Il manager italiano che dal 2016 guida lo sviluppo di Salesforce in Italia dà consigli alle startup: “Ricordatevi di avere la risposta alle tre domande fondamentali: perché dovrei scegliere il tuo prodotto? Come il tuo prodotto può creare valore per il tuo cliente? Cosa fa la tua azienda per supportare la promessa iniziale?”
E’ difficile non notare la sede di Salesforce a San Francisco: se state passeggiando nel quartiere South of Market potreste anche non notarlo e alzate un attimo la testa vi rendete conto di essere al cospetto del più alto grattacielo di tutta la Baia ed è, come ogni startup che si rispetti, ancora in costruzione.
Salesforce è nata solo nel 1999 ma è quotata allo S&P di New York ed è una delle più grandi aziende al mondo per capitalizzazione nel Cloud Computing. Il suo fondatore, Marc Benioff, vive a San Francisco da 3 generazioni e nonostante i costi proibitivi di mantenere una sede così grande ha scelto di restare nella città in cui il nonno, mezzo secolo prima, ha progettato una metropolitana in una delle zone più sismiche della terra.
Per capire il carattere del suo fondatore vi basti pensare che quando iniziò la sua avventura in un appartamento in affitto scelse un semplice statement di marketing “The End of Software”.
Salesforce in Italia
In Italia Salesforce è presente da quasi 10 anni e ha riunito quasi 3.000 aziende e professionisti per il suo evento annuale “Essentials Milano 2017” con ospiti come Brunello Cucinelli, Fabio Benasso Presidente e Amministratore delegato di Accenture Italia e Roberto Ferrari Chief Digital and Innovation Officer di MedioBanca, in cui ho conosciuto per la prima volta Federico Della Casa, il manager italiano che dal 2016 guida lo sviluppo di Salesforce nel nostro Paese.
“Un Paese con un grande potenziale, dove c’è ancora un divario digitale enorme da colmare ed in cui, al contempo, nell’ultimo anno finalmente ci sono imprenditori e manager che si prendono il rischio di innovare, che hanno capito che non si tratta più dei soliti due o tre casi mondiali ma che in ogni piccola nicchia la trasformazione digitale, se governata nel modo opportuno, può risultare dirompente e straordinaria”.
Lui li chiama Trailblazer e non potrebbe esserci definizione più azzeccata. “Sono manager che non cercano un prodotto o una soluzione, ma cercano un partner che li aiuti a cambiare lo status quo e a semplificare la vita della loro azienda. Spesso si inizia dalla tecnologia, da una piattaforma di CRM ma l’obiettivo è il cuore dell’azienda e questa potrebbe essere la vera svolta per migliorare la qualità della vita dei propri clienti”
I dati dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence del Politecnico di Milano
I dati sembrano dargli ragione: nel 2012 Gartner prevedeva che entro il 2020 i clienti avrebbero gestito l’85% dei loro rapporti con le aziende senza interagire con una persona e mentre nel 2015 già 7.000 miliardi di $ venivano gestiti da algoritmi finanziari (Deloitte), le recenti analisi di McKinsey attestano che il 59% della produzione mondiale può essere robotizzata (McKinsey).
E le cose non cambiano se guardiamo all’Italia. Secondo l’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence del Politecnico di Milano:
- il mercato degli Analytics è cresciuto del 15%, raggiungendo il valore di 905 milioni di €, con le soluzioni di Business Intelligence che valgono l’80% del mercato.
- E mentre nelle grandi imprese (sopra i 249 addetti), le soluzioni di descriptive Analytics sono a regime nell’80% dei casi, e quelle di predictive analytics nel 30%, nelle PMI (10-249 addetti) le percentuali hanno ancora ampi margini di crescita: il 26% ha adottato descriptive Analytics e il 16% ha implementato le predictive Analytics.
- Il settore più interessato nel mercato degli Analytics tra le grandi imprese è quello bancario (29%), seguito da manifatturiero (22%), telecomunicazioni e media (14%), Pubblica Amministrazione e sanità (8%), mentre tra le PMI, alle spalle del settore banche e assicurazioni (55%) figura la GDO (47%) e seguono, più distaccati, Pubblica Amministrazione e sanità (39%) e manifatturiero (34%).
Non c’è un report sulle startup americane in cui Salesforce non sia a fianco dei grandi nomi della tecnologia per investimenti in acquisisizioni di startup e come potete immaginarvi non potevo non chiedergli che effetto fa l’ecosistema startup italiano ad un’azienda di questo genere.
Secondo Della Casa “Lo scouting delle startup in Silicon Valley è simile a quello del calcio per i grandi team europei. Una rete impressionanti di osservatori fin nel campetto di periferia di Buenos Aires per scoprire quei talenti che magari difficilmente potrebbero seguire i canali tradizionali”
Le startup italiane devono pensare in grande, lasciarsi alle spalle l’idea di un mercato locale e fin dal primo giorno pensare a tutto il mondo, a tutto l’Occidente ed anche all’Oriente.
E cosa dovrebbe fare una startup per essere rilevante per una realtà come Salesforce?
“Pensare ad avere la risposta fondamentale alle tre domande fondamentali: perché dovrei scegliere il tuo prodotto o più in generale perché la tua startup esiste. Come il tuo prodotto può creare valore per il tuo cliente e infine cosa la tua azienda fa per supportare la promessa iniziale.”
Tutto questo non basta, occorrono dedizione, passione e anche un pizzico di “delusione” per avere successo secondo Della Casa, perché spesso i fondatori migliori sono quelli che ci provano e ci riprovano. Nonostante in Italia sia complicato gestire un fallimento, spesso è la migliore lezione che si possa avere per la nostra prossima startup.
Detto questo probabilmente la migliore lezione è quella di Brunello Cucinelli: “Qualsiasi tecnologia tu scelga è importante mantenere un livello di umanità delle relazioni”