Il presidente di Honor Europa racconta a StartupItalia! l’evoluzione dell’altro marchio di Huawei. Che punta a offrire qualcosa che gli altri non sono in grado di offrire: uno smartphone modellato sulle reali richieste degli utenti, e una community che migliori la vita dei fan
Per Honor è un po’ come se iniziasse una seconda vita: il marchio di Huawei annuncia per la prima volta una collaborazione con un operatore italiano, grazie all’entrata del nuovo Honor 6A Pro nel listino di Tre assieme all’ammiraglia Honor 9 in versione Premium, e contemporaneamente fa il suo debutto open market anche l’altrettanto nuovo 6A. Nel caso dei 6A si tratta di prodotti pensati per aggredire la fascia di mercato sotto i 200 euro, un terreno che molto spesso è territorio di conquista per misconosciute aziende che offrono smartphone economici nel design e nelle caratteristiche, oltre che nel prezzo: “Con il 6A puntiamo a offrire un buon telefono in questa fascia di prezzo – ci spiega Eva Wimmers, presidente Honor Europa, in una intervista esclusiva – Si possono produrre margini anche in questa categoria, facendo le scelte giuste”.
Costruire uno smartphone diverso
Nel corso di una lunga chiacchierata, Wimmers racconta a StartupItalia! qual è l’approccio di Honor al mercato: a partire dalla coabitazione con Huawei,
attualmente uno dei brand più affermati nel settore smartphone, fino alle scelte fatte nel design dell’ultima ammiraglia di casa – Honor 9, annunciato pochi giorni fa. “Quello che facciamo è costruire una community solida attorno a degli smartphone belli e con ottime performance: Honor è nata con l’obiettivo di offrire un telefono a una clientela specifica, coloro i quali svolgono gran parte delle proprie attività, vivono la propria vita, soprattutto online. Hanno esigenze diverse: in uno smartphone cercano un processore veloce, una fotocamera capace di scattare belle foto e girare bei video da postare in Rete. Per soddisfarli è necessario progettare uno smartphone con caratteristiche diverse”.
La priorità in ogni caso, ci spiega, è costruire una community: il vero valore aggiunto del marchio Honor sono i fan, coloro i quali vivono ogni giorno con il proprio smartphone un’esperienza utente che l’azienda cinese punta a ritagliare sulle loro effettive esigenze. Questo significa, ad esempio, sfruttare l’R&D di Huawei per avere prima di tutti alcune caratteristiche tecniche: il primo smartphone in circolazione con la dual-camera – declinata nel modo che oggi va tanto di moda – è stato Honor 6 Plus, e proprio quello smartphone ha fatto compiere un passo avanti decisivo al marchio Honor in Europa.
“Cerchiamo di avere un approccio diverso nel linguaggio e nel modo in cui parliamo alla nostra community: in questo modo non spiazziamo i clienti Huawei da un lato, inserendo in quel catalogo un prodotto con design e caratteristiche diverse da quelle a cui sono abituati, e in più possiamo parlare a un pubblico nuovo. Ci sono moltissimi esempi di questo approccio in molte industrie: quello che mi piace citare più di ogni altro – continua Wimmers – è l’accoppiata Nike-Converse. Due prodotti della stessa categoria, scarpe sportive, che anche se sono sullo stesso scaffale chiunque può comprendere al volo quale sia il pubblico di riferimento di ciascun prodotto”.
Il nuovo status symbol è lo smartphone?
A questo punto il presidente di Honor Europa fa una considerazione interessante: “Dieci anni fa – ci dice – quando arrivavi al ristorante mettevi le chiavi della macchina sul tavolo per far capire cosa guidavi, qual era il tuo status sociale. Oggi invece sul tavolo al ristorante metti lo smartphone. Ma sbaglierebbe chi pensi che si tratti solo di uno status symbol: in paesi come l’Italia, dove si dà grande importanza al tenersi in contatto con i propri amici anche attraverso il telefono, avere un bel device da avere sempre a portata di mano è importante”.
La centralità dello smartphone nella vita delle persone è uno dei punti da cui parte il percorso di sviluppo di Honor: identificare le esigenze e le richieste, pratiche, di una specifica fascia di utenti (i cosiddetti digital native, genericamente chi ha un’età compresa tra 16 e 36 anni) e rispondere in modo altrettanto pratico con linguaggio e prodotti adeguati. Per esempio la partnership con Monster per il comparto audio di Honor 9: una scelta fatta per offrire qualcosa in più sul piano tecnico in un settore che riveste molta importanza per chi, tramite il telefono, fruisce di una gran quantità di contenuti multimediali.
Anche questo è un aspetto importante da considerare: Wimmers spiega che la sua azienda è ben consapevole del ruolo che ricopre nella vita di tutti i giorni dei suoi clienti, dell’importanza che riveste uno smartphone. Ed è proprio per questo impegno nel cercare di soddisfare le richieste degli utenti che, probabilmente, attorno a Honor è cresciuta soprattutto in Europa una solida comunità di appassionati, in cui succede persino che alcuni di essi mettano anche a disposizione la propria competenza tecnica e il proprio tempo per aiutare chi si avvicina per la prima volta a Honor. “Molti dei nostri utenti consigliano il nostro prodotto ai loro conoscenti: sono veri, genuini, influencer”.
“Per avere una community non basta avere uno shop online – continua Wimmers – Honor ha una community attiva in ogni nazione, con personale dedicato che ci mette la faccia e costituisce il volto riconoscibile dell’azienda: i nostri clienti, i nostri fan, interagiscono con noi e tra di loro anche quando non sono in cerca di un nuovo smartphone. In un certo senso sono orgogliosi di aver scoperto Honor, di far parte di questa comunità di pionieri. Quando mi sono unita ad Honor mi è arrivato un bel mazzo di fiori con un biglietto in olandese: ho dato per scontato fossero i miei colleghi, ma quando li ho ringraziati ho scoperto che erano stati dei fan a darmi il benvenuto in Honor, in quella che ritengono prima di tutto la loro community”.
Non è un telefono (solo) per giovani
“Nessuno ha mai avuto una community come la nostra – ci racconta Wimmers – Chi fino a oggi ha provato a mettere insieme un prodotto per i digital native ha fallito per due motivi fondamentali: il primo è che ha pensato che i giovani avessero meno soldi da investire e dunque fossero in cerca di un telefono economico, che fossero pronti a sacrificare design e prestazioni per pagarlo meno. Niente di più sbagliato. In secondo luogo, noi ci siamo focalizzati su una categoria specifica di utenti: ed è proprio curando le caratteristiche tecniche del prodotto che siamo riusciti a fare la differenza”.
Seguendo questo ragionamento, si può cercare di mettere ordine nell’offerta Honor per l’Italia e l’Europa: pochi smartphone (“Non arriveremo a replicare la ricchezza del catalogo Huawei: non è il nostro obiettivo”), ma un progressivo allineamento ad altre fasce di prezzo continuando a tenere ben presente il tipo-utente di riferimento. E continuando, soprattutto, a puntare sul canale di vendita e comunicazione online: “Vogliamo continuare a entrare in contatto coi nostri fan, ci interessa essere parte della discussione ed è evidente che che ciò avviene principalmente in Rete: e poi – prosegue Wimmers – abbiamo anche un’altra possibilità: possiamo aiutare altri marchi, anche gli operatori telefonici, ad entrare in contatto con i nostri fan. Una categoria di utenti particolare, i digital native o millennials che dir si voglia, che non consuma TV e giornali, dunque difficile da raggiungere coi media tradizionali”.
Honor, secondo Wimmers, ha molto da offrire: oltre a tutto quanto fin qui descritto c’è da giocare la carta Huawei – che rassicura utenti e partner su affidabilità e assistenza per i prodotti. Da superare resta, almeno in Occidente, lo scoglio della arrembante concorrenza.