Cannavale è il creatore del programma di accelerazione B Heroes e ha investito in molte startup sia italiane che straniere. “Credo che un euro investito in startup valga di più di un euro devoluto a una charity”
Una vita con al centro le imprese e gli investimenti guardando sempre alle novità alla disruption. Fabio Cannavale ha ricevuto il premio dei premi come Business Angel 2018 (ne abbiamo parlato qui). Amministratore delegato di Lastminute Group, Cannavale ha fondato eDreams e Volagratis. Nel 2017 ha creato il programma di accelerazione B Heroes, ed è il principale azionista di Boost Heroes, la holding di partecipazioni co-fondata con altri cinquanta soci, che cura il processo di selezione e investimento nelle startup, tra cui Wash Out, Brandon Ferrari, Sailogy, Homepal, Good Buy Auto. Cannavale investe in startup da molti anni ha all’attivo investimenti in startup di successo tra cui Satispay, Soundreef e Supermercato24. Lo abbiamo intervistato per capire perchè, dal suo punto di vista, conviene invesitire in startup.
L’intervista
Il riconoscimento di Business Angel dell’anno è arrivato a seguito di un’attività durata anni…
Uno dei primi investimenti che ho fatto è stato in DentalPro, poi sono arrivate Sailogy e Brandon Ferrari, in quei casi ho svolto il ruolo classico del business angel. Poi ho avuto l’intuizione di creare una holding che potesse avvicinare investitori diversi all’ecosistema delle startup. Così è nata Boost Heroes che ho fondato insieme ad altri 50 imprenditori e che si è resa protagonista di oltre 60 invesitmenti in startup.
Poi è arrivato il programma B Heroes. Che cosa dobbiamo aspettarci dalla prossima stagione?
In Italia abbiamo bisogno di fare sistema. Per questo ho pensato di lanciare B Heroes, un programma che avvicinasse investitori già attenti al mercato delle startup a founder di imprese innovative. In un evento di due giorni abbiamo messo in contatto 100 imprenditori con oltre 30 startup, e la cosa che mi è piaciuta di più è stata la risposta degli imprenditori. Oltre al main sposor Intesa SanPaolo, abbiamo anche coinvolto aziende come Amazon, Microsoft, Facebook per supportare le startup. Poi c’è stato il programma televisivo che ha dato la possibilità ad alcune startup di emergere e di farsi conoscere, prima tra tutte Wash Out che ha vinto la competizione. Da settembre siamo pronti a ripartire coinvolgendo anche nuovi partner e creando delle selezioni settoriali.
Che cosa pensa del ruolo dei Business Angel in Italia?
I Business Angel in Italia non mancano. Credo che la minor quota di investimenti in Italia non sia da attribuire a scarso interesse da parte di Business Angel. Quello che manca in Italia sono gli investimenti delle Corporate. I Business Angel sono più attivi nei Paesi dove ci sono più investimenti. Un ecosistema che crea ricchezza attrae naturalemente più investimenti. In Italia chi sta facendo investimenti si sente già parte di un ecosistema che è necessario allargare il più possibile coinvolgendo imprenditori che non conoscono il mondo delle startup.
Perchè un imprenditore dovrebbe scegliere di investire in una startup?
Credo che sia estremamente stimoltante. Al di là dell’aspetto economico è bello poter contribuire alla crescita di progetti innovativi anche in una logica di give back, di restituzione di quanto ricevuto in passato. Credo che sia giusto che ognuno faccia ciò che sa fare meglio. Per questo secondo me un imprenditore può trovare un’opportunità investendo in una giovane impresa. Ritengo che per chi è abituato a fare impresa sia più utile investire in startup rispetto che devolvere denaro in una charity. E questo vale anche per i paesi in via di sviluppo. Io stesso ho investito in startup e imprese in Paesi emergenti. Se l’1% del denaro che si investe in charity fosse dato alle startup per questi Paesi ci sarebbero maggiori opportunità di emergere.
Dal suo punto di vista in che cosa si distinguono le startup italiane da quelle straniere?
Credo che ci siano alcune differeze. Intanto all’estero è più facile trovare un mercato più strutturato, in cui le startup hanno più facilità a crescere e scalare. In Italia però, forse proprio per questa mancanza di struttura, è più facile trovare talenti, team molto solidi e di qualità. La vera opportunità per l’Italia credo stia nella possibilità data dal tessuto imprenditoriale presente sul territorio. Ci sono centinaia di imprese che hanno bisogno di digitalizzarsi e le startup possono trovare qui terreno fertile per i loro progetti.