300 diplomati, molti dei quali poi finiscono a lavorare nei più grandi studi di animazione, o a realizzare gli effetti speciali digitali dei più importanti film di azione. Queste tre linee di offerta troveranno la loro massima consacrazione quando sarà pronto il campus.
Infine, ci sono gli eventi che organizzate non solo a Roncade. Che ruolo hanno per H-Farm?
L’anno scorso ne abbiamo fatti 290, e stiamo iniziando a realizzarne di più anche nella sede di Milano. Per noi la contaminazione con altre realtà è importantissima, ed è un aspetto che portiamo avanti aprendo le porte a tutte le iniziative che ci consentono di attingere a talento e persone interessanti che possono lavorare con noi, come nel caso della partnership con ING e il loro concorso per le startup.
Il riferimento è alla ING Challenge, il contest per giovani imprenditori creato dall’istituto bancario olandese, la cui quarta edizione si è conclusa a metà febbraio proprio nella sede di H-Farm nella campagna trevigiana: le tre finaliste hanno partecipato a un bootcamp formativo di tre giorni prima della proclamazione della vincitrice, a cui è andato un grant del valore di 10 mila euro.
Ad aggiudicarsi l’edizione 2018 del concorso è stata RiceHouse, azienda nata a Biella che utilizza gli scarti della produzione di riso come materiale da costruzione, favorendo la creazione di partnership lungo l’intera filiera in un’ottica di economia circolare ed efficientamento energetico.